279 - 31.05.05


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Così le donne sono cittadini di serie B
Gilberto Corbellini con
Elisabetta Ambrosi

Gilberto Corbellini non è solo un professore universitario che insegna storia della Medicina, bioetica ed Epistemologia Medica alla Facoltà di Medicina di Roma La Sapienza. È anche uno studioso che argomenta con passione battagliera la sua visione della scienza, difendendone con tutte le forze la libertà e sottolineando gli enormi benefici che da essa l’uomo ha sempre ricavato. Per questo referendum si è impegnato direttamente, denunciando in ogni possibile occasione le incongruenze della legge 40 e partecipando allo sciopero della fame proclamato da dieci ricercatori, scienziati e accademici italiani. Questi ultimi si sono rivolti al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, al premier Silvio Berlusconi, ai presidenti di Camera e Senato, ai presidenti delle commissioni di Vigilanza Rai e dell’Authority per le telecomunicazioni, Claudio Petruccioli e Corrado Calabrò, al direttore generale della Rai Flavio Cattaneo e al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri chiedendo «che siano immaginate ed immediatamente inverate le misure compensative indispensabili per evitare di accettare a priori che il risultato referendario sia fondato su una gara falsata, antidemocratica». Abbiamo chiesto a Corbellini di spiegarci perché questa legge è davvero una legge sbagliata.

Prof. Corbellini, lei fa parte di un gruppo di scienziati che ha attuato una forma di protesta contro la legge 40. Quali sono i principali limiti che essa impone alla ricerca scientifica e quali conseguenze potranno portare?

La legge 40 obbliga i medici a utilizzare procedure meno efficaci e più rischiose per la salute nel trattamento dell’infertilità. Il che è piuttosto incredibile, se si pensa che la deontologia e l’etica medica vincolano i medici a non curare al meglio i pazienti. In tal senso questa legge rappresenta una gravissima forma di interferenza politico-ideologica con le procedure scientifiche usate dalla medicina per trovare e migliorare le cure e la prevenzione dell’infertilità. Inoltre, vietando la ricerca su embrioni umani destinati alla distruzione questa legge pregiudica le prospettive degli scienziati italiani di concorrere a livello internazionale per contribuire a sviluppare le conoscenze biologiche e biopatologiche di base, nonché nuove possibili cure per gravi malattie degenerative.

Ritiene adeguata l’equiparazione che alcuni studiosi cattolici avanzano tra l’efficacia delle cellule staminali embrionali e quelle derivate da adulti o dal cordone?

L’equiparazione non ha alcun senso. E i primi a saperlo sono i due unici scienziati che ufficialmente difendono la scelta cattolica dell’astensione. Non è “scientifico”, ma solo ideologico, affermare che una classe di staminali è o sarà superiore all’altra. Verosimilmente, quando la ricerca avrà messo a punto le conoscenze e le tecniche per utilizzare terapeuticamente le staminali, risulterà che in alcuni casi andranno meglio le somatiche (adulte), in altri quelle del cordone (anch’esse somatiche) e in altri ancora si avranno migliori risultati con le embrionali. Quello che oggi certamente si sa, comunque, è che le staminali embrionali sono più plastiche, cioè più versatili, e se ne possono ottenere in quantità molto maggiore rispetto alle staminali somatiche.

A parte i limiti imposti alla ricerca, in che senso ritiene questa legge lesiva dei diritti delle donne?

Questa legge è innanzitutto incostituzionale, poiché impone di usare trattamenti che sono più dannosi rispetto a quelli di cui dispone la medicina riproduttiva. Se la salute è un diritto e lo stato la deve tutelare, è quantomeno contraddittorio che una legge dello stato imponga di usare le procedure più rischiose per la salute, come la limitazione a tre degli embrioni da fecondare e impiantare o il divieto di crioconservazione, invece di quelle che sono meno pericolose. Da questo punto di vista le donne si configurano come cittadini di serie B. Inoltre, riconoscendo al concepito dei diritti che sono del tutto “innaturali”, la legge prefigura una restrizione della libertà della donna nel contesto della riproduzione. Per prima cosa spicca il fatto che questa legge, che tutela il concepito, è in contrasto con la legge 194 per l’interruzione della gravidanza. Di fatto non è che il primo passo verso la messa in discussione della legge sull’aborto.

La sua opinione sulla fecondazione eterologa?

La mia opinione è che io forse non la farei – anche se non ha molto senso dirlo in astratto – ma ritengo che non vi sia niente di strano o pericoloso a utilizzarla.

Il dibattito pubblico sul referendum sembra ridotto ad una discussione sul preciso momento di inizio della vita. Qual è la sua opinione a riguardo? Lei pensa che ci siano buoni argomenti scientifici e filosofici perché a favore dell’accantonamento di questa a quanto pare irrisolvibile questione?

Sono stati i cattolici a trasformare il referendum in un voto sullo statuto dell’embrione. A me personalmente, la questione intriga sul piano speculativo, nel senso che sono incuriosito dal processo attraverso cui la Chiesa cattolica si è infilata in un vicolo cieco, che gli dà certamente un vantaggio momentaneo, e si sta esponendo al ridicolo per l’assurdità delle tesi che sostiene. Chiaramente, se la discussione si orientasse sulle premesse e le conseguenze della legge, in termini di giustificazioni scientifiche e cliniche delle tecniche utilizzate, i cittadini capirebbero immediatamente che dovrebbero votare, e votare sì. Nondimeno è anche vero che bisogna contrastare il tentativi di far passare gli scienziati per criminali, e quindi ci si deve comunque confrontare anche sullo statuto dell’embrione.

Come giudica il dibattito pubblico che si è svolto intorno alla legge? Ritiene che stampa e tv abbiano dato un’informazione adeguata?

Stampa e televisione hanno fornito un’informazione poco trasparente e soprattutto poco utile ai cittadini per farsi un’idea della posta in gioco. Si è parlato poco delle conseguenze di questa legge dal punto di vista delle prospettive di salute dei cittadini italiani, e della loro possibilità di veder ragionevolmente soddisfatti i desideri delle coppie e dei genitori di avere figli, di metterli al mondo sani e di sapere che possono curare i loro figli o loro stessi senza bisogni di recarsi all’estero. Perché, ovviamente, non tutti possono permettersi le cure all’estero.

Cosa succederà a suo parere se vinceranno i sì? Il parlamento dovrà trovare una nuova legge: in che direzione dovrebbe muoversi?

Se vinceranno i sì ci sarà una rincorsa a modificare la legge – perché i sì non abrogano tutta la legge, ma solo una parte – nel senso di far vedere a chi era per il no o per l’astensione che si vogliono mettere dei precisi paletti alla ricerca. Io ero e rimango per l’abrogazione della legge. Certo su queste materie che attengono alla sfera personale la penso come i radicali, o meglio come la pensa qualsiasi vero liberale: lo stato non dovrebbe interferire. Se vuol farlo, la legge deve solo stabilire gli standard qualitativi e quindi evitare che si producano danni per la salute delle persone.

 

 

 

 

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