“Mi
assumo tutta la responsabilità”.
Così dichiarava il Presidente George Bush a due
settimane dall’uragano e dall’inondazione
che ha colpito duramente gli Stati Uniti e che ha visto
affondare la sua popolarità nei confronti degli
americani, soprattutto in conseguenza del fatto che
il governo federale è sembrato lontano dai luoghi
colpiti e lento nel prendere provvedimenti. Un’ammissione
di colpa che evidenzia quanto una catastrofe naturale
possa lacerare il rapporto di fiducia tra un Presidente
e il suo popolo.
Da settimane la stampa a stelle e strisce non faceva
altro che riportare l’esito dei sondaggi di opinione
condotti dalla Gallup, dalla Pew, dal Survey Usa News
Poll, dalla Cbs, solo per citarne alcuni, interpellando
migliaia di cittadini americani a proposito del comportamento
del Presidente Bush nell’affrontare le conseguenze
dell’uragano Katrina. Dai risultati di tali indagini
sembrava non ci fosse spazio per i dubbi, l’America
condannava il modo in cui il Presidente e il suo entourage
avevano fronteggiato una situazione senza precedenti,
come è quella che ha visto affondare la città
di New Orleans e distruggere intere zone dell’Alabama,
del Mississippi e ovviamente della Louisiana. Allo stato
attuale delle cose, comparando alcuni di questi sondaggi
tra loro è interessante riportare le opinioni
condivise dalla maggioranza della popolazione americana
per capire quale sia al momento il livello di popolarità
di George Bush.
Secondo un'indagine condotta dalla Cbs
News Poll, attualmente il 58% dei cittadini americani
disapprova l'operato del Presidente; fino al 67%, secondo
una ricerca del Pew
Research Center, arriva la percentuale di coloro
che negli Usa giudicano che il Governo federale avrebbe
potuto fare molto di più di ciò che ha fatto sinora.
E ancora: in un sondaggio del Survey
Usa News Poll, si legge che il 60% degli americani
pensa che il Governo non abbia fatto abbastanza per
aiutare la popolazione di New Orleans, mentre un sondaggio
Zogby , ha appurato che, se nel gennaio del 2005
il consenso di Bush era al 50%, a luglio era calato
al 44% e in questi giorni è sceso sotto il 40%, proprio
in conseguenza di Katrina. Come hanno commentato numerosi
giornalisti, è la percentuale più bassa mai sfiorata
da un Presidente americano al secondo mandato, se si
fa eccezione per il Nixon del Watergate.
In un articolo scritto a pochi giorni di distanza dall'inondazione
di New Orleans, il giornalista Charlie
Cook rifletteva su come "le catastrofi naturali
e altre tragedie mettono i nostri governanti, allo stesso
tempo, di fronte a opportunità e rischi. Offrono al
presidente l'opportunità di dimostrare la leadership,
la capacità di decidere rapidamente e per il meglio
e la propria competenza, il tutto inserito in un periodo
di massima visibilità. Il rischio è invece quello di
non saper affrontare la situazione, vedersela sfuggire
di mano, il tutto sotto un riflettore di portata planetaria
tramite il quale il mondo ti osserva e poi ti giudica".
Uragano e inondazione si sono rivelati non solo un
rischio ma una certezza in termini di calo della popolarità
per George Bush, i sondaggi riportati da numerosi organi
di stampa non hanno fatto che dimostrare come la gente
abbia prima osservato e poi giudicato il proprio leader.
Il ritardo nei soccorsi, la mancanza di ricoveri, ambulanze
e idrovore (che secondo alcuni sono conseguenza dei
tagli al bilancio dello Stato operati da Bush), la penuria
di militari e uomini della protezione civile, in poche
parole la disorganizzazione generale, è immediatamente
balzata agli occhi del cittadino americano che, osservando
in televisione uno spettacolo da terzo mondo, si indignava
pensando che il terzo mondo era a due passi da casa
sua.
A differenza di altre volte, i media si sono uniti in
un’unica condanna all’operato di George
Bush, visto che anche quella parte di stampa solitamente
vicina ai repubblicani o al Presidente, ha ammesso senza
troppi complimenti la totale incapacità dimostrata
dal leader elected in questo tragico frangente.
Non è stato difficile farlo. E’ bastato
recarsi sul posto e osservare l’esito di una tragedia
che, almeno in parte, poteva essere evitata evacuando
per tempo la popolazione di New Orleans. Quando l’ordine
di evacuazione è giunto da parte del Governatore
della Louisiana era ormai troppo tardi e comunque non
c’erano sufficienti mezzi di trasporto per mettere
in salvo gli abitanti più poveri, ovvero buona
parte della popolazione nera.
Come sottolinea lo stesso Cook, il Presidente Bush avrebbe
potuto affrontare questa disgrazia ed uscirne più
forte, ma è stato anche male consigliato dal
suo staff, da quando è rimasto un giorno di troppo
in vacanza mentre New Orleans si inabissava (il New
York Times non gliel’ha perdonata titolando
a tutta pagina Aspettando un Leader), a quando
in fretta e furia ha pronunciato frasi retoriche quali
“l’America uscirà più forte
da questa prova”, parole che hanno avuto un fastidioso
effetto dejà-vu sulla popolazione in
ascolto, ricordando gli incitamenti patriottici pronunciati
a più riprese da Bush durante la guerra in Iraq.
Effettivamente, se il Presidente americano sperava di
risollevare il proprio indice di gradimento –
che da troppi mesi non superava il 45%, per le decisioni
prese con gli affari esteri, per l’aumento della
benzina e per la situazione critica del settore sanitario
– nell’arco di due settimane ha visto colare
a picco ogni speranza di poterci riuscire sfruttando
a proprio vantaggio una sciagura come quella accaduta.
Era infatti già capitato a George Bush di aver
saputo fronteggiare una situazione critica acquistando
punti di consenso, non soltanto l’11 settembre
del 2001 ma anche lo scorso anno, quando la Florida
fu colpita duramente da un uragano e le operazioni di
soccorso e ricostruzione non si fecero attendere. Ma
le sciagure non sono tutte uguali.
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