272 - 26.02.05


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Il prezzo della noia
Daiva Tamosaityte



Ho deciso di scrivere un articolo non-competitivo dal titolo “Cambiare la Lituania cambiando l’Europa”. Non sarà uno di quegli articoli da far esclamare ad un burocrate dell’Ue “Ma che brava ragazza!”, magari accompagnato da una pacca sulla spalla e un premio per il colpo ben assestato. No, piuttosto vorrei scrivere alla maniera di un eccentrico le cui strane frottole retrò sembrino, agli occhi del simpatico corteo di gente che gli passa davanti, il muggito disperato di quella povera mucca che, rimasta fuori dal 5% del limite fissato da Bruxelles per i nostri allevamenti, si allontana all’orizzonte.

Il primo maggio 2004 è una data storica cui seguiranno – cosa intuibile, ma non ancora apprezzabile appieno – un numero ingente di cambiamenti importanti. Innanzitutto, è chiaramente in atto una svolta decisiva nell’ambito della politica estera internazionale che rappresenta per noi un successo straordinario. I tre predatori – Russia, Austria e Germania – si sono trasformate in tre creature innocue; gli Stati Uniti hanno ci hanno teso una mano (leggi NATO) e il nostro Paese avrà di nuovo l’opportunità di lavorare assieme alla Polonia verso un’unione (leggi Ue). Questa mossa sulla scacchiera internazionale è davvero schiacciante, ma nella vita, come in politica, nessuno usa sempre le stesse pedine. Sarebbe preferibile, perciò, seguire la lezione dei grandi maestri, cioè considerare tutte le possibili mosse in anticipo, prevedendo misure di emergenza per non essere colti da una verifica a sorpresa proprio mentre si sta comodamente seduti in un euro-caffè a bersi la birra d’obbligo.


Vecchi inquilini e nuovi figliuoli

Prevedere chi sta facendo progetti e chi ha aspettative su questa espansione è assolutamente possibile, poiché, come ci insegna la storia, decide chi paga il conto.
Poco dopo l’adesione ufficiale dei dieci nuovi Paesi membri all’Ue, la Bbc World ha mandato in onda un forum internazionale cui hanno partecipato le più alte cariche dei Paesi membri vecchi e nuovi. Il programma era affidato a degli esperti, eppure è risultato deludente per l’atmosfera caotica e l’incapacità di delineare un tema preciso: tutti parlavano dal proprio punto di vista, mostrando inequivocabilmente che nemmeno i ministri avevano un’idea precisa di come regolarsi nei confronti dei nuovi arrivati, specie riguardo alla questione dell’immigrazione. L’unico pregio del forum era che fosse in diretta, circostanza che non ha lasciato tempo ai partecipanti per contenere i propri stati d’animo celandoli sotto la maschera della correttezza politica. Al di là dell’enorme quantità di “proposte” contraddittorie, lentamente è venuta allo scoperto l’idea – prima di allora tacita ma insistente – che la vecchia Europa si trovi ad adottare un gran numero di figli senza sapere come comportarsi con loro; se ciò non bastasse, questi figli non solo sono affamati, piagnucolano e hanno bisogno di tutto, ma, è chiaro, sono anche estremamente maleducati. I “vecchi inquilini” impiegavano il termine “figlioli” per descriverci usandolo come fosse una parola magica; l’atmosfera e le dichiarazioni mostravano quanto fossimo “i benvenuti” e la cosa è andata avanti fino a quando uno degli ascoltatori ha perso la pazienza (a propos: era un uomo di colore da un qualsiasi Paese africano) dichiarando: “Cari gentiluomini, voi siete egoisti. Vi state preoccupando esclusivamente di voi stessi, ma non di questi figli. Non li state invitando nella vostra famiglia per prendervi cura di loro, come ci si aspetterebbe da voi”. Al commento è seguito un silenzio stizzito – chiaramente l’ex-colonia non aveva colto al balzo l’opportunità di tacere – e io mi sono resa conto che le mie labbra cominciavano ad incresparsi come se un bambino cattivo mi stesse per rubare un giocattolo …

Nessuno parla delle vere ragioni per cui si allarga l’Ue (le lobby emergenti e i conseguenti aumenti del loro capitale, per esempio) e, probabilmente, nessuno le conoscerà mai; al contrario, invece, c’è un gran numero di ragioni secondarie costantemente sotto lo sguardo di tutti. I buoni propositi ideali sono molto importanti, è vero, ma nessuno sa se essi avranno un riscontro reale nelle relazioni comunitarie, né cosa ne sarà di gran parte di loro. Negli ultimi 10-15 anni, sono stati gettati molti ponti tra la Lituania, i Paesi europei, gli Stati Uniti ed il Canada. Diversi gruppi con interessi specifici – culturali, politici, economici o di altro tipo – sono stati uniti. Il processo va avanti in modo spontaneo e diplomatico e una delle funzioni più importanti dell’Ue sta nell’assicurare il buon funzionamento di queste relazioni perché gli interessi di tutti gli interlocutori siano preservati. I veri intellettuali, tuttavia, essendo abituati a mettere in discussione qualsiasi cosa, dovrebbero essere almeno un po’ preoccupati dal nuovo aspetto di questo condominio plurifamiliare.


Entrare nell’Unione sì,
ma con libertà e indipendenza

Tutti concordano sul fatto che in molti Paesi vicini la vita, ora, sia più sicura e felice, ma il fulcro della questione è che, nel tentativo di tirarci fuori da un contesto provinciale, finiamo spesso per trasformare la realtà in una visione onirica. Alcuni si sentono al centro del crocevia fra Oriente ed Occidente; altri affermano di essere sempre stati europei; altri, infine, colti dalla nostalgia per gli imperi passati, tentano di “adottare” per sicurezza anche l’Ucraina e la Bielorussia a futura gloria. Se poi tra questi paesi si considera la Lituania la nazione più a Nord e si adegua la mentalità lituana a quella tipica delle comunità a carattere più familiare, una delle visioni più interessanti è stata lasciata ai margini del progetto realizzato dai nuovi architetti della nostra società. Costoro, infatti – tentando forse di compensare la loro mancanza di passione meridionale – adottano in modo del tutto acritico l’opinione di alcuni giornalisti americani riguardo ai Paesi scandinavi, principalmente la Norvegia. Secondo quest’opinione, lassù la vita sarebbe insopportabilmente noiosa. In Norvegia mancherebbero mendicanti e poveri, trafficanti di donne e bambini, criminalità, omicidi e suicidi, alienazione e corruzione, nuovi feudatari e oligarchi. Sarebbe quindi noiosa la soddisfazione delle persone per la propria vita ed il logico tentativo da parte loro di costruire la propria cultura ed il proprio benessere. Cosa c’è di più noioso di un posto dove nessuno con un minimo di rispetto di sé parteciperebbe mai ad una trasmissione televisiva come “Ills’ Market” per un tozzo di pane? Dove le persone non muoiono di “sanità pubblica” e non hanno bisogno di essere circondate da folle di poveri per sentirsi ricchi, in altre parole, per sentirsi “bianchi”?

Osservare i nuovi magnati, gli Uspaskich (Viktor Uspaskich, magnate lituano alla guida del partito laburista, attualmente all’opposizione in Lituania, ndr) e i Trump, mentre cercano di trapiantare il welfare alla Berezovsky o alla Rockfeller non è più divertente. E’ chiaro che allo stato dei fatti sia difficile fare qualsiasi previsione attendibile. Forse è per questo che alcuni intellettuali moderati, ma troppo spesso accecati, si schierano improvvisamente dalla parte dei “Presidenti-onnipresenti”. Hanno perso la fiducia nei precoci frutti della democrazia senza accorgersi di aver abboccato all’amo. Altri, i cosiddetti “molto impegnati”, diventano inconsapevoli portavoce delle nuove ideologie (che, in realtà, sono le stesse di prima). Peccato, però, che le culture “fast food” non creano democrazie pronte all’uso.

Condividere gli stessi diritti degli altri membri dell’Unione significa forse diventare europei? O forse significa guadagnare libertà di pensiero? Ci si aspetta forse che rinunciamo a questa convinzione? E, infine, questa convinzione si accorda con la politica dominante dei vecchi Paesi membri?

Per nazioni come la Lituania o la Polonia – appartenenti all’area ex-comunista, benché il nome di Stalin continui a campeggiare in ogni edizione di giornali popolari come la Wprost (settimanale polacco, ndt) – non è possibile diventare membri naturali della nuova famiglia europea. Esistono almeno due motivi: in primo luogo, l’eredità lasciata dal periodo di regime sovietico, quasi mai considerata e valutata criticamente; in secondo luogo, l’eredità dei membri anziani – i creatori del Terzo mondo – di cui ci stiamo facendo carico in modo acritico.


I camaleonti che amarono Stalin
e adesso adorano la Lituania

Riguardo al primo punto, si dovrebbe tener conto che le autorità precedenti non solo hanno mantenuto le proprie cariche durante il periodo di indipendenza, ma le hanno addirittura rafforzate. Quelli che un tempo generavano e mantenevano il controllo non sono andati via, al contrario, essi detengono ancora il potere, perché l’esilio, la prigione, la tortura, lo sterminio fisico e l’oppressione dell’individuo – attività ritenute normali e giustificabili da loro – non sono ammesse dall’attuale amministrazione della giustizia nel mondo occidentale. Rendendosi conto che nessuno avrebbe applicato a loro il principio di “occhio per occhio, dente per dente”, questi cinici camaleonti – alcuni dal sangue freddo, altri dal sangue caldo – tentano, oggi, di riscrivere la storia per trovarsi a capo di tutti i movimenti possibili e, allo stesso tempo, ottenere tutte le prerogative, i riconoscimenti, i bonus e le posizioni chiave riservate a chi è stato fedele all’attuale Stato della Lituania: perciò nascondono il passato.

Creano formazioni mobili, formate dalle stesse persone di prima e dai loro protetti, utilizzando quelli che vengono definiti i “nuovi” metodi per consolidare la politica interna, estera e le strutture economiche e per mettere a tacere la verità. Allo stesso tempo va avanti un altro fenomeno: la sovrapposizione con quanti hanno mostrato, in passato, il coraggio di proteggere apertamente la propria dignità e la coscienza individuale. Questo obiettivo è raggiunto attraverso la scelta degli impieghi, la manipolazione occulta delle opinioni e dei “file personali”. E’ necessario affermare con forza che lo stato morale e civile del Paese è paradossalmente peggiorato. La capacità di cambiare la situazione è affidata alla nuova generazione che non è stata nutrita con la falsità e l’aggressività dell’ambiente comunista, ma che ora è costretta a migrare all’estero perché indesiderata in patria. Questo fenomeno di emigrazione fa parte di un progetto politico consapevole, ma “impercettibile”. Non c’è nulla che duri per sempre, comunque. La logica reale alla base dello sviluppo richiede una valutazione adeguata del patrimonio politico ereditato, in caso contrario, essa è fallimentare. Più a lungo gli eventi storici accertati della recente storia lituana vengono tenuti segreti, in favore di una divulgazione falsata, tanto più il Paese apparirà inconsistente agli occhi dell’Occidente e, sempre a propos, i più stupidi saranno proprio quei personaggi ambigui ed opportunisti “sui cui volti” – parafrasando una famosa affermazione di Karl Marx – “la storia stessa avrà scritto a che sorta di umanità appartengono”.

Sfortunatamente, solo pochi di loro hanno riconosciuto la verità, poiché si sono resi conto che il riconoscimento della verità ha in sé un potere inestimabile; così le loro vittime, con calma e dignità confessano le loro colpe. Se non lo facessero, allora questi egemoni ex-compagni – come già assicurato – collaborerebbero con quanti fanno lo stesso tipo di operazioni in Occidente. L’Occidente, però, è ben protetto contro le black technologies e – fatta eccezione per il nuovo fenomeno del terrorismo – lo spauracchio di qualche cospirazione, la lotta di classe e il nemico segreto non funzionano, o, se non altro, non generano punte di paranoia paragonabili a quelle del tempo dei gulag. Se si raggiungerà questo tipo di equilibrio con sufficiente garbo, vorrà dire solo che dietro una risata repressa si nasconde un genuino sforzo di ritrovare un po’ di saggezza. Il concetto più importante è che la mansuetudine degli uomini è illusoria e la tenuta spirituale di coloro che vengono torturati, calpestata e disprezzata nasconde un volto terribile dietro di sé. Come recita uno dei libri sacri, a volte è meglio fermare gli apostoli della menzogna e i malvagi, piuttosto che permettere alla loro malvagità e alle loro bugie di ritornare poi attraverso di essi con un potere tanto forte da generare un orrore inimmaginabile; ma, allo stesso modo, che significato potranno mai avere queste parole per chi non sa cosa sia la pietà?


La verità spetta agli scrittori

Proprio per questo, vorrei richiamare alla mente una forma di identificazione culturale piuttosto complessa: se accettiamo senza riserve ogni elemento del patrimonio culturale dell’attuale area Ue – prima di ogni altra cosa, mi viene in mente la mentalità cresciuta sul razzismo, l’intolleranza religiosa e i regimi coloniali, che, nonostante i processi di cambiamento, non mutano tanto velocemente se quanto ci si augurerebbe – la situazione diventa ambigua. Il nostro Paese non ha mai commesso crimini contro altre etnie e culture e, in generale, i lituani non sarebbero affatto lieti di condividere la colpa generata da una violenza inconcepibile e dai genocidi perpetrati nei confronti di neri e pellerossa avvenuti nei paesi conquistati e dominati da francesi, inglesi, italiani, spagnoli, portoghesi, olandesi, tedeschi o altri europei negli ultimi quattrocento anni – per non parlare delle torture individuali, o di massa, ed i massacri della Santa Inquisizione nel corso degli ultimi 700 anni (Ahimè! La cosa è irrimediabilmente legata alla storia della cristianità, che per alcuni sembra essere “la base comune dell’Europa moderna”). E’ necessario, dunque, fare estrema chiarezza su ciascuno di questi aspetti, altrimenti il resto del mondo ci crederà parte di questa storia spaventosa e non ci saranno machiavellismi sufficienti ad impedire agli arabi di “addestrarsi” nelle nostre nazioni.

Cercando di dimenticare la Cecenia, stiamo partecipando alla guerra in Iraq per dimostrare di non voler essere più dalla parte degli sconfitti, ma dobbiamo imparare dal nostro passato e, ancor di più, abbiamo qualcosa da dire all’Occidente, che sembra stia ascoltanto. Questo atteggiamento non significa essere euro-scettici o no-global, al contrario: adottare una prospettiva più sensibile può aiutare tutte le parti coinvolte a comprendere in modo corretto i reciproci intenti. Se dall’altra parte, però, si insiste con il proverbio “rispetta il cane per il padrone”, avremo ancora molto da aspettare per l’uguaglianza. Nell’ambizione popolare e priva di gusto delle cosiddette “culture maggiori” la nostalgia nei confronti dell’imperialismo tramontato punge spesso come una spina nel fianco. Può darsi che un imperialismo dal volto umano sia migliore di uno dal volto satanico, quello con cui il mondo intero aveva a che fare ai tempi del fiorente impero del male; comunque sia, questo tipo di considerazioni mostra l’aderenza a un principio. Le ragioni non risiedono né nelle condizioni dello Stato, né nell’ampiezza della popolazione e, azzardo, nemmeno nella quantità di denaro distribuito dalla Banca Mondiale. Per questo la logica vuole che siano gli intellettuali ad affermare determinate posizioni – gli scrittori, più di tutti – e non attraverso saggi accademici che costruiscono la realtà secondo discorsi falsi e folli. Sono i pensatori in grado di sentire il polso della situazione, e metterlo in relazione al mondo intero, che devono agire in questo senso; non si può attendere che siano i politici a decidere di dire la verità, visto che è ormai chiaro che sono troppo deboli per cambiare la storia.

Per 200 anni ci è stato “insegnato” che non eravamo in grado di gestire la nostra nazione, che siamo dei perdenti. Ora è giunto il momento di imparare che abbiamo tutte le capacità per farlo e, ancor di più, che è sbagliato credere il contrario. Questa è una lezione che l’Occidente accetta malvolentieri. Non è importante, perciò, che ce lo insegnino i nostri stessi reazionari, l’Est o l’Ovest: dobbiamo affermare con vigore che esistiamo (per sfuggire al destino de “L’ultimo dei Mohicani” che un tempo vivevano a migliaia sull’area dello Stato di New York, mentre ora non riescono a provare la loro esistenza perché i loro antenati non avevano avuto la possibilità di metterla su carta: essi non possono né affermare i propri diritti né provare che James Fenimore Cooper era un bugiardo!).


E cosa siamo noi, tigri o gazzelle?

Esistere significa poterlo provare; possedere documenti di ogni azione, idea ed evento precedente della propria vita. I creatori della “grande storia” europea – che di recente ci hanno accettato come pari grado – ci stanno osservando. Quando una tigre smette di dare la caccia alle gazzelle, e cordialmente le invita nella propria famiglia, ci può essere una sola spiegazione: o loro non sono più tigri, o noi non siamo più gazzelle.

Cosa siamo, allora? Cosa abbiamo intenzione di proporre o aggiungere? Un commercio florido, la crescita del reddito nazionale e una cultura al suo massimo splendore – tutte cose che sono già esistite in passato e torneranno ad esistere anche in futuro. Eppure potrà sempre accadere di nuovo che tutto questo non abbia alcun valore, perché ciò che dà significato, e indirizza il nostro futuro, è un’idea: qualcosa, per lo più folle, fatta per ciascun individuo fra milioni. Se fossimo in grado di provare in modo convincente che abbiamo considerato criticamente l’eredità del periodo sovietico e che ci stiamo unendo a chi ha fatto lo stesso dall’altra parte, potremmo definirlo già un primo passo avanti. Ma non è tutto: se potessimo obbligare tutti le parti coinvolte a porre riparo ai loro crimini contro l’umanità, attraverso un lavoro reale ed atti legali che diano sostanza al pentimento, allora avremmo messo in atto un processo irreversibile grazie al quale sarebbe garantita una convivenza davvero libera.

Cosa hanno in comune le tracce dell’occupazione sovietica nella nostra storia e il patrimonio storico della vecchia Europa? Ricerche recenti affermano che i nazisti, e più tardi gli stalinisti, hanno adottato con successo i metodi utilizzati dall’Inquisizione. L’antisemitismo e l’olocausto, comunque, erano inevitabilmente presenti (Stalin, è vero, non ha fatto in tempo); ma una cosa è certa: fra i tre (Inquisizione, nazismo e stalinismo), il solo ad essere universalmente condannato e compromesso è stato il nazismo, essendo stato sottoposto a indagine, schedatura e corretta valutazione. I criminali nazisti sono stati condannati, recuperate le perdite, ove possibile, e da allora le persone con inclinazioni simili sono state trattate con metodi rigidi per circa cinquanta anni: sembra che gli apostoli del nazismo abbiano imparato bene la lezione. Ciò è stato possibile grazie al fatto che, per miracolo, sono sopravvissuti documenti e prove irrefutabili rese accessibili all’opinione pubblica di tutto il mondo.

Nel caso dello stalinismo o dell’Inquisizione non è avvenuto altrettanto, in primo luogo perché le istituzioni, pur avendo cambiato veste e nome, esistono ancora – ma l’Occidente non lo ammette tanto facilmente – e, in secondo luogo, perché queste antiche forze sono ancora in grado di esercitare forme di potere e di influenza, prova ne è che il corpus delicti, e ogni prova ad esso correlata, è stato distrutto o reso inaccessibile al pubblico, nascondendolo nelle soffitte o nelle segrete degli archivi. Non c’è dubbio che continuare a giustificare, o nascondere, gli atti commessi dagli inquisitori, i nazisti, gli stalinisti ed i loro simili, significa dare loro la possibilità di restare in agguato, in attesa del momento opportuno in cui estendere nuovamente il proprio raggio d’azione. Se deliberatamente si lascia aperto un varco a queste strutture basate sulla violenza è palese che coloro che le erediteranno continueranno a conservare gli stessi privilegi di impunità in organizzazioni presunte inoffensive, cercando di cogliere appena possibile l’opportunità di mostrare la loro vera raison d’être. E’ proprio necessario restare a guardare le conseguenze della nostra inazione – la prossima Notte di San Bartolomeo, una nuova caccia alle streghe o i pogrom – lasciando che questi mostri sfuggano ancora una volta alla legge?


Il nostro passato seminato dal male

Esiste davvero il singolare principio della continuità del male? Penso che parlando di fenomeni come paralumi fatti di pelle umana, o donne torturate e accusate di “palese” fornicazione con invisibili spiriti maligni – fenomeni che oltrepassano di gran lunga il comune buon senso e un comportamento normale – non possiamo evitare le definizioni di base con le quali descriviamo l’esistenza. Dopotutto, non stiamo parlando di manovre sbagliate in una battaglia navale, o di un errore di valutazione al bar: si tratta di un disturbo del comportamento strutturato, come se la malvagità stessa fosse la patologia dell’esistenza. A prima vista, diverse istituzioni si sono unite in uno sforzo per imporre le loro regole a una società che continua ad assediare e controllare ogni passo dei propri cittadini. Essi sono uniti dall’odio nei confronti delle menti aperte e del progresso; da un tentativo continuo di instillare gelosia e paura; dall’uso dello spionaggio, della tortura, della deportazione, della pena di morte, dell’interdizione e della confisca dei beni. Per secoli, regimi colpevoli hanno soddisfatto il personale istinto a perpetuare la loro orrenda natura trasformando le più basse inclinazioni della psiche umana in vere e proprie componenti meccaniche di una società sanguinaria. Sembra che sia stato Stalin a raggiungere i “risultati migliori” riuscendo a creare, all’interno della comunicazione quotidiana, una rete di spionaggio e di raccolta di informazioni su parenti, amici, i vicini e amanti; ma incoraggiando anche gelosia e odio nei confronti di ricchi o benestanti; violenza fisica e umiliazione morale; furto e calunnia; frodi e raggiri; tradimento e metodi duri, e tutto come se fosse legittimo. Persino oggi, come se fosse stato fatto un trapianto al cervello, questo sistema continua a funzionare nelle menti di alcune persone; è possibile metterlo in funzione rivolgendosi ad alcune agenzie per lamentarsi di qualcosa, o per votare pro rata, o provocare le masse, o semplicemente creare un danno o un profitto, o qualsiasi altra cosa.

Gli idealisti naïf non sono stati in grado di rivedere pezzo per pezzo la politica dei soviet – e del suo germoglio, lo stalinismo – fornendo così a tutti questi -ismi le leve progressive per governare la società, concedendo persino la possibilità di godere dei diritti umani e della libertà di parola a chi non li merita, ma sa perfettamente usarli per perseguire con entusiasmo i più meschini interessi. Ultimamente, poi, questi personaggi operano alla luce del giorno. Non siamo forse come le stupide gazzelle che nell’osservare un orso ed una tigre combattere tra di loro, non si accorgono di aver fatto la propria tana sotto il naso delle iene? Secondo i naturalisti come Waris Dirie, queste sono crudeli e, perciò, gli animali più pericolosi: quando cacciano non mollano mai.


L’Europa ha sconfitto gli orrori del passato,
ma non la noia del presente

Meglio dimenticarsi di loro; purtroppo le iene ricordano troppo persone simili a loro; naturalmente cercano di farsi passare per quello che non sono, ma è una banale trappola del male: convincere che il male non esiste, ma quello che esiste è buono. Non esistono demoni, non esiste il male e chi lo perpetra, non esistono campi di concentramento. Possiamo persino giungere alla fondata conclusione che l’intera storia europea non è la storia degli Stati, delle classi, delle religioni ed dei sistemi in lotta fra loro, ma la storia di lotte condotte da movimenti progressisti, menti aperte alla ricerca della conoscenza e della perfezione contro le forze oscure ostili al progresso: la storia del rinascimento contro il regresso; la cronaca di una battaglia fra una società aperta ed i suoi nemici. Questa è la ragione per cui istituzioni dissimili si ritrovano apparentemente nella stessa categoria ed i loro tratti comuni non sono limitati né dal tempo né dallo spazio. Il male, tuttavia, non può creare niente di peggiore di sé – oggi solo la misura della sua azione è differente; si nutre dell’oscurantismo e dell’ignoranza, della mancanza di fede e della debolezza. I suo principale obiettivo – ciò che meglio lo caratterizza – perciò, è il tentativo di sopprimere la libertà di azione e di pensiero e l’apertura della società che garantisce la ricerca della conoscenza in ogni campo, poiché la conoscenza distrugge i presupposti del male stesso. Il male cerca sempre di relegare le nuove conquiste ed esperienze dell’umanità in qualche lista nera, di organizzare un autodafè di idee, libri e altre opere.

Oggi possiamo vedere l’Europa andare avanti dopo aver pagato un enorme prezzo per questo; noi stessi stiamo pagando: paghiamo il prezzo della noia, di un’élite che non sa come occupare il tempo, perché problemi artificiali non sono in grado di contrastare gli effetti del benessere. Anche se dovremmo essere pronti ad una sfida ancora più grande. Da questo punto di vista, non basta diventare ricchi, famosi, far fuori l’avversario e togliere una moglie a suo marito, lasciando ai discendenti una storia basata su imprese simili – che alcuni definiscono eredità culturale. Non è abbastanza nemmeno mostrare ammirazione per strane idee che, messe in atto, conducono direttamente ai paralumi. Dirigere l’energia dei pigri verso la ricerca della propria anima: questa, ad esempio, sarebbe una vera sfida; altrimenti non discuteremmo di questioni del genere, come faceva Platone. L’idea che i saggi guideranno è ancora nell’aria; forse un giorno sarà così, quando saranno in grado di riunire sufficienti “masse critiche”.

Il mondo ribolle. Ho paura di sentire spine nel fianco, le ali di un’aquila, o il caro vecchio lupo vestito da agnello; così ho deciso di “perforare” me stessa per amor di Dio, e cioè di dichiarare una posizione fra tre milioni. Come lituana e cittadina della Lituania, mi rifiuto di identificarmi con forme estranee alla mia cultura natale – in ultima analisi ascritte a noi – o con le suddette forme di menzogna ed aggressione e con le istituzioni che le proteggono. Come persona libera, e non una marionetta nelle mani di forze estranee, scelgo il diritto di parlare e pensare liberamente. Voglio far parte della famiglia europea serbando mani e coscienza pulite. Se questa posizione sembra l’atteggiamento di una fascista, un’eretica, una marxista, una femminista, o una nazionalista, direi di aver scelto una delle possibili misure di “emergenza”. Forse non è poi così male essere una mucca che bruca l’erba; fino ad oggi nessuno è ancora riuscita a tingerla di nero, di rosso o di blu.
(traduzione dall’inglese di Fabiana Saviano)

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