Nell'ambito del convegno su “L’italiano
e l’Europa. Punti di vista sull’identità
linguistica e culturale”, organizzato a Firenze
dal Dipartimento Identità Culturali del Consiglio
nazionale delle ricerche, l’Opera del vocabolario
italiano del Cnr presenta una banca dati dei testi
in volgare fino alla fine del ‘300 e la prima
parte del ‘Tesoro della lingua italiana delle
origini’, interrogabile in Internet. Il vicepresidente
de Mattei rilancia l'idea di un "polo della latinità"
per competere con l'egemonia dell'inglese.
“Tutto il cammino dell’Unione Europea
è una ricerca di un’identità comune
nella quale le peculiarità culturali nazionali
siano dialetticamente presenti. E la lingua è
un aspetto fondamentale di tale patrimonio”.
Così Pietro Beltrami, direttore dell’Opera
del vocabolario italiano (Ovi) del Consiglio nazionale
delle ricerche, commenta il convegno: “L’italiano
e l’Europa. Punti di vista sull’identità
linguistica e culturale” che si è svolto
a Firenze lunedì 6 giugno. L’iniziativa
è stata l’occasione per annunciare l’avvio
delle attività del ‘neonato’ Dipartimento
Identità Culturali del Cnr, che gestirà
gran parte dei progetti che riguardano l’area
umanistica e, fra questi, "Lingua italiana e
cultura nella società della conoscenza: storia,
apprendimento, uso, neologia e tecnologie".
Il convegno giunge pochi mesi dopo la decisione della
Unione Europea di limitare le lingue di lavoro ad
inglese, francese e tedesco, provvedimento che ha
suscitato non poche polemiche, e nel pieno del dibattito
scatenato dalle bocciature referendarie francese e
olandese alla Costituzione Ue, che vede schierato
un ampio e variegato fronte di 'euroscettici'. Ma
segnali inquietanti per la nostra lingua non arrivano
dall’Unione Europea: in Svizzera, infatti, le
cattedre universitarie di italiano sono a rischio
di estinzione. D'altra parte, si registrano anche
segnali confortanti, quale il crescente numero di
stranieri che si avvicina alla nostra lingua per la
sua enorme valenza culturale, peculiarità che
la pone al quarto posto tra quelle più studiate
al mondo.
“La pluralità delle lingue” continua
Beltrami “non riguarda soltanto l’uso
di un sistema di segni, di un codice piuttosto che
un altro, ma un insieme di cultura, storia e tradizione.
Per questo motivo, in collaborazione con l’Accademia
della Crusca, abbiamo voluto creare un momento di
confronto sull’argomento, coinvolgendo vari
soggetti che a titolo diverso si occupano della nostra
tradizione culturale (Cnr, Università, Crusca,
Fondazioni culturali, editori, giornalisti...). A
fronte di una lingua ormai ‘globale’ come
l’inglese, le altre lingue devono poter convivere
con pari dignità: non è possibile accettare
un’ulteriore gerarchia, come il provvedimento
della Commissione sembra stabilire. E’ pur vero
che l'italiano è un patrimonio che tende a
modificarsi, sotto la spinta dei cambiamenti sociali
e delle mode, bisogna tuttavia tener presente che
la base della lingua moderna resta quella dei primi
secoli, codificata nel Cinquecento sulle fondamenta
di quella del Trecento”.
Nell’ottica della salvaguardia delle nostre
radici culturali, l’Ovi del Cnr ha realizzato
una grande banca dati dei testi in lingua "volgare"
fino alla fine del ‘300, e la prima parte del
Tlio, il ‘Tesoro della lingua italiana delle
origini’, interrogabile in Internet. “Monitorando
gli accessi al Tlio” prosegue Beltrami “abbiamo
constatato che esso è visitato ogni mese da
più 10.000 utenti, di cui molti stranieri (i
più assidui, tra questi, sono: svizzeri, tedeschi,
russi, olandesi, statunitensi e brasiliani), per oltre
150.000 pagine visitate. Un dato che conferma come
l’italiano, pur non essendo una lingua veicolare,
sia tra quelle più studiate all’estero
soprattutto per il suo interesse culturale”.
Cosa si può fare allora per rendere viva e
preservare, nello stesso tempo, la nostra lingua?
“Bisognerebbe leggere di più, soprattutto
i classici della letteratura italiana, e incentivare
gli strumenti di accesso in rete” conclude lo
studioso. “Gli inglesi, ad esempio, hanno messo
in internet l’'Oxford English Dictionary’
(20 volumi), i francesi il ‘Trésor de
la Langue Française’ (16 volumi), mentre
noi abbiamo in rete solo vocabolari in volume unico,
quali il ‘Garzanti’ e il ‘De Mauro’.
Tra i dizionari scientifici per ora abbiamo solo la
prima parte del Tlio, realizzata tra mille difficoltà.
Senza una buona conoscenza dell’italiano non
si impara neanche l’inglese o si apprendono
frasi elementari per comunicare, ma non per esprimersi.
La lettura è l’unico modo per arricchire
il lessico e in Italia c’è un forte bisogno
di propagandarla”.
Il vicepresidente del Cnr, Roberto de Mattei, intervenuto
al convegno su "L'italiano e l'Europa",
ha poi sottolineato l’opportunità di
creare un "polo della latinità",
mettendo in rete le istituzioni culturali dei paesi
di lingua e cultura neolatina. “Il sistema culturale
italiano” spiega de Mattei “tende a sottovalutare
il forte nesso che lega cultura e lingua, riducendo
spesso la prima ad evento effimero e la seconda a
mero strumento di comunicazione”. Invece, "di
fronte alla crescente egemonia della lingua inglese,
interfaccia del 'soft power' angloamericano, serve
proprio una diffusione della lingua che sia anche
promozione culturale. Tale compito non può
essere sostenuto da una singola identità nazionale,
ma se gli Stati dove si parlano le lingue romanze
attivassero tra loro, a partire dalla scuola, un sistema
volto alla reciproca comprensione, nel 2025 avremmo
un blocco di parlanti lingue neolatine, potenzialmente
in grado di intendersi, di 1,3 milioni di persone,
in grado quindi di competere con il blocco anglofono
e con quello cinese”.
Il problema della "lingua mondiale" è
stato affrontato anche dal presidente dell'Accademia
della Crusca, Francesco Sabatini, perplesso sia dall'idea
di "rilanciare l'esperanto" sia da quella
di "affiancare all'inglese una seconda lingua,
sostenuta soprattutto dai francesi, i quali ovviamente
pensano alla loro". Sabatini si è anche
detto scettico sull'"abusato paragone tra l'inglese
di oggi e il latino: il confronto non calza. Il latino
antico, infatti, non si affermò laddove incontrò
lingue di cultura come il greco, mentre quello medievale
venne progressivamente soppiantato dalle lingue romanze
poiché non di uso quotidiano". Secondo
Sabatini, "non si tratta di difendere una lingua,
ma tutte le lingue europee come patrimonio comune",
contro decisioni istituzionali (il riferimento è
all'Ue) che "non possono essere prese da singoli
uffici ma devono essere oggetto di dibattito degli
organismi deliberanti".
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