“Si va costituendo una dittatura del relativismo
che non riconosce nulla come definitivo e che lascia
come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
Ecco il bastione ideologico della Chiesa di Benedetto
XVI. Quella linea di demarcazione annunciata già
nella Fides et Ratio e ribadita nell'ultima
messa da semplice cardinale, il 18 aprile scorso.
Da una parte c'è la filosofia unica, ancilla
della religione, d'impianto tomistico e della Verità
maiuscola; dall'altra tutto il resto, intere tradizioni
di pensiero laico che starebbero conducendo l'Occidente
verso il baratro. Questo scontro si concretizza tanto
nel giardino di casa nostra nella battaglia referendaria/ideologica
intorno all'embrione quanto, su scala planetaria,
nell'atteggiamento occidentale nei confronti dell'Islam.
Si tratta di una nuova figura dell'antico conflitto
tra fede e ragione. Una contrapposizione che non piace
a Remo Bodei, professore di Storia della filosofia
a Pisa.
Cosa si intende per relativismo, professor
Bodei?
Il relativismo nel caso di Ratzinger è il relativismo
etico ed è una concezione morale, e per conseguenza
anche della vita politica, per cui non esistono assoluti
di riferimento e per cui tutto è equivalente.
Sarebbe una versione aggiornata del detto dostoevskijano
"Dio non esiste, dunque tutto è permesso".
Benedetto XVI ha definito il nostro presente, le democrazie
caratterizzate dalla "dittatura del relativismo
etico".
Nel libro di Pera e Ratzinger Senza radici
(Mondadori 2004) si mettono insieme filosofi
e tradizioni di pensiero molto lontane. Sottolineando
la fragilità della democrazia se non trova
un puntello in valori trascendenti.
In quel testo Ratzinger fa il suo mestiere e lo fa
bene. Mentre Pera mi sembra che si appiattisca sulle
posizioni dell'attuale pontefice e abbia una concezione
della democrazia priva di autosufficienza che avrebbe
bisogno di valori esterni, in questo caso quelli religiosi,
per sussistere. Non trova nella democrazia quella
presenza di ideali come quelli di uguaglianza, di
libertà, di dignità della persona che
invece provengono dal suo proprio interno.
Che fondamento ha questa subordinazione della
democrazia a una morale cattolica?
Trovo che appiattire tutte le posizioni etiche, filosofiche
e anche politiche sul relativismo sia un grande errore.
Le nostre democrazie sono società pluraliste,
anzi la democrazia nasce dalla stanchezza per le guerre
di religione che hanno insanguinato l'Europa tra '500
e '600, quando si volevano affermare con la forza
dei valori religiosi e politici. La democrazia nasce
quando si fa un passo indietro rispetto a questa pretesa
di imporre agli altri fedi e credenze politiche.
Che ne pensa dell'idea che la democrazia
e la laicità portino necessariamente con loro
il relativismo?
Non è vero che la democrazia sia relativista.
Esiste un valore assoluto che è quello della
compatibilità tra tutti i valori. La differenza
tra ieri e oggi è che sia la democrazia che
la vita degli individui si è impoverita nel
senso che sono venuti ad allentarsi i rapporti sociali
e si diffonde una tendenza al fai-da-te. Questo fa
sì che ci sia una specie di disorientamento,
più che pensare in grande si fa un piccolo
cabotaggio. C'è un tentativo di supplenza da
parte della Chiesa che invade quello spazio di neutralità
che è tipico del laicismo.
Ma esiste un'ideologia della laicità,
una religione laica?
Il laicismo non è anticlericalismo, ci possono
essere cristiani, cattolici e laici che credono tutti
in qualche cosa. La questione è la separazione
tra Chiesa e Stato, tra etica e diritto, dove c'è
uno spazio comune per tutti e che quindi nessuno deve
invadere il campo avverso.
Però a volte è capitato, penso
ad alcune prese di posizione in Francia, che i laici
assumessero delle posizioni semireligiose. Come vede
il ruolo della religione nello spazio pubblico?
Francamente, io sono favorevole al modello francese
sul divieto di portare simboli religiosi nelle scuole.
Deve esistere uno spazio in cui nessuno pretende di
imporre agli altri le proprie credenze. La presenza
della religione nello spazio pubblico, come per esempio
con il dibattito sulla fecondazione assistita, c'è
il rischio di violare i diritti dei cittadini in quanto
cittadini. La Chiesa ha tutto il diritto di fare propaganda
di rappresentare i loro valori, il problema è
che non devono fare pressioni sullo Stato. Questo
accade in maniera diversa rispetto agli Stati Uniti.
E questo l'ha scritto anche Ratzinger e ha ragione.
Negli Stati Uniti le chiese nascono contro il potere,
sono i padri pellegrini che fuggono in America perché
perseguitati in Inghilterra. E quindi hanno sempre
avuto una priorità nel respingere le interferenze
della politica con la religione e quando Bush usa
argomenti religiosi lo fa portando via dalla religione
questi valori.
E in Italia cos'è capitato?
Da noi la storia è stata diversa, noi ci siamo
dovuti difendere (almeno a partire da Cavour), abbiamo
dovuto arginare le pretese della Chiesa. Quindi è
tutto il contrario dall'altra sponda dell'Atlantico.
Le chiese, si pensi anche all'Islam, vogliono interferire
con lo Stato e vogliono rientrare da protagonisti
nella vita pubblica.
Perché la cultura laica fa così
fatica a contrapporsi all'accusa di relativismo, all'identificazione
tra valori laici e relativismo fatta dal Papa e da
altri teo-con?
I laici sono deboli perché non valorizzano
quelle che sono le loro risorse. Come per esempio
la lotta per l'uguaglianza, per la giustizia sociale,
per la dignità della persona, lo fanno ma solo
a mezza bocca. Manca un coraggio progettuale nel nostro
paese. Il punto non è di alzare barricate ma
di riconoscere che non c'è bisogno di importare
i valori dall'esterno, di farseli prestare dalle Chiese
e che c'è una grande tradizione politica, filosofica,
etica. La fine delle grandi ideologie come il marxismo
e anche il liberalismo – ché ormai son
tutti liberali – ha portato a un riflusso che
ormai ciascuno cucina da sé i propri ideali.
In questo senso c'è allora il problema di come
poter rilanciare il pensiero laico, o comunque aconfessionale,
presentando in alternativa delle battaglie politiche.
Non è che queste cose non si fanno, ma si fanno
in maniera settoriale: l'articolo 18, la procreazione
assistita. Non c'è una linea guida che dica
come questi problemi si articolano e perché.
La razionalità laica, si pensi al
dibattito sulla fecondazione assistita, è spesso
rappresentata dagli scienziati, quasi che il filosofo
laico, l'intellettuale laico non avessero argomenti
per controbattere le posizioni dell'ortodossia ecclesiastica.
Come lo spiega?
È così. Si presenta la vecchia contrapposizione
tra fede e ragione come se esistessero soltanto separate.
Non solo gli scienziati debbono difendere la razionalità.
Esistono forme di razionalità pratica, come
quelle di un tornitore o di un calzolaio. E quindi
contrapporre sempre queste due sfere dei valori del
laico e di quelli del cattolico richiamandosi poi
come argomento, debole, quello della libertà
di coscienza è effettivamente un autogol. La
questione è di fare una valutazione di tutte
queste credenze o di questi miti, tra i quali anche
lo scientismo.
E allora qual è la strada che dovrebbero
battere i laici?
Il terreno giusto sarebbe quello di mostrare che con
il rispetto per tutte le fedi e tutte le credenze
i laici hanno valori forti che non devono importare
da nessuno, basta che li riscoprano. Certamente un
liberalismo novecentesco fatto da una sorta di lottizzazione
morale nella quale se tu mi lasci i miei valori io
ti lascio i tuoi, non funziona. Un patto di non aggressione
che diventa una forma di frullato nella quale le Chiese
giustamente dal loro punto di vista intervengono e
dicono: voi non credete in niente e quindi per una
società permissiva la libertà è
diventata licenza e quindi avete bisogno di noi.
Europa. Un altro tema nel quale è
chiamato in causa il relativismo è stata la
Costituzione europea. Il relativismo sarebbe alla
base della perdita di identità del Vecchio
continente. Unica soluzione sarebbe inserire nel preambolo
un riferimento alle radici cristiane.
Innanzitutto, le radici europee, da Leo Strauss in
poi, sono tre: Roma, Atene e Gerusalemme. Prendere
solo Gerusalemme è riduttivo. Il nostro continente
diventerà tra poco multireligioso. Non capisco
il bisogno di mettere nella Costituzione una cosa
che da un lato è ovvia e dall'altro però
complica le cose. L'Europa poi ha tante radici, l'Illuminismo,
il Romanticismo, l'Europa è il luogo della
tecnica, del diritto. Questi sono i valori che noi
abbiamo e ai quali non dobbiamo rinunciare. Qui non
si tratta di fare una graduatoria tra le civiltà
per cui la nostra è migliore. Dobbiamo avere
il doppio coraggio di metterci in discussione e di
non rinunciare a quegli apporti che abbiamo dato in
quanto Europa alla civiltà mondiale.
Ma cosa dovrebbero fare "gli uomini
di buona volontà" che vorrebbero evitare
lo scontro tra i due eserciti, quello dei laici e
quello dei cattolici, e continuare a ragionare?
Il problema non è il contrasto tra fede e ragione,
il contrasto è tra chi argomenta e chi ottusamente
si nega a questo e si appoggia a un dogma e, come
diceva Wittgenstein, "quando trova la roccia,
la vanga si piega" e non si discute più.
Nella dimensione della convivenza civile si esce dai
dogmi e ci si confronta sugli argomenti. L'esempio
della fecondazione assistita oppure il fatto che non
si possano utilizzare le cellule staminali degli embrioni
soprannumerari è una grande assurdità.
Su queste cose si deve ragionare e argomentare. È
meglio avere la possibilità di salvare dei
malati oppure, per un principio sulla sacralità
della vita, rinunciare? Capisco la paura per lo scivolo,
la Chiesa ha paura che ognuno faccia come gli pare,
che si crei un clone, che ci sia un body shop
nel quale si può comprare un organo di ricambio.
Attenzione, sono argomenti giusti sui quali anche
Giuliano Amato ha detto delle cose sensate, ma sono
cose sulle quali si può e si deve discutere.
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