Riproponiamo qui di seguito il
testo del messaggio pronunciato da Giovanni Paolo
II il 24 gennaio 1994 in occasione della 28ª
giornata mondiale delle comunicazioni sociali; pubblicato
nel volume Cattiva
maestra televisione (Marsilio –
I libri di Reset) insieme al celebre saggio di Karl
Popper "Una patente per fare tv" e a saggi
di Bosetti, Condry,
Cubeddu e Baudouin, il messaggio di Giovanni Paolo
II è disponibile anche sul sito de La
Santa Sede.
Cari fratelli e sorelle,
Negli ultimi decenni, la televisione ha rivoluzionato
le comunicazioni influenzando profondamente la vita
familiare. Oggi, la televisione è una fonte
primaria di notizie, di informazioni e di svago per
innumerevoli famiglie fino a modellare i loro atteggiamenti
e le loro opinioni, i loro valori e i prototipi di
comportamento.
La televisione può arricchire la vita familiare:
può unire tra loro più strettamente
i membri della famiglia e promuovere la loro solidarietà
verso altre famiglie e verso la più vasta comunità
umana; può accrescere in loro non solo la cultura
generale, ma anche quella religiosa, permettendo ad
essi di ascoltare la Parola di Dio, di rafforzare
la propria identità religiosa e di nutrire
la propria vita morale e spirituale.
La televisione può anche danneggiare la vita
familiare: diffondendo valori e modelli di comportamento
falsati e degradanti, mandando in onda pornografia
e immagini di brutale violenza; inculcando il relativismo
morale e lo scetticismo religioso; diffondendo resoconti
distorti o informazioni manipolate sui fatti ed i
problemi di attualità; trasmettendo pubblicità
profittatrice, affidata ai più bassi istinti;
esaltando false visioni della vita che ostacolano
l'attuazione del reciproco rispetto, della giustizia
e della pace.
La televisione può ancora avere effetti negativi
sulla famiglia anche quando i programmi televisivi
non sono di per sé moralmente criticabili:
essa può invogliare i membri della famiglia
ad isolarsi nei loro mondi privati, tagliandoli fuori
dagli autentici rapporti interpersonali, ed anche
dividere la famiglia, allontanando i genitori dai
figli e i figli dai genitori.
Poiché il rinnovamento morale e spirituale
della famiglia umana nella sua interezza deve radicarsi
nell'autentico rinnovamento delle singole famiglie,
il tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 1994 - «Televisione e famiglia: criteri
per sane abitudini nel vedere» - è particolarmente
appropriato, soprattutto in questo Anno Internazionale
della Famiglia, durante il quale la comunità
mondiale sta cercando come dare nuovo vigore alla
vita familiare.
In questo messaggio, desidero in particolare sottolineare
le responsabilità dei genitori, degli uomini
e delle donne dell'industria televisiva, le responsabilità
delle pubbliche autorità e di coloro che adempiono
ai loro doveri pastorali e educativi all'interno della
Chiesa. Nelle loro mani sta il potere di rendere la
televisione un mezzo sempre più efficace per
aiutare le famiglie a svolgere il proprio ruolo che
è quello di costituire una forza di rinnovamento
morale e sociale.
Dio ha investito i genitori della grave responsabilità
di aiutare i figli a «cercare la verità
ed a vivere in conformità ad essa, a cercare
il bene e a promuoverlo» (Messaggio per
la Giornata Mondiale della Pace 1991, n. 3).
Essi hanno quindi il dovere di portare i loro figli
ad apprezzare «tutto quello che è vero,
nobile, giusto, puro, amabile, onorato» (Fil
4,8).
Quindi, oltre ad essere spettatori in grado di discernere
per se stessi, i genitori dovrebbero attivamente contribuire
a formare nei propri figli abitudini nel vedere la
televisione che portino a un sano sviluppo umano,
morale e religioso. I genitori dovrebbero anticipatamente
informare i propri figli sul contenuto dei programmi
e fare, di conseguenza, la scelta consapevole per
il bene della famiglia se guardare o non guardare.
A questo proposito possono essere di aiuto sia le
recensioni ed i giudizi forniti da organismi religiosi
e da altri gruppi responsabili, sia adeguati programmi
educativi proposti dai mezzi di comunicazione sociale.
I genitori dovrebbero anche discutere della televisione
con i propri figli, mettendoli in grado di regolare
la quantità e la qualità dei programmi
che guardano e di percepire e giudicare i valori etici
che stanno alla base di determinati programmi, poiché
la famiglia è «il veicolo privilegiato
per la trasmissione di quei valori religiosi e culturali
che aiutano la persona ad acquisire la propria identità»
(Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace
1994, n. 2).
Formare le abitudini dei figli, a volte può
semplicemente voler dire spegnere il televisore perché
ci sono cose migliori da fare, o perché la
considerazione verso altri membri della famiglia lo
richiede o perché la visione indiscriminata
della televisione può essere dannosa. I genitori
che si servono abitualmente ed a lungo della televisione
come di una specie di bambinaia elettronica, abdicano
al loro ruolo di primari educatori dei propri figli.
Tale dipendenza dalla televisione può privare
i membri della famiglia dell'opportunità di
interagire l'uno con l'altro attraverso la conversazione,
le attività e la preghiera comuni. I genitori
saggi sono inoltre consapevoli del fatto che anche
i buoni programmi debbono essere integrati da altre
fonti di informazione, intrattenimento, educazione
e cultura.
Per garantire che l'industria televisiva tuteli i
diritti delle famiglie, i genitori dovrebbero esprimere
le loro legittime preoccupazioni ai produttori e ai
responsabili dei mezzi di comunicazione sociale. A
volte, sarà utile unirsi ad altri, formando
associazioni che rappresentino i loro interessi, in
relazione ai mezzi di comunicazione, ai finanziatori,
agli «sponsors» e alle autorità
pubbliche.
Coloro che lavorano per la televisione - «managers»
e funzionari, produttori e direttori, autori e ricercatori,
giornalisti, personaggi dello schermo e tecnici -
tutti hanno gravi responsabilità morali verso
le famiglie, che costituiscono la gran parte del loro
pubblico. Nella loro vita professionale e personale,
coloro che lavorano nell'ambito televisivo dovrebbero
porre ogni impegno nei confronti della famiglia in
quanto fondamentale comunità sociale di vita,
amore e solidarietà. Riconoscendo la capacità
di persuasione della struttura presso la quale lavorano,
dovrebbero farsi promotori di autentici valori spirituali
e morali ed evitare «tutto ciò che può
ledere la famiglia nella sua esistenza, nella sua
stabilità, nel suo equilibrio e nella sua felicità...
che si tratti di erotismo o violenza, di apologia
del divorzio o di atteggiamenti antisociali fra i
giovani» (Paolo VI, Messaggio per Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1969, n. 2).
La televisione si trova spesso a trattare argomenti
seri: la umana debolezza ed il peccato e le loro conseguenze
per gli individui e la società; le debolezze
delle istituzioni sociali, inclusi i governi e la
religione; i fondamentali interrogativi circa il significato
della vita. Essa dovrebbe trattare questi temi in
maniera responsabile, senza sensazionalismi, con una
sincera sollecitudine verso il bene della società
ed uno scrupoloso rispetto per la verità. «La
verità vi farà liberi» (Gv 8,32),
ha detto Gesù; e tutta la verità ha
il suo fondamento in Dio, che è anche la fonte
della nostra libertà e della nostra capacità
creativa.
Nell'adempiere alle proprie responsabilità,
l'industria televisiva dovrebbe sviluppare e osservare
un codice etico che includa l'impegno a soddisfare
le necessità delle famiglie e a promuovere
valori a sostegno della vita familiare. Anche i Consigli,
formati sia da membri dell'industria televisiva sia
da rappresentanti dei fruitori dei mezzi di comunicazione
di massa, sono un modo auspicabile per rendere la
televisione più reattiva ai bisogni e ai valori
degli utenti.
I canali della televisione, siano essi gestiti dall'industria
televisiva pubblica o privata, sono uno strumento
pubblico al servizio del bene comune; essi non sono
solamente un «terreno» privato per interessi
commerciali o uno strumento di potere o di propaganda
per determinati gruppi sociali, economici o politici;
essi esistono per servire il benessere della società
nella sua totalità.
In quanto «cellula» fondamentale della
società, la famiglia merita quindi di essere
assistita e difesa con appropriate misure da parte
dello Stato e delle altre istituzioni (cfr. Messaggio
per la Giornata Mondiale della Pace 1994, n. 5).
Ciò sottolinea la responsabilità che
incombe sulle autorità pubbliche nei confronti
della televisione.
Riconoscendo l'importanza di un libero scambio di
idee e di informazioni, la Chiesa sostiene la libertà
di parola e di stampa (cfr. Gaudium et Spes, n.
59). Allo stesso tempo, insiste sul fatto che
«deve essere rispettato il diritto di ciascuno,
delle famiglie e della società, alla «privacy»,
alla pubblica decenza e alla protezione dei valori
fondamentali della vita» (Pontificio Consiglio
delle Comunicazioni Sociali, Pornografia e violenza
nei mezzi di comunicazione: una risposta pastorale,
n. 21). Le autorità pubbliche sono invitate
a fissare e a far rispettare ragionevoli modelli etici
per la programmazione, che promuovano i valori umani
e religiosi su cui si basa la vita familiare e che
scoraggino tutto ciò che le è dannoso;
esse dovrebbero, inoltre, promuovere il dialogo fra
l'industria televisiva e il pubblico, fornendo strutture
e occasioni perché ciò possa avvenire.
Gli organismi religiosi, da parte loro, possono rendere
un eccellente servizio alle famiglie istruendole sui
mezzi di comunicazione sociale e offrendo loro giudizi
su films e programmi. Dove le risorse lo permettono,
le organizzazioni ecclesiali di comunicazione sociale
possono anche aiutare le famiglie, producendo e trasmettendo
programmi per la famiglia o promuovendo questo tipo
di programmazione. Le Conferenze Episcopali e le Diocesi
dovrebbero con forza inserire nel loro programma pastorale
per le comunicazioni sociali la «dimensione
familiare» della televisione (cfr. Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Aetatis Novae,
21 e 23).
Poiché lavorano per presentare una visione
della vita ad un ampio pubblico che comprende bambini
e adolescenti, i professionisti della televisione
hanno la possibilità di avvalersi del ministero
pastorale della Chiesa, che può aiutarli ad
apprezzare quei principi etici e religiosi che conferiscono
pieno significato alla vita umana e familiare: «programmi
pastorali in grado di garantire una formazione permanente,
capace di aiutare questi uomini e queste donne - molti
dei quali sono sinceramente desiderosi di sapere e
di praticare ciò che è giusto in campo
etico e morale - ad essere sempre più compenetrati
da criteri morali tanto nella loro vita professionale
che in quella privata» (ibid., n. 19).
La famiglia, basata sul matrimonio, è una
comunione unica di persone, costituita da Dio come
«nucleo naturale e fondamentale della società»
(Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, art.
16, 3). La televisione e gli altri mezzi di comunicazione
sociale hanno un potere immenso per sostenere e rafforzare
tale comunione all'interno della famiglia, così
come la solidarietà verso le altre famiglie
e lo spirito di servizio verso la società.
Grata per il contributo che la televisione, in quanto
mezzo di comunicazione, ha dato e può dare
a tale comunione all'interno della famiglia e tra
le famiglie, la Chiesa - essa stessa comunione nella
verità e nell'amore di Gesù Cristo,
Parola di Dio - coglie l'occasione della Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali per incoraggiare
le famiglie stesse, coloro che lavorano nell'ambito
dei mezzi di comunicazione sociale e le autorità
pubbliche, a realizzare appieno il nobile mandato
di sostenere e rafforzare la prima e più vitale
«cellula» della società: la famiglia.
Dal Vaticano, 24 gennaio 1994.
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