Un nome che
guarda all’Europa, che anzi sembra metterla al
centro dell’attenzione del nuovo papato. Nella
scelta di Joseph Ratzinger sta tutta la volontà
di ribadire a chiare lettere quanta importanza il nuovo
pontefice dedichi all’affermazione delle radici
culturali dell’Europa tra le missioni del proprio
mandato: sarà Benedetto XVI e porterà
il nome del primo patrono d’Europa, proponendosi
come custode delle radici cristiane del continente.
All’indomani della rapida elezione del cardinale
tedesco al soglio pontificio, i giornali si riempiono
di fiumi di parole, commenti, testimonianze, ritratti
del fedele collaboratore di Wojtyla, di colui che Giovanni
Paolo II aveva chiamato ad essere il Prefetto della
Fede, guardiano e tutore dell’ortodossia cattolica.
Eppure in pochi hanno messo l’accento sul perché
sia Benedetto il nome del nuovo papa.
Tra questi Vittorio Messori sul Corriere della Sera:
“Perché quel nome e non un Giovanni Paolo
III?(…) Ma perché Paolo VI proclamò
san Benedetto da Norcia patrono dell’Europa (e
Wojtyla vi aggiunse Cirillo e Metodio, apostoli dell’Oriente)
e, dunque, la scelta di quel nome è un ribadire
quali siano le radici cristiane dell’Europa che
la Costituzione dell’Unione non ha voluto riconoscere”.
In maniera ancora più chiara ed esplicita la
questione è affrontata dal Sole 24 Ore
che titola in prima pagina: “Benedetto XVI, la
forza dell’identità cattolica” e,
nell’articolo, parla della “scelta di uno
dei difensori più convinti delle radici cristiane
della cultura europea”.
Papa Ratzinger guarderà vicino e mette, già
dal nome, tra le proprie priorità la difesa della
memoria cristiana, sottolinea Gianfranco Ravasi dalle
pagine interne del Sole: “L’orizzonte
in cui far risuonare e testimoniare il messaggio cristiano
non è solo quello dei continenti di diversa matrice
spirituale come l’Asia o l’Africa; è
soprattutto l’Europa avvolta nella nebbia dell’indifferenza”.
Tema questo già caro al Ratzinger cardinale che
si batte da tempo contro l’affermazione di ogni
relativismo in difesa dell’universalismo della
Verità cristiana. “Il cristianesimo non
è certo partito dall’Europa” aveva
detto Ratzinger lo scorso 1 aprile in un discorso pronunciato
il giorno prima della morte di Wojtyla e ripreso dal
Sole. “Ma proprio in Europa – continuava
l’allora cardinale – ha ricevuto la sua
impronta culturale e intellettuale storicamente più
efficace e resta pertanto intrecciato in modo speciale
all’Europa”. Il Vecchio Continente però,
nella visione di colui che di lì a pochi giorni
sarà Benedetto XVI, ha seguito una deriva che
lo ha portato, passando per il Rinascimento e soprattutto
per l’Illuminismo, tra le braccia di esasperazioni
razionaliste sviluppando così una “cultura
che, in un modo sconosciuto prima d’ora all’umanità,
esclude Dio dalla coscienza pubblica, sia che venga
negato del tutto, sia che la sua esistenza venga giudicata
non dimostrabile, incerta, e dunque apparente nell’ambito
delle scelte soggettive, un qualcosa di irrilevante
nella vita pubblica”. Da qui il riferimento al
nome del futuro papa: “Abbiamo bisogno di uomini
come Benedetto da Norcia, il quale, in un tempo di dissipazione
e di decadenza, si sprofondò nella solitudine
più estrema, riuscendo dopo tutte le purificazioni
che dovette subire, a risalire alla luce (…)”.
In quel discorso, pronunciato poco più di due
settimane prima di salire a capo della Santa Sede, il
cardinale Ratzinger parlava di un’Europa caduta
preda dei dubbi della ragione e delle domande del relativismo,
un’Europa che non ha voluto inserire nella propria
costituzione alcun riferimento a radici cristiane, ma
ha privilegiato l’apertura alla molteplicità
e alla coesistenza di idee e culture diverse.
Forse non sapeva che sarebbe diventato papa, Ratzinger,
ma in difesa della Chiesa chiamava a raccolta il mondo
cristiano nel nome di Benedetto.
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