Siete a casa? Allora accendete la televisione
e abbiate la pazienza di aspettare fino al prossimo
intervallo pubblicitario. Probabilmente non ci vorrà
molto. Vedete bambini? Neonati? Semi-adolescenti? Che
fanno? Di sicuro qualcuno starà mangiando nuove
e nutrientissime merendine, uno yogurt vitaminizzato
o una torta alla crema. Indovinato? Probabilmente sì.
Perché, dati alla mano, nella pubblicità
i bambini soprattutto mangiano. E giocano – ma
di meno. E poi? Beh, poi dipende. Se sono maschi quasi
certamente staranno facendo uno spuntino con le loro
mamme. Se femmine, staranno magari provando uno speciale
panno mangiapolvere sempre con le loro mamme. Ma non
trovate che negli spot i bambini siano davvero tanti?
La ricerca svolta dall’Osservatorio sull’immagine
dei minori in collaborazione con le Università
di Roma La Sapienza e di Bergamo e presentata nei
giorni scorsi, parla chiaro: il bambino è uno
dei testimonial pubblicitari più ambiti. Daniela
Brancati, coordinatrice del comitato scientifico dell’Osservatorio,
spiega: “Nella pubblicità, esiste certamente
uno sfruttamento dell’immagine del bambino.
In alcuni casi, l’immagine può, in effetti,
essere funzionale, come accade per quegli spot che
reclamizzano prodotti specificamente dedicati ai bambini:
pannolini, ad esempio. Ma spesso l’immagine
del minore è usata semplicemente perché
attrae di più, perché le caratteristiche
dei bambini – tenerezza, simpatia - ne fanno
dei testimonial ideali. E così diventa puramente
strumentale.”
La ricerca evidenzia, infatti, che l’immagine
dei minori non viene utilizzata solamente per promuovere
prodotti ad essi dedicati: si va dai cibi ai detersivi,
dalle automobili ai servizi.
Nella fascia protetta, dalle 16 alle 19, sulle reti
Mediaset (con l’eccezione di Italia 1) il 30%
degli annunci in cui si usa l’immagine del bambino
è volto a promuovere prodotti destinati agli
adulti.
Ma la pubblicità non è solo immagine,
è un messaggio e, dalla ricerca, emerge che
gli spot tendono a confermare stereotipi e a comunicare
modelli di comportamento distorti – come nel
caso del rapporto con il cibo. “La pubblicità
sembra dare l’impressione che il consumo sia
la soluzione per tutti i mali: il bambino è
disordinato, sporca, imbratta la casa? Non c’è
problema perché la mamma – grazie al
super prodotto – riuscirà a rimettere
tutto a posto. Questo è un messaggio pubblicitario
che avalla l’idea che è possibile contravvenire
a qualsiasi regola a patto di consumare e, quindi,
rimediare” continua Daniela Brancati, “La
stessa cosa vale per quegli spot che ritraggono bambini
che mangiano: mangia, consuma e risolverai ogni problema”.
Gli stereotipi, d’altra parte, sono legati soprattutto
all’identificazione di genere. Con bambini mascolini
e bambine casalinghe. Dato questo assai preoccupante
se si pensa che, attraverso gli spot pubblicitari,
i bambini apprendono i propri ruoli e che, a differenza
degli adulti, essi possiedono filtri culturali ed
esperienze assai meno potenti.
“Come i bambini con i giocattoli noi dovremmo
smontare questo giocattolo meraviglioso che è
la pubblicità – conclude Daniela Brancati
– creando cultura e facendo capire agli stessi
operatori del settore i danni che possono provocare
con un uso sciatto del linguaggio pubblicitario.”
Poco più di dieci anni fa, Popper aveva affermato
che quello del rapporto tra bambini e televisione
– nel nostro caso, pubblicità televisiva
- era un “problema evolutivo” perché
la tv, influenzando l’ambiente del bambino,
ne finisce per condizionare lo sviluppo. Gianni Rodari,
negli anni Sessanta, aveva risolto la questione con
una delle sue filastrocche: un giorno un medico milanese
sempre incollato al televisore viene risucchiato dall’apparecchio,
ma il figlio elettrotecnico, spegnendo la tv, riesce
a liberarlo. Rodari concludeva: “Cade il dottor
per terra e un bernoccolo si fa: meglio cento bernoccoli
che perdere la libertà.”
La ricerca è stata realizzata dall’Osservatorio
sull’Immagine dei Minori e promossa dall’azienda
I Pinco Pallino. I risultati sono stati presentati
nel convegno “Un anno di osservatorio dell’immagine
dei minori”, posto sotto l’Alto Patronato
della Presidenza della Repubblica con il Patrocinio
del Comune di Roma, del Comune e della Provincia di
Bergamo e il sostegno di Procter & Gamble Italia
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