Cosa
tiene unita l’Europa allargata a venticinque paesi?
Ci sono tradizionali, concezioni morali, obiettivi comuni
che alimentano una autentica solidarietà e che
mettono le basi di una identità? E quali identità
vi giocano le fedi? Le «radici» religiose
al centro della discussione sul preambolo della Costituzione
europea sono un fattore che unisce o separa?
Dalle risposte di dieci intellettuali sollecitati dalla
domanda di Romano Prodi si affaccia un’immagine
sorprendente delle nostre società: meno gente
nelle chiese, ma anche crescente interesse per una religiosità
su misura individualistica, personalizzata e insieme
maggiore visibilità mediatica della religione.
Ci troviamo di fronte a una fede senza vincoli, una
religiosità distinta dalla religione: believing
without belonging, credere senza appartenere. Mentre
si affaccia l’Islam con l’immigrazione e
l’ingresso della Turchia, la cultura europea è
messa di fronte alla sfida di un puzzle di difficile
soluzione.
Il testo che segue è un estratto della postfazione
al libro Europa laica e puzzle religioso,
con interventi di Giuliano Amato, Peter L. Berger, José
Casanova, Bronislaw Geremek, Nilüfer Göle,
Danièle Hervieu-Léger, Francesco Margiotta
Broglio, Bhikhu Parekh, Olivier Roy, Charles Taylor.
A cura di Krzystof Michalski e Nina zu Fürstenberg,
Marsilio – i libri di Reset, 2005.
Con l'inclusione dei nuovi paesi, oggi l'Unione europea
confina a est con la Russia, l'Ucraina e la Bielorussia,
e a sudest con la Turchia; con l' ingresso di Cipro
e Malta, l'Unione è a diretto contatto con il
Medio Oriente.
La nuova geografia dell'Europa manifesta in sé
una nuova vocazione alla responsabilità internazionale
verso il diritto, la giustizia, la pace, ma essa è
esercitabile se le questioni dell'identità saranno
risolte positivamente.
Abbiamo bisogno che l'europeismo non risponda solo
al momento dello sviluppo economico, ma garantisca anche
la sicurezza nazionale di molti paesi che solo di recente
hanno ritrovato libertà, autonomia, indipendenza.
L'Europa deve dire dove intende fissare i propri confini
orientali. Da questo punto di vista mettere definitivamente
fuori gioco i criteri della politica di potenza di qualcuno
o i risentimenti nazionalistici di altri non consente
solo, come già accade, di mantenere la pace entro
i confini dell'Unione europea ed è già
un risultato storico, perché odi e risentimenti,
anche in relazione alle memorie passate, albergano ancora
in Europa e nella penisola balcanica non sono ancora
spenti del tutto i recenti focolai di guerra, ma pone
le premesse perché l' Europa eserciti un ruolo
di pacificazione anche oltre i propri confini. Mentre
curiamo le nostre memorie, noi siamo in grado di comprendere
il dolore e le ingiustizie che si compiono altrove.
La cura delle memorie attiene al tema dell' identità,
poiché solo riconciliandoci possiamo camminare
insieme. Va cioè riconosciuto il dolore dell'altro
nella sua verità soggettiva, ma in un contesto
storico nuovo che possa consentirgli di superare il
dolore, cambiando cioè la prospettiva e modificando
le premesse che lo hanno causato; è questo un
processo che va condotto non superficialmente, ma avendo
come valori guida, come criteri di giudizio la democrazia,
la libertà, il diritto, la giustizia. Questi
sono i valori che hanno vinto, questi sono i valori
che debbono vincere. Altrimenti ciascuno sprofonda nel
proprio risentimento, opera sul proprio passato una
memoria selettiva della propria storia, che può
portare a giustificare e a causare nuovi mali e nuovi
dolori.
Le religioni storicamente presenti in Europa, in particolare
il cristianesimo, oramai libere dal fondamentalismo,
possono dare qui un contributo essenziale a questo processo
quali fattori di integrazione, di fratellanza, quali
elementi culturali che superano e trascendono il significato
etnico delle patrie, e in questo contribuire e a una
nuova stagione dell'europeismo e alla vocazione universale
dell'Europa.
Sono molti gli aspetti che andrebbero presi in considerazione
guardando al ruolo delle confessioni religiose e alle
loro relazioni con le società e gli Stati europei:
gli autori di questo volume lo fanno egregiamente. Mi
permetto di richiamare solo alcuni aspetti.
Se dovessimo tracciare un sintetico bilancio del rapporto
Stati/Chiese dovremmo dire che in particolare l'ultimo
secolo pur così drammaticamente segnato ha condotto
a cambiamenti positivi. Non vi sono più Stati
sacrali, e sono oramai scomparsi o stanno scomparendo
gli Stati confessionali (eccetto qualche paese ortodosso
dove è comunque aperto un processo di cambiamento).
Un significativo processo di de-establishment
è in atto anche là dove sopravvivevano
forti elementi di identificazione tra Stato e Chiesa.
Nel rovescio della secolarizzazione, fenomeno in sé
tra i più complessi dai risvolti certamente anche
negativi, oggi possiamo leggere tuttavia anche l'indipendenza
delle Chiese. Cessa la tutela del potere, ma anche la
sua ingerenza. Si tratta quasi ovunque in Europa di
regimi di libertà. Oggi le Chiese, tutte le Chiese
cristiane europee, avanzano una richiesta di riconoscimento
giuridico ai nuovi organismi costituenti dell'Unione
europea perché siamo di fronte a una laicità
condivisa.
Vorrei richiamare qui un passo di Giovanni Paolo II.
Lo faccio anche perché come europei ci deve essere
grata la sua memoria. Credo che possiamo davvero annoverarlo
tra i nuovi padri fondatori della nuova Europa. Il testo
riassume riconoscimenti e richieste fatte dal papa nella
fase finale della stesura del Trattato costituzionale.
L'occasione è quella, ufficialissima sul piano
internazionale, del tradizionale discorso al corpo diplomatico
(13 gennaio 2003).
“L'Europa di oggi, contemporaneamente unita e
allargata ha saputo abbattere i muri che la sfiguravano.
Si è impegnata nell' elaborazione e nella costruzione
di una realtà capace di coniugare unità
e diversità, sovranità nazionale e azione
comune, progresso economico e giustizia sociale. Questa
Europa nuova porta in sé i valori che hanno fecondato,
per due millenni, un'arte di pensare e di vivere di
cui il mondo intero ha beneficiato. Fra questi valori,
il cristianesimo occupa un posto privilegiato avendo
dato origine a un umanesimo che ha impregnato la sua
storia e le sue istituzioni. Ricordando tale patrimonio,
la Santa Sede e l'insieme delle Chiese cristiane hanno
insistito presso i redattori del futuro Trattato costituzionale
dell'Unione europea affinché in esso figuri un
riferimento alle Chiese e alle istituzioni religiose.
Infatti, sembra augurabile che, nel pieno rispetto della
laicità, siano riconosciuti tre elementi complementari:
la libertà religiosa nella sua dimensione non
solo individuale e cultuale, ma pure sociale e comunitaria;
l'opportunità di un dialogo e di una consultazione
strutturati fra i Governi e le comunità dei credenti;
il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese
e le istituzioni religiose già godono negli Stati
membri dell'Unione. Un'Europa che rinnegasse il proprio
passato, che negasse il fatto religioso e non tenesse
in conto alcuna dimensione spirituale, risulterebbe
fortemente sminuita di fronte al progetto ambizioso
che mobilita le sue energie: costruire l' Europa di
tutti”.
Gran parte della richiesta del papa è entrata
nell'art.51 del Trattato costituzionale, mentre non
fu accolta la richiesta, comune a tutte le Chiese, di
un riconoscimento esplicito, nel Preambolo della Costituzione,
del ruolo storico del cristianesimo. Credo che quell'aspetto
sia davvero un tassello mancante.
Mentre occorre riconoscere che in altre parti del Trattato
costituzionale, anche là dove il cristianesimo
non è esplicitamente menzionato, lo sono di fatto
i valori sorti dal cristianesimo o da esso contaminati.
Credo che si debba richiamare in proposito l' art.3
della Prima parte.
Quando l' Unione europea deve definire se stessa in
relazione al resto del mondo dice:
“L' Europa afferma e promuove i suoi valori e
i suoi interessi quando contribuisce alla pace, alla
sicurezza, allo sviluppo sostenibile della terra, alla
solidarietà, al rispetto reciproco dei popoli,
al commercio libero ed equo, all'eliminazione della
povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare
dei diritti dei minori”.
L' Europa è tale nella sua identità e
nella difesa dei propri interessi, quando pone nella
sua relazione con il resto del mondo questa difesa e
questa promozione di valori. Questa è una pagina
ebraico-cristiana assunta nel Trattato costituzionale
europeo. Non c 'è solo la cultura cristiana,
evidentemente. Vi è anche il tratto fondamentale
della cultura della modernità. Ma modernità
e cristianesimo si sono fecondati vicendevolmente, anche
quando si sono combattuti. Di fatto oggi, leggendo questa
pagina, noi ci riconosciamo: noi europei, noi cristiani,
noi ebrei, noi musulmani, noi moderni.
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