“La
Costituzione deve essere presbite, deve vedere lontano,
non essere miope,” scriveva Piero Calamandrei
all’Assemblea Costituente nella seduta del 4 marzo
1947. Dopo cinquantotto anni quella Costituzione presbite
sta agonizzando sotto i colpi decretizi di una classe
dirigente golpista e miope. Golpista perché quello
che si è consumato nel Senato della Repubblica
è un attentato alle leggi fondamentali del nostro
ordine politico voluto e prepotentemente attuato da
una maggioranza parlamentare (ma soprattutto una minoranza
dentro la maggioranza) eletta con poteri ordinari, non
costituenti. Miope perché autoritaria e con un
solo scopo, immediato e ravvicinato: consentire a questa
classe affaristico-politica di conservare il potere
politico per un tempo imprecisato, e comunque di contare
su un’eccedenza di potere che le dia la possibilità
di governare più a lungo e più arbitrariamente
possibile.
Miope e, per questo, liberticida. Perché il
dominio sbilanciato dell’esecutivo – l’arma
della miopia – rispetto agli altri poteri è
un rischio enorme e di incalcolabile gravità
alle libertà civili di tutti. Il tentativo di
dare al capo dell’esecutivo il potere di sciogliere
le camere era stato perseguito anche nell’Assemblea
Costituente. La proposte venne allora dai banchi democristiani.
A criticarla ci fu, tra gli altri, Palmiro Togliatti,
con un argomento che farebbe arrossire i nostri liberali
fasulli se ancora avessero il senso del pudore: dare
al governo cioè alla maggioranza il potere di
sciogliere le camere e indire nuove elezioni, disse
il dirigente comunista in quell’occasione, è
una mostruosità che farebbe rivoltare nella tomba
i padri fondatori del liberalismo.
Questa classe dirigente che dichiara la sua fedeltà
americana, che scimmiotta improbabili parole inglesi
per descrivere ogni cosa che acquista e consuma, è
la più volgare traditrice dei principi fondamentali
del costituzionalismo americano: la divisione dei poteri
insieme al meccanismo di contrappesi affinché
ogni potere agendo nella propria sfera di competenza
trovi sempre sulla sua strada l’ostacolo che lo
limiti. Ma la revisione della Costituzione italiana
segue un modello diametralmente opposto a quello liberale
e americano; un modello che ricorda regimi autoritari
di paesi non Europei in età precedente la seconda
guerra e quelli più recenti sudamericani e del
sud est asiatico. La Cina capitalista e autoritaria
è il modello dei restauratori italiani, non l’America
di Jefferson e Madison. Infatti, come ha spiegato il
Presidente del Consiglio, grazie a questa riforma il
governo potrà lavorare più facilmente
perché sarà un potere più libero
di fare e più elastico assomigliando più
al consiglio d’amministrazione di una multinazionale
che a un governo politico. Un esecutivo “più”
celere e “più” elastico per fare
che cosa? Ovviamente per decidere con meno interferenze
possibili da parte degli altri poteri dello Stato: il
Parlamento, il Presidente della Repubblica e la Magistratura.
Il Capo del Governo si è anzi stupito del fatto
che l’opposizione abbia vociato in Senato dimostrando
di non aver capito quanto fosse conveniente anche per
lei, se e quando vincerà le elezioni, poter contare
su un esecutivo con larga libertà d’azione
(una convenienza che neppure i comunisti del 1947 ebbero
il coraggio di vedere e di volere).
Costituzione non come regola per il governo della cosa
pubblica, dunque, ma come organizzazione del potere
per attuare le politiche della parte che ha vinto le
elezioni. La sovranità è della maggioranza,
non più della generalità del popolo. Una
costituzione autoritaria come quella concessa dal generale
Pinochet ai sudditi cileni dopo aver normalizzato con
violenze e galera gli oppositori. Sembra di capire che
da noi gli oppositori siano stati già domati.
E a giudicare dal chiasso della minoranza in aula accompagnato
dal silenzio della proverbialmente ricca e articolata
società civile c’è da temere che
da noi si sia raggiunta l’apatia per via di sedativo
televisivo. Il timore è che dopo dieci anni di
presenza di Forza Italia sulla scena politica, gli italiani
siano diventati soggetti passivi di un regime autoritario.
Il Presidente del Consiglio si è infatti permesso
di strafare: ha perfino deciso i tempi del referendum
costituzionale. Lo vuole fare non subito ma dopo le
elezioni politiche affinché gli elettori non
siano “sviati” dalle “cose serie”,
cioè da quello che ha fatto il governo e quello
che vorrà fare. Dunque discutere della nostra
libertà e democrazia é una cosa poco seria,
una cosa che fa perder tempo a chi lavoro nell’azienda
governativa.
Due anni fa si mobilitarono spontaneamente i girotondi
e l’Italia dei mille movimenti. Lo scorso anno
milioni scesero in piazza per la pace. Che cosa faranno
questa volta le voci libere e democratiche? Riempiranno
le piazze a milioni per questa cosa che tra tutte è
la più importante? Scenderanno sotto le finestre
del Senato a urlare “vergogna!”? Non si
faranno ammaliare dalle sirene del governo miope e liberticida?
Scriveva ancora Calamandrei, “per vent’anni
il fascismo ha educato i cittadini proprio a disprezzare
le leggi, a far di tutto per frodarle e per irriderle
nell’ombra. Mai come in questo ventennio di proclamata
restaurazione autoritaria, l’autorità è
stata altrettanto irrisa nelle sue leggi; mai in maniera
così generale il trasgredirle è stato
considerato come un dovere civico”. Ecco perché
era importante che la legge fosse miope: perché
unico rimedio contro quel “male nazionale”
che era proprio l’abitudine alla libertà.
Il più o meno lento decadimento della libertà
(quella di parola e di stampa, ma anche quella di proprietà,
se l’avidità della grande proprietà
lo vorrà) comporterà l’assestamento
di un processo che conosciamo già molto bene:
la frode della legalità, il raggiro delle norme,
lo svuotamento delle procedure e delle istituzioni.
Dobbiamo essere così pessimisti da concludere
che i tempi sono maturi per suggellare un ordine liberticida
che ricorda così da vicino quello che c’era
prima della Costituzione repubblicana?
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|