“Vive la France” hanno esultato alcuni 
                            commentatori dagli States di fronte alla vittoria 
                            dei non. “Vive la France”, perché 
                            ha inferto una dura sconfitta a Chirac, nemico giurato 
                            della politica estera dell’amministrazione Bush. 
                            “Vive la France” che indebolisce l’Unione 
                            europea che, schiaffeggiata dai referendum, dovrà 
                            abbassare la testa e ridimensionare il progetto che 
                            la vede unico contrappeso alla potenza americana sul 
                            palcoscenico internazionale.
                          Ma non tutti gli osservatori americani la pensano 
                            allo stesso modo, e c’è chi prova a raffreddare 
                            gli entusiasmi ammonendo con fermezza che non c’è 
                            niente da festeggiare e commentando dagli Usa gli 
                            esiti dei referendum tira fuori una frase secca ma 
                            inequivocabile: “it is bad news for us”, 
                            cattive notizie.
                            Primo fra questi Philip H. Gordon, direttore del Center 
                            on United States and Europe presso la think tank democratica 
                            Brooking Istitutions: “Gli americani dovrebbero 
                            trattenere i loro applausi che presto potrebbero trasformarsi 
                            in rimpianti”, scrive Gordon in un articolo 
                            apparso su The 
                            New Repubblic . Infatti gli oppostitori di Chirac 
                            e della costituzione europea compongono un eterogeneo 
                            gruppo di estremismi di sinistra e di destra, populisti 
                            e nazionalisti, che poco hanno a che fare con le ragioni 
                            che oggi fanno esultare gli Americani: “In altre 
                            parole – ammette lo studioso americano rivolgendosi 
                            alla plaudente schiera neo-con – se non vi piaceva 
                            la politica francese prima di domenica (29 maggio), 
                            d’ora in poi vi piacerà ancora di meno”.
                          La verità, continua Gordon, è che gli 
                            Usa guardano con attenzione all’Europa non tanto 
                            (o almeno non solo) come una potenza che vuole bilanciare 
                            il potere americano nella politica estera, ma anche 
                            e soprattutto come un partner economico, e questa 
                            sconfitta è un duro colpo d’arresto per 
                            l’Unione che nei prossimi anni sarà tutta 
                            presa e concentrata sui suoi problemi istituzionali.
                            Questa è la vera cattiva notizia.
                          Analizzando poi nel dettaglio la vittoria dei non 
                            in una intervista al quotidiano francese Le 
                            Figaro, Gordon sottolinea come i politici francesi 
                            usciti a braccia levate dalla tornata referendaria 
                            siano tutt’altro che vicini agli Usa: “È 
                            una vittoria degli schieramenti che si oppongono alla 
                            globalizzazione, al libero mercato, al capitalismo, 
                            è una vera e propria battuta d’arresto 
                            per l’economia”. Le Pen, Villiers, Bové, 
                            il partito comunista, tutte persone che vogliono una 
                            Francia meno aperta al libero mercato. E sono tutte 
                            persone che hanno vinto.
                          E allora sguardi preoccupati dagli Usa, pensieri 
                            accigliati per una parte degli osservatori americani 
                            che cercano in Europa un partner che vorrebbero stabile, 
                            ben saldo sulle proprie gambe istituzionali, e invece 
                            lo vedono spesso traballare, sbandare. “Il nostro 
                            interesse – conclude Gordon a Le Figaro 
                            – è tutto in un’Europa saldamente 
                            equipaggiata per l’economia di mercato, che 
                            sappia essere un partner commerciale, che si apra 
                            a nuovi membri, soprattutto ad est, e che supporti 
                            gli sforzi americani nel mondo”. 
                            Ma quest’Europa, per il momento, segna il passo 
                            e barcolla, e inizia a guardare dentro i suoi confini, 
                            dove deve risolvere qualche (grosso) problema e rimettersi 
                            dritta in piedi, prima di lanciare occhiate oltre 
                            l’Oceano. 
                           
                           
                           
                           
                          Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti 
                            da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
                            redazione@caffeeuropa.it