''L'Europa è morta, e staremo a guardare i
suoi ruderi maestosi come le rovine di Ozymandias''.
Dopo il discorso al Parlamento europeo del premier
britannico Tony Blair, che dal 1 luglio assume la
presidenza dell'Unione, andiamo a colloquio con Gwyn
Prins, professore all’Istituto Europeo della
London School of Economics.
Dando per spacciata l'Europa, Prins si richiama al
grande faraone egizio la cui immensa statua oramai
in rovina giaceva dimenticata nel deserto con su incise
le parole: ''Guardate e disperate''.
Professor Prins, nel suo discorso Tony Blair
ha detto che è intenzionato a 'riformare' l'Europa.
Che cosa dobbiamo dunque aspettarci da questo semestre
di presidenza britannico?
Il mio timore è che Blair si stia avvicinando
a una missione impossibile. Ha detto al Parlamento
che vorrebbe trovare una 'terza via' tra due visioni
totalmente opposte del futuro dell'Europa, quella
francese e quella britannica. Non credo che ce la
farà. Fece la stessa cosa con il partito laburista
dieci anni fa; anche allora cercava un'alternativa
tra due modi diversi d'intendere la strada al socialismo,
e come risultato ha ottenuto solo la morte del partito.
Che cosa vuole ottenere con la sua preannunciata
strong leadership dell’Europa?
Blair sta comprensibilmente cercando qualcosa da fare
quando non sarà più primo ministro del
Regno Unito. Vuole seguire l'esempio di Peter Mendelson,
che ora è Commissario al commercio, e avere
un ruolo forte nelle istituzioni europee. Questa presidenza
è dunque per lui una prova, il primo passo
verso la costruzione di un ruolo credibile a livello
europeo.
Blair ha detto che si celano grandi opportunità
dietro la crisi europea. Lei che occasione vede?
Sono d'accordo con Blair, c'è una grande opportunità.
Ma è molto difficile che i leader europei la
vedano, perché si tratta di mettere in discussione
ciò che intendono per 'progetto europeo'. Dopo
le bocciature della Costituzione sappiamo più
chiaramente cosa vuole la gente: cooperazione tra
i paesi membri e un mercato comune per le merci e
i servizi. Non vuole uno stato in senso politico.
Dunque occorre ora dare una dimostrazione di democrazia
e andare incontro a ciò che la gente vuole:
'ristrutturare' letteralmente l'Europa, eliminando
parti consistenti della burocrazia e riducendo al
minimo le istituzioni politiche. A partire dall'abolizione
della Banca Centrale e del Parlamento oramai delegittimato,
come dimostra il fatto che l'85% dei suoi membri aveva
votato a favore della Costituzione che poi è
stata rigettata a gran voce dai cittadini. Non ha
più senso tenere in vita un'istituzione il
cui unico scopo era dare l'impressione che l'azione
della Commissione avesse un mandato democratico, dal
momento che è stata data ampia prova del carattere
fittizio di questa democrazia.
Crede che la Gran Bretagna stia cercando
nell'Italia un nuovo partner?
Credo che l'Italia sia già un alleato privilegiato
della Gran Bretagna. Per la prima volta dopo tanto
tempo l'Italia ha un primo ministro deciso e carismatico
e un periodo relativamente lungo di stabilità
di governo. Ed è molto più vicina alla
visione britannica sul futuro dell'Europa che non
al modello francese. La discussione sull'euro, ad
esempio, è già una questione centrale
per l'Italia. Presto tutti dovremo affrontare il discorso
sulla moneta unica, che è un progetto politico,
e non economico, destinato al collasso. È impossibile
infatti creare un tasso di cambio che vada bene per
l'Italia così come per la Germania. Anche l'Olanda
si è detta pronta a ridiscutere l'euro. D’altra
parte, se si guarda alla storia, non ci sono altri
esempi di una moneta che sta in piedi senza una struttura
politica alle spalle.
Come cambierà il rapporto tra la Gran
Bretagna, la Francia e la Germania?
Chirac e Schroeder, per ragioni diverse, sono ormai
leader finiti. Chirac ha perso la sua scommessa puntando
tutto sulla Costituzione ed ora è debolissimo,
Schroeder perderà le elezioni contro Angela
Merkel, e quando la Merkel diventerà cancelliere
cambieranno gli equilibri tra i tre paesi del Nord.
L'Italia si troverà a quel punto in una posizione
interessante, perché la Francia sarà
ancora più isolata.
Crede che siano ancora vivi gli ideali dell'Europa?
L'Europa è morta, e siamo di fronte a una grave
crisi della democrazia. Quando vengono interpellati,
i cittadini dicono il contrario di quanto i loro rappresentanti
si affannano ad affermare. Anche il progetto federale
dei padri dell'Europa, Monnet, Schuman, non esiste
più. Non bisogna sottovalutare quello che è
successo il primo giugno. È stato il giorno
in cui l'Europa occidentale si è svegliata,
e la gente si è riappropriata del proprio potere
decisionale. In questo sono perfettamente d'accordo
con quanto Blair ha detto al Parlamento europeo: ''La
gente sta suonando le trombe fuori da queste mura,
riuscite a sentirle?''. Ho paura che i leader europei
non sentano nulla, e non credo che sentiranno mai
qualcosa. Non ho alcuna aspettativa, e se le alternative
che Blair propone sono la riforma o la morte dell'Europa,
dal momento che non ritengo possibile la riuscita
di alcuna riforma come la intende lui, credo che ci
avviamo ad una fine inesorabile. E le istuzioni europee
faranno la fine delle rovine di Ozymandias, l'ennesimo
monumento alla follia dell'ambizione politica dell'uomo.
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