285 - 28.09.05


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"Bush? Ci piace
sempre meno"

Tatiana Battini



“Mi assumo tutta la responsabilità”.
Così dichiarava il Presidente George Bush a due settimane dall’uragano e dall’inondazione che ha colpito duramente gli Stati Uniti e che ha visto affondare la sua popolarità nei confronti degli americani, soprattutto in conseguenza del fatto che il governo federale è sembrato lontano dai luoghi colpiti e lento nel prendere provvedimenti. Un’ammissione di colpa che evidenzia quanto una catastrofe naturale possa lacerare il rapporto di fiducia tra un Presidente e il suo popolo.

Da settimane la stampa a stelle e strisce non faceva altro che riportare l’esito dei sondaggi di opinione condotti dalla Gallup, dalla Pew, dal Survey Usa News Poll, dalla Cbs, solo per citarne alcuni, interpellando migliaia di cittadini americani a proposito del comportamento del Presidente Bush nell’affrontare le conseguenze dell’uragano Katrina. Dai risultati di tali indagini sembrava non ci fosse spazio per i dubbi, l’America condannava il modo in cui il Presidente e il suo entourage avevano fronteggiato una situazione senza precedenti, come è quella che ha visto affondare la città di New Orleans e distruggere intere zone dell’Alabama, del Mississippi e ovviamente della Louisiana. Allo stato attuale delle cose, comparando alcuni di questi sondaggi tra loro è interessante riportare le opinioni condivise dalla maggioranza della popolazione americana per capire quale sia al momento il livello di popolarità di George Bush.

Secondo un'indagine condotta dalla Cbs News Poll, attualmente il 58% dei cittadini americani disapprova l'operato del Presidente; fino al 67%, secondo una ricerca del Pew Research Center, arriva la percentuale di coloro che negli Usa giudicano che il Governo federale avrebbe potuto fare molto di più di ciò che ha fatto sinora. E ancora: in un sondaggio del Survey Usa News Poll, si legge che il 60% degli americani pensa che il Governo non abbia fatto abbastanza per aiutare la popolazione di New Orleans, mentre un sondaggio Zogby , ha appurato che, se nel gennaio del 2005 il consenso di Bush era al 50%, a luglio era calato al 44% e in questi giorni è sceso sotto il 40%, proprio in conseguenza di Katrina. Come hanno commentato numerosi giornalisti, è la percentuale più bassa mai sfiorata da un Presidente americano al secondo mandato, se si fa eccezione per il Nixon del Watergate.

In un articolo scritto a pochi giorni di distanza dall'inondazione di New Orleans, il giornalista Charlie Cook rifletteva su come "le catastrofi naturali e altre tragedie mettono i nostri governanti, allo stesso tempo, di fronte a opportunità e rischi. Offrono al presidente l'opportunità di dimostrare la leadership, la capacità di decidere rapidamente e per il meglio e la propria competenza, il tutto inserito in un periodo di massima visibilità. Il rischio è invece quello di non saper affrontare la situazione, vedersela sfuggire di mano, il tutto sotto un riflettore di portata planetaria tramite il quale il mondo ti osserva e poi ti giudica".

Uragano e inondazione si sono rivelati non solo un rischio ma una certezza in termini di calo della popolarità per George Bush, i sondaggi riportati da numerosi organi di stampa non hanno fatto che dimostrare come la gente abbia prima osservato e poi giudicato il proprio leader.
Il ritardo nei soccorsi, la mancanza di ricoveri, ambulanze e idrovore (che secondo alcuni sono conseguenza dei tagli al bilancio dello Stato operati da Bush), la penuria di militari e uomini della protezione civile, in poche parole la disorganizzazione generale, è immediatamente balzata agli occhi del cittadino americano che, osservando in televisione uno spettacolo da terzo mondo, si indignava pensando che il terzo mondo era a due passi da casa sua.

A differenza di altre volte, i media si sono uniti in un’unica condanna all’operato di George Bush, visto che anche quella parte di stampa solitamente vicina ai repubblicani o al Presidente, ha ammesso senza troppi complimenti la totale incapacità dimostrata dal leader elected in questo tragico frangente. Non è stato difficile farlo. E’ bastato recarsi sul posto e osservare l’esito di una tragedia che, almeno in parte, poteva essere evitata evacuando per tempo la popolazione di New Orleans. Quando l’ordine di evacuazione è giunto da parte del Governatore della Louisiana era ormai troppo tardi e comunque non c’erano sufficienti mezzi di trasporto per mettere in salvo gli abitanti più poveri, ovvero buona parte della popolazione nera.

Come sottolinea lo stesso Cook, il Presidente Bush avrebbe potuto affrontare questa disgrazia ed uscirne più forte, ma è stato anche male consigliato dal suo staff, da quando è rimasto un giorno di troppo in vacanza mentre New Orleans si inabissava (il New York Times non gliel’ha perdonata titolando a tutta pagina Aspettando un Leader), a quando in fretta e furia ha pronunciato frasi retoriche quali “l’America uscirà più forte da questa prova”, parole che hanno avuto un fastidioso effetto dejà-vu sulla popolazione in ascolto, ricordando gli incitamenti patriottici pronunciati a più riprese da Bush durante la guerra in Iraq.

Effettivamente, se il Presidente americano sperava di risollevare il proprio indice di gradimento – che da troppi mesi non superava il 45%, per le decisioni prese con gli affari esteri, per l’aumento della benzina e per la situazione critica del settore sanitario – nell’arco di due settimane ha visto colare a picco ogni speranza di poterci riuscire sfruttando a proprio vantaggio una sciagura come quella accaduta. Era infatti già capitato a George Bush di aver saputo fronteggiare una situazione critica acquistando punti di consenso, non soltanto l’11 settembre del 2001 ma anche lo scorso anno, quando la Florida fu colpita duramente da un uragano e le operazioni di soccorso e ricostruzione non si fecero attendere. Ma le sciagure non sono tutte uguali.

 

 

 

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