Gilberto
Corbellini non è solo un professore universitario
che insegna storia della Medicina, bioetica ed Epistemologia
Medica alla Facoltà di Medicina di Roma La
Sapienza. È anche uno studioso che argomenta
con passione battagliera la sua visione della scienza,
difendendone con tutte le forze la libertà
e sottolineando gli enormi benefici che da essa l’uomo
ha sempre ricavato. Per questo referendum si è
impegnato direttamente, denunciando in ogni possibile
occasione le incongruenze della legge 40 e partecipando
allo sciopero della fame proclamato da dieci ricercatori,
scienziati e accademici italiani. Questi ultimi si
sono rivolti al presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi, al premier Silvio Berlusconi, ai presidenti
di Camera e Senato, ai presidenti delle commissioni
di Vigilanza Rai e dell’Authority per le telecomunicazioni,
Claudio Petruccioli e Corrado Calabrò, al direttore
generale della Rai Flavio Cattaneo e al presidente
di Mediaset Fedele Confalonieri chiedendo «che
siano immaginate ed immediatamente inverate le misure
compensative indispensabili per evitare di accettare
a priori che il risultato referendario sia fondato
su una gara falsata, antidemocratica». Abbiamo
chiesto a Corbellini di spiegarci perché questa
legge è davvero una legge sbagliata.
Prof. Corbellino, lei fa parte di un gruppo
di scienziati che ha attuato una forma di protesta
contro la legge 40. Quali sono i principali limiti
che essa impone alla ricerca scientifica e quali conseguenze
potranno portare?
La legge 40 obbliga i medici a utilizzare procedure
meno efficaci e più rischiose per la salute
nel trattamento dell’infertilità. Il
che è piuttosto incredibile, se si pensa che
la deontologia e l’etica medica vincolano i
medici a non curare al meglio i pazienti. In tal senso
questa legge rappresenta una gravissima forma di interferenza
politico-ideologica con le procedure scientifiche
usate dalla medicina per trovare e migliorare le cure
e la prevenzione dell’infertilità. Inoltre,
vietando la ricerca su embrioni umani destinati alla
distruzione questa legge pregiudica le prospettive
degli scienziati italiani di concorrere a livello
internazionale per contribuire a sviluppare le conoscenze
biologiche e biopatologiche di base, nonché
nuove possibili cure per gravi malattie degenerative.
Ritiene adeguata l’equiparazione che
alcuni studiosi cattolici avanzano tra l’efficacia
delle cellule staminali embrionali e quelle derivate
da adulti o dal cordone?
L’equiparazione non ha alcun senso. E i primi
a saperlo sono i due unici scienziati che ufficialmente
difendono la scelta cattolica dell’astensione.
Non è “scientifico”, ma solo ideologico,
affermare che una classe di staminali è o sarà
superiore all’altra. Verosimilmente, quando
la ricerca avrà messo a punto le conoscenze
e le tecniche per utilizzare terapeuticamente le staminali,
risulterà che in alcuni casi andranno meglio
le somatiche (adulte), in altri quelle del cordone
(anch’esse somatiche) e in altri ancora si avranno
migliori risultati con le embrionali. Quello che oggi
certamente si sa, comunque, è che le staminali
embrionali sono più plastiche, cioè
più versatili, e se ne possono ottenere in
quantità molto maggiore rispetto alle staminali
somatiche.
A parte i limiti imposti alla ricerca, in
che senso ritiene questa legge lesiva dei diritti
delle donne?
Questa legge è innanzitutto incostituzionale,
poiché impone di usare trattamenti che sono
più dannosi rispetto a quelli di cui dispone
la medicina riproduttiva. Se la salute è un
diritto e lo stato la deve tutelare, è quantomeno
contraddittorio che una legge dello stato imponga
di usare le procedure più rischiose per la
salute, come la limitazione a tre degli embrioni da
fecondare e impiantare o il divieto di crioconservazione,
invece di quelle che sono meno pericolose. Da questo
punto di vista le donne si configurano come cittadini
di serie B. Inoltre, riconoscendo al concepito dei
diritti che sono del tutto “innaturali”,
la legge prefigura una restrizione della libertà
della donna nel contesto della riproduzione. Per prima
cosa spicca il fatto che questa legge, che tutela
il concepito, è in contrasto con la legge 194
per l’interruzione della gravidanza. Di fatto
non è che il primo passo verso la messa in
discussione della legge sull’aborto.
La sua opinione sulla fecondazione eterologa?
La mia opinione è che io forse non la farei
– anche se non ha molto senso dirlo in astratto
– ma ritengo che non vi sia niente di strano
o pericoloso a utilizzarla.
Il dibattito pubblico sul referendum sembra
ridotto ad una discussione sul preciso momento di
inizio della vita. Qual è la sua opinione a
riguardo? Lei pensa che ci siano buoni argomenti scientifici
e filosofici perché a favore dell’accantonamento
di questa a quanto pare irrisolvibile questione?
Sono stati i cattolici a trasformare il referendum
in un voto sullo statuto dell’embrione. A me
personalmente, la questione intriga sul piano speculativo,
nel senso che sono incuriosito dal processo attraverso
cui la Chiesa cattolica si è infilata in un
vicolo cieco, che gli dà certamente un vantaggio
momentaneo, e si sta esponendo al ridicolo per l’assurdità
delle tesi che sostiene. Chiaramente, se la discussione
si orientasse sulle premesse e le conseguenze della
legge, in termini di giustificazioni scientifiche
e cliniche delle tecniche utilizzate, i cittadini
capirebbero immediatamente che dovrebbero votare,
e votare sì. Nondimeno è anche vero
che bisogna contrastare il tentativi di far passare
gli scienziati per criminali, e quindi ci si deve
comunque confrontare anche sullo statuto dell’embrione.
Come giudica il dibattito pubblico che si
è svolto intorno alla legge? Ritiene che stampa
e tv abbiano dato un’informazione adeguata?
Stampa e televisione hanno fornito un’informazione
poco trasparente e soprattutto poco utile ai cittadini
per farsi un’idea della posta in gioco. Si è
parlato poco delle conseguenze di questa legge dal
punto di vista delle prospettive di salute dei cittadini
italiani, e della loro possibilità di veder
ragionevolmente soddisfatti i desideri delle coppie
e dei genitori di avere figli, di metterli al mondo
sani e di sapere che possono curare i loro figli o
loro stessi senza bisogni di recarsi all’estero.
Perché, ovviamente, non tutti possono permettersi
le cure all’estero.
Cosa succederà a suo parere se vinceranno
i sì? Il parlamento dovrà trovare una
nuova legge: in che direzione dovrebbe muoversi?
Se vinceranno i sì ci sarà una rincorsa
a modificare la legge – perché i sì
non abrogano tutta la legge, ma solo una parte –
nel senso di far vedere a chi era per il no o per
l’astensione che si vogliono mettere dei precisi
paletti alla ricerca. Io ero e rimango per l’abrogazione
della legge. Certo su queste materie che attengono
alla sfera personale la penso come i radicali, o meglio
come la pensa qualsiasi vero liberale: lo stato non
dovrebbe interferire. Se vuol farlo, la legge deve
solo stabilire gli standard qualitativi e quindi evitare
che si producano danni per la salute delle persone.
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