270 - 28.01.05


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Un passo verso il governo
Arturo PArisi con Elisabetta Ambrosi

Ad una settimana dalla consultazione pugliese, il centrosinistra continua a discutere sulle modalità attraverso cui regolare l’eventuale utilizzo dello strumento delle primarie. Noi abbiamo chiesto ad Arturo Parisi, coordinatore del comitato per le primarie, di commentare la vittoria di Vendola e spiegarci perché la scelta del candidato da parte degli elettori è una esperienza di democrazia che può, a certe condizioni, essere utile all’Ulivo.

Prof. Parisi, perché il meccanismo delle primarie è importante?

Credo sia opportuno ricordare anzitutto che non sempre gli stessi comportamenti elettorali si sono tradotti nello stesso risultato. Tra il risultato e i comportamenti ci sono le regole, ed è per questo che esse spesso sono determinanti. Tuttavia, bisogna fare i conti con la storia: tutte le regole sono legate a processi di apprendimento collettivo e individuale, che ahimè è spesso molto faticoso. Questo vale innanzitutto per la regola maggioritaria bipolare, che dal 1994 è stata introdotta nel nostro paese. Dopo che per decenni si è identificata la democrazia con la logica della rappresentanza, e la rappresentanza con la logica della proporzionalità, ci vuole parecchio a cambiare. Da questo punto di vista, dieci anni non sono nulla, tanto è vero che se guardiamo le elezioni del ’94, del ’96, del 2001 vediamo che il sistema si è andato mano mano modificando. Per le primarie si può fare lo stesso discorso. Le primarie americane hanno cinquantadue anni di vita, e ancora oggi non interessano tutti gli Stati nella stessa misura e nello stesso modo, quindi dobbiamo valutarle per quelle che sono, nel loro specifico contesto.

All’interno del dibattito politico italiano, fortemente ideologizzato, il meccanismo delle primarie non rischia di favorire i candidati con un messaggio di qualità “emotiva” più alta, magari a scapito dei contenuti?

Torniamo al caso specifico. Alle primarie pugliesi hanno partecipato più di 80.000 persone, cioè un numero superiore non solo agli iscritti dei partiti di centrosinistra in Puglia, che sono circa 35-40 mila, ma anche al numero dei votanti nei congressi di partito, circa 20-25 mila. C’è stata dunque una grandissima partecipazione. Dobbiamo chiederci dunque come mai tutte queste persone sono andate a votare, facendo spesso lunghe file, con la neve e la pioggia. Come mai? La risposta è una ed è abbastanza drammatica: vuol dire che i partiti in quanto tali non riescono a mobilitare la partecipazione potenziale esistente. I partiti chiedono che venga loro riconosciuto il peso che ciascuno ha: ma se non riescono ad orientare nemmeno il voto dei militanti e degli iscritti, come si misura il peso degli elettori? Si tratta di una questione di legittimazione, che mette in discussione la capacità di dare ordini e di ottenere obbedienza da parte dei partiti.

Quanto detto spiega l’alta partecipazione al voto. Ma il risultato?

Veniamo a un secondo punto che vorrei sottolineare. La capacità di mobilitare è strettamente legata ad un secondo aspetto, quello del radicamento. La realtà è che Vendola, che io non conoscevo, è risultata una persona non radicale, ma anzitutto radicata, riconosciuta, alla quale era possibile un processo di identificazione al di là della sua appartenenza di parte. Questo è un dato importantissimo che merita di essere discusso, proprio perché i partiti rivendicano un ruolo di mediazione tra la gente e le istituzioni. Naturalmente le primarie non possono essere fini a se stesse, ma dovrebbero servire ad un’altra cosa, ovvero a selezionare in modo più accorto una persona capace di competere con altre. Ma esse hanno innanzitutto una funzione di apprendimento, nella misura in cui mettono in discussione la pretesa dei partiti di rappresentare gli elettori. Se i partiti però non riescono a confrontarsi su questo e assumono un atteggiamento difensivo nei confronti di ciò che loro stessi hanno promosso, non si potrà che avere un risultato negativo, e da questa esperienza non impareremo nulla.

Certamente le primarie sono utili ad imparare una forma di democrazia migliore e soprattutto in grado di migliorarsi. Ma siamo sicuri che questo meccanismo riduca la conflittualità anziché aumentarla?

Certo. Il fatto che molti elettori della Margherita abbiano votato Vendola, perché questo dicono i numeri, è una prova provata dell’unità. È insomma la prova che la coalizione esiste, e non la causa della divisione. Queste elezioni ci hanno segnalato un fatto importante, ovvero il coinvolgimento di Rifondazione di una logica di coalizione. Si tratta di una cosa enorme che forse non tutti i commentatori, spesso rimasti all’interno di una logica proporzionale, hanno colto. Vendola ha avuto un approccio di carattere maggioritario e si è presentato in maniera credibile a tutti pur proveniendo da una logica di identità, legata a sua volta ad una logica di proporzione. È riuscito a comunicare, mentre Boccia no, e questo conta.
Un secondo elemento importante è che ora i soggetti principali sono costretti a pedalare, dal momento che Rifondazione ha fatto la scelta centripeta e non centrifuga. Il bipolarismo è importante perché spinge tutti a fare scelte centripete: nella misura in cui mi metto nel gioco del governo, devo fare un passo che va verso il governo perché è ad esso che sono interessato. È un cambiamento quasi rivoluzionario. Che poi Vendola perda, direi che, nella misura in cui è dentro una storia, un percorso, questo potrebbe essere addirittura secondario. In fondo, non c’è miglior modo per apprendere che la domanda giusta era quella di Boccia, e che Boccia non è riuscito a rendere credibile, se non quello di bruciarsi: metto la mano, mi brucio e imparo. Insomma, in ogni caso l’apprendimento è il risultato fondamentale!

 

 

 

 

 

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