280 - 29.06.05


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“Un grave colpo alla
libertà di ricerca”
Gilberto Corbellini
con Elisabetta Ambrosi

Perché il sì vincesse si era battuto con passione, promovendo anche un’iniziativa pubblica a sostegno del referendum. Sul numero di Caffè Europa dedicato alla fecondazione assistita ci aveva raccontato perché la legge 40 è una legge sbagliata e da combattere e quali sono le sue conseguenze sulla libertà e lo sviluppo della ricerca. Lo abbiamo risentito subito dopo la chiusura dei seggi, quando il dato finale dell’affluenza si è attestato su un cocente 25,9 per cento.

Prof. Corbellini, si aspettava questo risultato? Quali sono i fattori che hanno a suo avviso inciso più negativamente sul voto?

Francamente non me l’aspettavo. Però mi ha colpito il fatto che la percentuale di coloro che hanno votato è più o meno equivalente a quella che, secondo un famoso studio condotto da Eurobarometro nel 2002, comprende come funziona il metodo scientifico. Insomma, credo che l’analfabetismo scientifico, largamente diffuso in Italia, abbia giocato abbastanza. Tra i fattori che hanno inciso negativamente, il principale, a mio parere, è stata la complessità dei quesiti. Io ho firmato solo per il referendum che proponeva l’abrogazione della legge in toto, perché penso che questa legge non sia emendabile. Sarebbe rimasta una legge in larga parte illiberale e antiscientifica anche se avesse vinto il fronte del sì. Inoltre, non c’è stata la capacità, da parte di chi era a favore dell’abrogazione, di impostare il dibattito sui contenuti specifici della legge, lasciandosi trascinare a discutere sullo statuto morale dell’embrione e sulla natura minacciosa delle ricerca scientifica e degli scienziati.

L’immunologo Aiuti ha commentato il voto invitando i giovani a lasciare l’Italia: quali saranno a suo avviso le conseguenze del fallimento del referendum sulla ricerca, se la legge non verrà modificata dal parlamento? Da ricercatore e studioso, che impressione le fa che la libertà di ricerca venga pesantemente limitata da parte di politici che spesso non hanno una pallida idea della materia su cui legiferano?

Anch’io, forse, guarderò un po’ di più oltre frontiera, e preparerò mio figlio a passare un bel po’ di tempo all’estero. Le conseguenze del fallimenti di questa legge saranno lo smantellamento della medicina riproduttiva in Italia: le cliniche e i centri di ricerca italiani erano all’avanguardia in occidente fino all’anno scorso. Ora le coppie che possono permetterselo vanno all’estero. Mentre le altre ci penseranno sempre di più, prima di incamminarsi lungo un vero e proprio calvario. Come storico, ovviamente, non mi meraviglio che si possa scegliere ‘democraticamente’ di rinunciare al progresso e a star meglio, o che la politica cerchi di esercitare un controllo ideologico sulla scienza. Mi chiedo se la comunità scientifica vuole provare a contare qualcosa anche in Italia.

Sebbene i dati differiscano radicalmente tra nord e sud, il quorum non è stato raggiunto neanche nelle province «rosse», e ciò significa che molti non hanno percepito il legame tra referendum ed esperienza personale: come è possibile divulgare in maniera corretta temi scientifico-tecnici, in modo da farne percepire l’incidenza sulla vita reale?

Parlando di fatti concreti, ma soprattutto cercando di ricostruire un po’ di percezione storica del ruolo che scienza e tecnologia hanno svolto per migliorare il benessere dell’umanità, nonché per lo sviluppo della stessa democrazia. Quando uno dei massimi esponenti del movimento schierato in difesa della legge 40/2004, Giuliano Ferrara, dichiara nel corso di una trasmissione televisiva che sogna una società senza scienziati, è difficile non pensare che la posta in gioco in questi referendum andasse al di là dei contenuti specifici. Certamente è necessario divulgare correttamente la scienza se si vuole che emerga la consapevolezza del peso che scienza e tecnologia svolgono nella vita reale, ma forse serve soprattutto rendersi conto di cosa vorrebbe dire rinunciarvi. E questo può risultare chiaro solo se si guarda al contributo della scienza e della tecnologia al benessere umano da un punto di vista storico.

Ha in mente future iniziative pubbliche per incitare il Parlamento a modificare la legge?

Non c’è bisogno di immaginare iniziative al di là di quanto accadrà naturalmente. Le coppie continueranno a rivolgersi ai centri per la fecondazione assistita per chiedere l’accesso a procedure che potrebbero consentire di far nascere figli sani, o chiederanno di accedere alle tecniche e poi si renderanno conto dei rischi che corrono: in questo modo metteranno i clinici moralmente coerenti nella condizione di doversi rivolgere a un magistrato per sapere come devono comportarsi. E prima o poi qualche magistrato si rivolgerà alla Corte Costituzionale... Comunque, in un’iniziativa che si terrà dal 17 al 19 all’Hotel Ergife a Roma, cui parteciperanno circa 1000 tra scienziati, intellettuali e politici, si analizzerà il voto referendario e discuterà le sfide civili e politiche che esso rappresenta.


 

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