Ian Carter, La libertà eguale,
Feltrinelli, pp. 320, euro 25
In un’epoca come la nostra nella quale tutti
sono diventati o si proclamano liberali (a partire
da quelli, sedicenti tali, che lo sono solamente a
parole), alcune delle implicazioni filosofiche più
rilevanti collegate al tema della libertà paiono
essere scivolate – più o meno volutamente
e consapevolmente – nel dimenticatoio. Cominciando
da una delle più importanti: ovvero, come si
fa a rendere la libertà seriamente e davvero
eguale?
A dare una risposta molto articolata al quesito ci
pensa La libertà eguale del filosofo
Ian Carter, un volume recentemente uscito da Feltrinelli
(che, in passato, aveva già pubblicato l’antologia
da lui curata L’idea di eguaglianza,
con i testi di alcuni “mostri sacri” del
pensiero analitico e post-analitico contemporaneo
come Bernard Williams, Ronald Dworkin, Thomas Nagel
e Amartya Sen). L’autore, studioso inglese,
ma attivo da anni in Italia, dove insegna Filosofia
politica presso l’ateneo di Pavia ed è
componente del comitato di redazione di varie riviste
culturali, con questo libro non offre solamente un
percorso teorico (impegnativo e pregevole per l’ampiezza
dell’analisi), ma fornisce anche una serie di
spunti decisamente originali al dibattito politico-culturale
della sinistra di casa nostra, su un tema troppo spesso
– negligentemente… – trascurato.
Carter effettua una discussione e un’esplorazione
a 360 gradi del liberalismo (da Kant a Nozick), su
posizioni che possiamo definire di progressismo molto
avanzato, concentrando la propria attenzione su quel
“diritto all’eguale libertà”,
grazie al quale risulta possibile fondare politiche
al tempo stesso maggiormente egualitarie e libertarie
di quelle al centro delle preoccupazioni e delle piattaforme
dello schieramento liberal attuale. I diritti di libertà,
infatti, possono venire letti in modo complesso e
secondo un’accezione – quella intorno
a cui lavora Carter, giustappunto – duplice,
che tiene insieme il valore della facoltà di
scelta individuale e il rispetto della sua sfera privata
e della proprietà (la visione libertaria) con
l’esigenza di assicurare una corretta e giusta
ripartizione delle risorse materiali per consentire
condizioni di partenza eque, se non eguali, nella
lunga e complicata corsa della vita (la visione egualitaria,
per la quale la libertà diventa “sociale”).
Il libro costituisce, per molti versi, una esaustiva
dissertazione, dal punto di vista della teoria politica
normativa, di quanto l’autore chiama “libertarismo
egualitario”, all’insegna di una strumentazione
concettuale tipicamente analitica (fatta di “capacità”,
“risorse”, “agenti e pazienti”,
“libertà effettive”, “valutazione
delle opzioni” in campo, “incommensurabilità
dei valori”, e case-studies del genere
“come si applica l’eguaglianza delle risorse
nel caso di persone disabili e portatrici di handicap”),
ma con l’occhio costantemente puntato sulla
dimensione concreta e sulle implicazioni politiche.
Il libertarismo egualitario (traduzione di ciò
che in inglese va sotto il nome di left-libertarianism)
è una posizione che vanta una significativa
tradizione e alcune elaborazioni di assoluto rilievo
all’interno del mondo progressista anglofono,
mentre risulta di indubbia originalità per
il nostro paese, dove il marxismo, con le sue propensioni
prevalentemente collettiviste e stataliste, non si
è certo mostrato propenso a dare a ospitalità
a filoni culturali fondati sull’individualismo.
Al punto che la proposta dell’autore può
venire illustrata alla sinistra italiana come un “libertarismo
doppiamente eretico”. È un testo ragionato
e ragionante, dunque, e impegnativo quello di Carter,
che fornisce un contributo significativo al dibattito
di teoria politica in corso, all’insegna di
una posizione che speriamo farà discutere sul
serio.
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