270 - 21.01.05


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Questa non è fiction: la religione ambientalista e lo Stato della paura
Siegmund Ginzberg


Questo articolo è apparso sul quotidiano Il Foglio.

Un romanzo fresco di stampa anticipava lo tsunami assassino. Si tratta dell'ultimo best seller di Michael Crichton, State of Fear, 1 milione e mezzo di copie nella prima stampa dell'originale in inglese, nelle librerie da meno di un paio di settimane. Ne descrive in dettaglio le dinamiche, la meccanica, le potenzialità devastanti. Solo che lo tsunami su cui si impernia il romanzo non è di origine naturale, è prodotto da mano umana. No, non dallo sfruttamento cieco delle risorse naturali o da sfrenate attività economiche, dalla voracità del Big business, ma da un pugno di organizzatissimi e tecnologicamente super-attrezzati terroristi ambientalisti, una sorta di Al Qaida "verde". È stato diabolicamente architettato come il principale degli eventi ad alta risonanza mediatica orditi a sostegno di una conferenza mondiale sui rischi dei "mutamenti climatici improvvisi" e di una causa multimiliardaria intentata, con gran dovizia di avvocati e fondi, dal minuscolo paradiso turistico delle Isole Vanatu al governo degli Stati Uniti per chiedere un risarcimento per l'inquinamento che provoca innalzamento dei livelli degli oceani e minaccia di sommergere gli atolli. Se il terremoto sottomarino artificialmente prodotto con cariche esplosive non produce la "madre di tutti gli tsunami", milioni di vittime, ma solo un'onda quasi impercettibile al momento dell'arrivo sulle coste abitate, è solo perché i "buoni", con audacia da finale di film di James Bond, riescono ad impedirlo in extremis, sabotando le macchine fantascientifiche che avrebbero dovuto, nelle intenzioni dei "cattivi", amplificare gli effetti del maremoto. È solo un romanzo. Scritto da uno che sa come farli e, ancora meglio, come venderli. Ne faranno certamente anche un film, è già praticamente predisposto come sceneggiatura, non si perde in sottigliezze letterarie, pensa già agli effetti speciali. Ma è un romanzo a tesi. Che prende ferocemente di mira - e con molta efficacia malgrado una certa abbondanza di stereotipi - il fanatismo, anzi quello che l'autore definisce il "fondamentalismo religioso" ambientalista, tutti i suoi principali miti, e soprattutto il modo in cui si tende a prenderli per verità scientifiche, "vangelo" assodato, e si trasformano talvolta in isteria di massa. E lo fa non tanto con una trama piuttosto elementare. Non solo col modo in cui distribuisce i ruoli dei "buoni" (un avvocato di un'associazione ambientalista, che solo al terzo o quarto tentativo di ammazzarlo comincia a convincersi che qualcosa puzza tra i suoi datori di lavoro; un geniale e dotto agente dell'antiterrorismo ecologico, un po' più furbo e fortunato di quelli che danno la caccia ad Osama bin Laden) e dei "cattivi" (una specie di Ralph Nader per cui ogni mezzo è lecito contro i complotti delle multinazionali; attori, celebrità e anime belle che si adoperano per la causa "progressista" contro gli orchi del profitto). E nemmeno solo con i lunghi dialoghi in cui lo scienziato-007 cerca, con foga da predicatore intento a salvare la loro anima dall'errore, di smontare le loro certezze per sentito dire su da che parte stiano torti e ragioni in fatto di ecologia. Ma con un apparato impressionante di note e riferimenti a pubblicazioni scientifiche (Crichton si premura ad avvertire che questa è la sola "realtà" nello sua opera di fiction), di grafici e tabelle, riproduzioni di foto satellitari, 20 pagine di fitta bibliografia annotata e numerose "appendici". Con cui si smontano i miti (o almeno le interpretazioni più semplicistiche) delle teorie e dei modelli sul surriscaldamento globale, i diversi catastrofismi climatici, l'erroneità di quasi tutte le previsioni e profezie degli ultimi decenni, le concezioni paradisiache dello stato di natura, del "buon selvaggio" e dell'arretratezza economica, la validità di "toccasana" tipo i protocolli di Kyoto, l'idea che tutto quel che non va sia frutto di sordidi complotti dei "ricchi" incuranti dei "poveri", e dei grandi interessi industriali, e soprattutto la tendenza dei media a dare tutto questo come assodato e "scientificamente" inoppugnabile. Non tutto ovviamente fila. Non si sfugge all'impressione che a tratti ci sia un'eccessiva propensione a demolire miti e "senso comune" fondato su impressioni ad effetto sapientemente martellate con altrettanti miti ed impressioni ad effetto. C'è chi già si è premurato di fare le pulci anche al suo apparato "scientifico". Il sito web di uno degli scienziati con cui Crichton aveva discusso al momento in cui gli era balenata l'idea di dedicare il suo nuovo romanzo a questo argomento, Gavin Schmidt del Godard Institute for Space Studies della Nasa, sta già pubblicando contestazioni punto per punto delle "note" che di questo passo facilmente finiranno per assumere una dimensione maggiore dello stesso intero romanzo (600 pagine). Gli viene contestato, come prevedibile, di aver venduto l'anima al diavolo dell'industria inquinatrice e dei Pangloss per i quali non c'è nulla di cui allarmarsi eccessivamente e tutto va molto meglio di quanto denunciano i catastrofismi, o, per lo meno, il mondo di oggi non è peggiore, anzi infinitamente migliore di quello di ieri o dell'altro ieri, in cui forse c'era meno inquinamento, ma la gente moriva come mosche per cause "naturali". Di fare propaganda per la destra conservatrice, i repubblicani che tirano fuori la pistola quando sentono parlare di ambiente, i liberisti e cantori degli effetti positivi della globalizzazione convinti che si possano salvare più vite favorendo lo sviluppo economico, anziché bloccandolo in nome della difesa dell'ambiente "ad ogni costo", l'amministrazione Bush tutta petrolio e niente ambiente. Si potrebbe aggiungere che tanta furia iconoclasta nei confronti dei catastrofisti, dei fanatici in nome di una "scienza" forse non così solida come pretende, contro coloro che hanno esagerato e sbagliato così clamorosamente, in questi ultimi decenni le loro profezie "scientifiche" (Paul Erlich, l'esimio biologo e fondatore del Club di Roma negli anni Settanta, prevedeva come assodato che 60 milioni di americani sarebbero morti di fame negli anni Ottanta; quasi tutte le altre previsioni più catastrofiche, su quasi tutti gli argomenti, dall'esplosione della popolazione al surriscaldamento, si sono rivelate sinora, per fortuna, largamente esagerate) suona bizzarro in uno scrittore che sul catastrofismo più sfrenato, la denuncia accorata dei pericoli di qualsiasi innovazione scientifica, le profezie più terrificanti, ha sinora fondato la propria fortuna letteraria (dal suo primo bestseller sui virus geneticamente modificati sfuggiti al controllo, Andromeda Strain, alla serie Jurassic Park, al Rising Sun in cui prevedeva il takeover giapponese sull'economia americana, al penultimo, Prey, in cui immagina un mondo minacciato dalle nanotecnologie). È un maestro del thriller che sa il fatto suo, e non c'è certo da stupirsi che, visto che i terroristi "normali" tipo Al Qaida sono riusciti a combinare più danni di tutti i terroristi immaginati messi insieme, debba inventarne di nuovi, meno scontati e più temibili. Non fa senso nemmeno che, per dipingerne la malvagità debba ricorrere agli stereotipi più scontati, come del resto avevano sempre fatto i suoi predecessori che sono riusciti ad avvincere generazioni di lettori (qualcuno ricorda di come venivano presentati i "comunisti" nei gialli di Mike Spillane?). Si capisce anche che molti di quelli che si riconoscono in qualche modo negli ambientalisti da operetta (in buona e cattiva fede) ritratti in questo romanzo se la siano presa molto a male. Ma dispiace osservare che più senso del romanzato ci hanno fatto dichiarazioni tipo quella del direttore di Greenpeace in Gran Bretagna, Stephen Tindale, e del direttore di Friends of the Earth Tony Juniper, che a proposito dello tsunami nell'Oceano indiano si sono precipitati a sostenere che la tragedia proverebbe che "Nessuno può ignorare l'aumento costante di eventi estremi legati al clima e di cosiddetti disastri naturali, che non sono più naturali di un albero di natale di plastica", e che "ancora una volta si verificano nel mondo reale eventi coerenti con le previsioni sui mutamenti climatici". Sono dichiarazioni del genere che li fanno assomigliare ai personaggi del romanzo, non viceversa. Ad attribuire ad un romanzo - specie ad una romanzo scritto per "vendere" - dignità di argomentazione "scientifica", o anche di argomentazione polemica su temi di attualità, bisognerebbe andarci piano. Ma un paio di riflessioni questo "Stato della paura" le incoraggia. Quando tratta la "religione dell'ambientalismo" alla stregua di uno dei tanti fondamentalismi religiosi (completi di miti di un'Eden originario) di cui anche, e soprattutto, il nuovo secolo sembra non poter fare a meno. E quando sostiene - è l'argomento che ho trovato più convincente - che di come funziona questo nostro pianeta, negli aspetti più basilari, il suo clima, le forze immani che è in grado di scatenare nella profondità degli abissi e della crosta terrestre; e nelle conseguenze per gli uomini - ne sappiamo ancora troppo poco, e bisognerebbe cercare di capirne un po' di più prima di pontificare.

 


 

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