Perché il sì vincesse si era battuto
con passione, promovendo anche un’iniziativa
pubblica a sostegno del referendum. Sul numero di
Caffè
Europa dedicato alla fecondazione assistita ci
aveva raccontato perché la legge 40 è
una legge sbagliata e da combattere e quali sono le
sue conseguenze sulla libertà e lo sviluppo
della ricerca. Lo abbiamo risentito subito dopo la
chiusura dei seggi, quando il dato finale dell’affluenza
si è attestato su un cocente 25,9 per cento.
Prof. Corbellini, si aspettava questo risultato?
Quali sono i fattori che hanno a suo avviso inciso
più negativamente sul voto?
Francamente non me l’aspettavo. Però
mi ha colpito il fatto che la percentuale di coloro
che hanno votato è più o meno equivalente
a quella che, secondo un famoso studio condotto da
Eurobarometro nel 2002, comprende come funziona il
metodo scientifico. Insomma, credo che l’analfabetismo
scientifico, largamente diffuso in Italia, abbia giocato
abbastanza. Tra i fattori che hanno inciso negativamente,
il principale, a mio parere, è stata la complessità
dei quesiti. Io ho firmato solo per il referendum
che proponeva l’abrogazione della legge in
toto, perché penso che questa legge non
sia emendabile. Sarebbe rimasta una legge in larga
parte illiberale e antiscientifica anche se avesse
vinto il fronte del sì. Inoltre, non c’è
stata la capacità, da parte di chi era a favore
dell’abrogazione, di impostare il dibattito
sui contenuti specifici della legge, lasciandosi trascinare
a discutere sullo statuto morale dell’embrione
e sulla natura minacciosa delle ricerca scientifica
e degli scienziati.
L’immunologo Aiuti ha commentato il
voto invitando i giovani a lasciare l’Italia:
quali saranno a suo avviso le conseguenze del fallimento
del referendum sulla ricerca, se la legge non verrà
modificata dal parlamento? Da ricercatore e studioso,
che impressione le fa che la libertà di ricerca
venga pesantemente limitata da parte di politici che
spesso non hanno una pallida idea della materia su
cui legiferano?
Anch’io, forse, guarderò un po’
di più oltre frontiera, e preparerò
mio figlio a passare un bel po’ di tempo all’estero.
Le conseguenze del fallimenti di questa legge saranno
lo smantellamento della medicina riproduttiva in Italia:
le cliniche e i centri di ricerca italiani erano all’avanguardia
in occidente fino all’anno scorso. Ora le coppie
che possono permetterselo vanno all’estero.
Mentre le altre ci penseranno sempre di più,
prima di incamminarsi lungo un vero e proprio calvario.
Come storico, ovviamente, non mi meraviglio che si
possa scegliere ‘democraticamente’ di
rinunciare al progresso e a star meglio, o che la
politica cerchi di esercitare un controllo ideologico
sulla scienza. Mi chiedo se la comunità scientifica
vuole provare a contare qualcosa anche in Italia.
Sebbene i dati differiscano radicalmente
tra nord e sud, il quorum non è stato raggiunto
neanche nelle province «rosse», e ciò
significa che molti non hanno percepito il legame
tra referendum ed esperienza personale: come è
possibile divulgare in maniera corretta temi scientifico-tecnici,
in modo da farne percepire l’incidenza sulla
vita reale?
Parlando di fatti concreti, ma soprattutto cercando
di ricostruire un po’ di percezione storica
del ruolo che scienza e tecnologia hanno svolto per
migliorare il benessere dell’umanità,
nonché per lo sviluppo della stessa democrazia.
Quando uno dei massimi esponenti del movimento schierato
in difesa della legge 40/2004, Giuliano Ferrara, dichiara
nel corso di una trasmissione televisiva che sogna
una società senza scienziati, è difficile
non pensare che la posta in gioco in questi referendum
andasse al di là dei contenuti specifici. Certamente
è necessario divulgare correttamente la scienza
se si vuole che emerga la consapevolezza del peso
che scienza e tecnologia svolgono nella vita reale,
ma forse serve soprattutto rendersi conto di cosa
vorrebbe dire rinunciarvi. E questo può risultare
chiaro solo se si guarda al contributo della scienza
e della tecnologia al benessere umano da un punto
di vista storico.
Ha in mente future iniziative pubbliche per
incitare il Parlamento a modificare la legge?
Non c’è bisogno di immaginare iniziative
al di là di quanto accadrà naturalmente.
Le coppie continueranno a rivolgersi ai centri per
la fecondazione assistita per chiedere l’accesso
a procedure che potrebbero consentire di far nascere
figli sani, o chiederanno di accedere alle tecniche
e poi si renderanno conto dei rischi che corrono:
in questo modo metteranno i clinici moralmente coerenti
nella condizione di doversi rivolgere a un magistrato
per sapere come devono comportarsi. E prima o poi
qualche magistrato si rivolgerà alla Corte
Costituzionale... Comunque, in un’iniziativa
che si terrà dal 17 al 19 all’Hotel Ergife
a Roma, cui parteciperanno circa 1000 tra scienziati,
intellettuali e politici, si analizzerà il
voto referendario e discuterà le sfide civili
e politiche che esso rappresenta.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it