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Televisioni a confronto
Marco Gambaro

Tratto da www.la voce.info


La possibile privatizzazione della Rai non ha molti riferimenti internazionali, se si esclude la cessione del primo canale della televisione francese Tf1, attuata nel 1987 con un "beauty contest". In Francia, però, già diversi anni prima l’ente radiotelevisivo era stato diviso in sette società indipendenti e la privatizzazione di una parte della televisione pubblica era strettamente collegata a un intervento strutturale sull’insieme del mercato televisivo.

Televisioni d’Europa

In tutta Europa le televisioni pubbliche sono uscite negli ultimi quindici anni da un contesto monopolistico e stanno vivendo un periodo di crisi e di trasformazioni che ha tratti comuni nella concorrenza delle emittenti commerciali, nella crescita della televisione a pagamento e nella perdita di legittimità del canone. Ma ha anche specifiche caratteristiche nazionali, frutto dell’evoluzione storica e della diversa organizzazione dei mercati televisivi. Negli ultimi anni in Italia il marcato orientamento commerciale di Rai, dovuto al peso elevato della pubblicità nella composizione dei ricavi e all’intensità della concorrenza nel mercato dell’ascolto, ha destato molte perplessità e da molti è considerato un punto da correggere all’interno di una ridefinizione del mercato televisivo. Se però si assume una prospettiva di lungo periodo, occorre riconoscere anche i pregi di questa formula, che si è dimostrata estremamente efficiente nel fornire agli italiani un servizio televisivo relativamente ricco con un canone che è sempre stato uno dei più bassi di Europa (99 euro, contro 165 in Gran Bretagna, 116 in Francia e 193 in Germania).

Il costo del canone è più elevato in quei paesi che rinunciano a sfruttare le economie di scala per produrre programmi e palinsesti destinati a mercati più limitati, come la Svizzera o la Germania.
In Svizzera vi sono canali sostanzialmente indipendenti per le tre lingue principali che si rivolgono a piccoli mercati regionali: i costi dei programmi, che sono fissi rispetti al numero di spettatori, sono proporzionalmente elevati. Il canone necessario per finanziare questo sistema è vicino ai 250 euro l’anno, tra i più alti d’Europa, ma l’intervento televisivo fa parte di un delicato bilanciamento tra i gruppi linguistici.
In Germania vi sono nove grandi televisioni regionali che producono canali televisivi indipendenti destinati ai singoli land e che assieme diffondono una canale nazionale (Ard) a cui si aggiunge una seconda televisione pubblica nazionale (Zdf), Si tratta di un sistema molto articolato, costruito nel periodo dell’occupazione alleata per ostacolare la ricostruzione di un’identità nazionale, che complessivamente richiede oltre 25mila addetti.

In Spagna il canone è stato abolito nel 1963 perché il livello dell’evasione era troppo elevato. La televisione pubblica Rtve viene finanziata con un indebitamento garantito dallo Stato e con specifiche sovvenzioni pubbliche. Rtve vende gli spot pubblicitari a prezzi molto aggressivi suscitando le proteste dei canali nazionali concorrenti (ambedue di proprietà italiana). Le undici emittenti regionali (Auctonomicas) che sul piano nazionale hanno una share media del 18 per cento sono finanziate per due terzi da contributi regionali e raccolgono inoltre pubblicità locale.
In Gran Bretagna la Bbc fattura complessivamente 3,5 miliardi di sterline di cui quasi un miliardo tra attività commerciali e contributi pubblici per Bbc World. Impiega complessivamente 27mila persone di cui 19mila nel Uk Public Broadcasting Service (radio e televisione nazionali). Questa struttura imponente non ha impedito un consistente declino nell’ascolto. I due canali televisivi analogici sono passati dal 48 per cento di share nel 1990 al 42 per cento nel 1997, fino al 36 per cento nel 2003. Il dibattito sulle forme di finanziamento della Bbc e sul servizio pubblico è molto approfondito da diversi anni e recentemente vi sono state opinioni contrastanti sull’uso di rilevanti risorse pubbliche per il finanziamento dello start up della televisione digitale terrestre.

Come calcolare produttività ed efficienza

In questo panorama così variegato, i tradizionali confronti di produttività ed efficienza, inevitabili nel dibattito che farà da contorno nei prossimi mesi alla ipotizzata privatizzazione della Rai, rischiano di essere fuorvianti. Il fatturato per addetto di una televisione dipende oltre che dall’efficienza dal grado di integrazione verticale scelto. Immaginiamo due televisioni che producano lo stesso programma con le stesse risorse produttive, ma una lo realizza con personale e studi interni, mentre l’altra lo commissiona, assumendosene completamente il rischio e la direzione e mantenendone tutti i diritti, a una società di produzione esterna. L’efficienza può essere la stessa, ma il fatturato per addetto risulterà molto diverso.

Anche il costo medio dei programmi, per essere usato come indicatore, deve essere qualificato. Generalmente in un canale generalista circa metà della spesa complessiva di palinsesto viene usato per i programmi di prima serata mentre l’altra metà serve per produrre o acquistare tutte le altre ore di programmazione. Una televisione che estendesse la programmazione alle ore notturne abbasserà sensibilmente il costo medio di programmazione perché aggiunge molte ore di programmi a basso costo senza che questo indichi necessariamente un’efficienza maggiore o una qualità minore nelle fasce orarie che effettivamente incidono sulla competizione. Allo stesso modo un’impresa televisiva che producesse alcuni canali tematici aggiuntivi per la televisione a pagamento satellitare con un costo medio annuo di 3-5 milioni di euro di palinsesto contro i 150-800 milioni di euro di un palinsesto generalista analogico abbasserebbe significativamente l’indicatore del costo orario di programmazione senza però necessariamente modificare il costo medio delle ore rilevanti. Nell’insieme la Rai è un po’ più efficiente della maggior parte delle televisioni pubbliche europee, sebbene non quanto la differenza del fatturato per addetto possa far apparire. Questo risultato però emerge grazie a un’interpretazione molto elastica del concetto di servizio pubblico sia sul piano della programmazione che su quello della trasparenza organizzativa e informativa, oltre a dipendere da differenze strutturali di perimetro.
Le aree più discutibili in termini di efficienza sono probabilmente le sedi regionali e l’apparato gestionale, come del resto avviene nelle televisioni pubbliche tradizionali. Nell’area più strettamente operativa la forte concorrenza nel mercato degli ascolti ha spinto verso comportamenti e routine organizzative analoghe a quelle delle televisioni commerciali. Il confronto con le televisioni commerciali internazionali mostra ampi margini di miglioramento, ma in questo caso il raffronto è per alcuni versi più improprio.

 


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