282 - 27.07.05


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Il tassello mancante
delle radici cristiane

Romano Prodi


Cosa tiene unita l’Europa allargata a venticinque paesi? Ci sono tradizionali, concezioni morali, obiettivi comuni che alimentano una autentica solidarietà e che mettono le basi di una identità? E quali identità vi giocano le fedi? Le «radici» religiose al centro della discussione sul preambolo della Costituzione europea sono un fattore che unisce o separa?
Dalle risposte di dieci intellettuali sollecitati dalla domanda di Romano Prodi si affaccia un’immagine sorprendente delle nostre società: meno gente nelle chiese, ma anche crescente interesse per una religiosità su misura individualistica, personalizzata e insieme maggiore visibilità mediatica della religione. Ci troviamo di fronte a una fede senza vincoli, una religiosità distinta dalla religione: believing without belonging, credere senza appartenere. Mentre si affaccia l’Islam con l’immigrazione e l’ingresso della Turchia, la cultura europea è messa di fronte alla sfida di un puzzle di difficile soluzione.

Il testo che segue è un estratto della postfazione al libro Europa laica e puzzle religioso, con interventi di Giuliano Amato, Peter L. Berger, José Casanova, Bronislaw Geremek, Nilüfer Göle, Danièle Hervieu-Léger, Francesco Margiotta Broglio, Bhikhu Parekh, Olivier Roy, Charles Taylor. A cura di Krzystof Michalski e Nina zu Fürstenberg, Marsilio – i libri di Reset, 2005.

Con l'inclusione dei nuovi paesi, oggi l'Unione europea confina a est con la Russia, l'Ucraina e la Bielorussia, e a sudest con la Turchia; con l' ingresso di Cipro e Malta, l'Unione è a diretto contatto con il Medio Oriente.
La nuova geografia dell'Europa manifesta in sé una nuova vocazione alla responsabilità internazionale verso il diritto, la giustizia, la pace, ma essa è esercitabile se le questioni dell'identità saranno risolte positivamente.

Abbiamo bisogno che l'europeismo non risponda solo al momento dello sviluppo economico, ma garantisca anche la sicurezza nazionale di molti paesi che solo di recente hanno ritrovato libertà, autonomia, indipendenza. L'Europa deve dire dove intende fissare i propri confini orientali. Da questo punto di vista mettere definitivamente fuori gioco i criteri della politica di potenza di qualcuno o i risentimenti nazionalistici di altri non consente solo, come già accade, di mantenere la pace entro i confini dell'Unione europea ed è già un risultato storico, perché odi e risentimenti, anche in relazione alle memorie passate, albergano ancora in Europa e nella penisola balcanica non sono ancora spenti del tutto i recenti focolai di guerra, ma pone le premesse perché l' Europa eserciti un ruolo di pacificazione anche oltre i propri confini. Mentre curiamo le nostre memorie, noi siamo in grado di comprendere il dolore e le ingiustizie che si compiono altrove.

La cura delle memorie attiene al tema dell' identità, poiché solo riconciliandoci possiamo camminare insieme. Va cioè riconosciuto il dolore dell'altro nella sua verità soggettiva, ma in un contesto storico nuovo che possa consentirgli di superare il dolore, cambiando cioè la prospettiva e modificando le premesse che lo hanno causato; è questo un processo che va condotto non superficialmente, ma avendo come valori guida, come criteri di giudizio la democrazia, la libertà, il diritto, la giustizia. Questi sono i valori che hanno vinto, questi sono i valori che debbono vincere. Altrimenti ciascuno sprofonda nel proprio risentimento, opera sul proprio passato una memoria selettiva della propria storia, che può portare a giustificare e a causare nuovi mali e nuovi dolori.

Le religioni storicamente presenti in Europa, in particolare il cristianesimo, oramai libere dal fondamentalismo, possono dare qui un contributo essenziale a questo processo quali fattori di integrazione, di fratellanza, quali elementi culturali che superano e trascendono il significato etnico delle patrie, e in questo contribuire e a una nuova stagione dell'europeismo e alla vocazione universale dell'Europa.

Sono molti gli aspetti che andrebbero presi in considerazione guardando al ruolo delle confessioni religiose e alle loro relazioni con le società e gli Stati europei: gli autori di questo volume lo fanno egregiamente. Mi permetto di richiamare solo alcuni aspetti.

Se dovessimo tracciare un sintetico bilancio del rapporto Stati/Chiese dovremmo dire che in particolare l'ultimo secolo pur così drammaticamente segnato ha condotto a cambiamenti positivi. Non vi sono più Stati sacrali, e sono oramai scomparsi o stanno scomparendo gli Stati confessionali (eccetto qualche paese ortodosso dove è comunque aperto un processo di cambiamento). Un significativo processo di de-establishment è in atto anche là dove sopravvivevano forti elementi di identificazione tra Stato e Chiesa.
Nel rovescio della secolarizzazione, fenomeno in sé tra i più complessi dai risvolti certamente anche negativi, oggi possiamo leggere tuttavia anche l'indipendenza delle Chiese. Cessa la tutela del potere, ma anche la sua ingerenza. Si tratta quasi ovunque in Europa di regimi di libertà. Oggi le Chiese, tutte le Chiese cristiane europee, avanzano una richiesta di riconoscimento giuridico ai nuovi organismi costituenti dell'Unione europea perché siamo di fronte a una laicità condivisa.

Vorrei richiamare qui un passo di Giovanni Paolo II. Lo faccio anche perché come europei ci deve essere grata la sua memoria. Credo che possiamo davvero annoverarlo tra i nuovi padri fondatori della nuova Europa. Il testo riassume riconoscimenti e richieste fatte dal papa nella fase finale della stesura del Trattato costituzionale. L'occasione è quella, ufficialissima sul piano internazionale, del tradizionale discorso al corpo diplomatico (13 gennaio 2003).

“L'Europa di oggi, contemporaneamente unita e allargata ha saputo abbattere i muri che la sfiguravano. Si è impegnata nell' elaborazione e nella costruzione di una realtà capace di coniugare unità e diversità, sovranità nazionale e azione comune, progresso economico e giustizia sociale. Questa Europa nuova porta in sé i valori che hanno fecondato, per due millenni, un'arte di pensare e di vivere di cui il mondo intero ha beneficiato. Fra questi valori, il cristianesimo occupa un posto privilegiato avendo dato origine a un umanesimo che ha impregnato la sua storia e le sue istituzioni. Ricordando tale patrimonio, la Santa Sede e l'insieme delle Chiese cristiane hanno insistito presso i redattori del futuro Trattato costituzionale dell'Unione europea affinché in esso figuri un riferimento alle Chiese e alle istituzioni religiose. Infatti, sembra augurabile che, nel pieno rispetto della laicità, siano riconosciuti tre elementi complementari: la libertà religiosa nella sua dimensione non solo individuale e cultuale, ma pure sociale e comunitaria; l'opportunità di un dialogo e di una consultazione strutturati fra i Governi e le comunità dei credenti; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose già godono negli Stati membri dell'Unione. Un'Europa che rinnegasse il proprio passato, che negasse il fatto religioso e non tenesse in conto alcuna dimensione spirituale, risulterebbe fortemente sminuita di fronte al progetto ambizioso che mobilita le sue energie: costruire l' Europa di tutti”.

Gran parte della richiesta del papa è entrata nell'art.51 del Trattato costituzionale, mentre non fu accolta la richiesta, comune a tutte le Chiese, di un riconoscimento esplicito, nel Preambolo della Costituzione, del ruolo storico del cristianesimo. Credo che quell'aspetto sia davvero un tassello mancante.
Mentre occorre riconoscere che in altre parti del Trattato costituzionale, anche là dove il cristianesimo non è esplicitamente menzionato, lo sono di fatto i valori sorti dal cristianesimo o da esso contaminati. Credo che si debba richiamare in proposito l' art.3 della Prima parte.

Quando l' Unione europea deve definire se stessa in relazione al resto del mondo dice:

“L' Europa afferma e promuove i suoi valori e i suoi interessi quando contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della terra, alla solidarietà, al rispetto reciproco dei popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori”.

L' Europa è tale nella sua identità e nella difesa dei propri interessi, quando pone nella sua relazione con il resto del mondo questa difesa e questa promozione di valori. Questa è una pagina ebraico-cristiana assunta nel Trattato costituzionale europeo. Non c 'è solo la cultura cristiana, evidentemente. Vi è anche il tratto fondamentale della cultura della modernità. Ma modernità e cristianesimo si sono fecondati vicendevolmente, anche quando si sono combattuti. Di fatto oggi, leggendo questa pagina, noi ci riconosciamo: noi europei, noi cristiani, noi ebrei, noi musulmani, noi moderni.

 

 

 

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