267 - 11.12.04


Cerca nel sito
Cerca WWW
Il documento dei quattro
Kurt Biedenkopf, Bronislaw Geremek,
Krzysztof Michalski e Michel Rocard

1. L'Unione Europea si trova ora davanti a quella che è forse la più grande sfida della sua storia. Si sta espandendo - e la cosa avviene in maniera drammatica - con più di 70 milioni di persone che quest'anno acquisiscono il diritto di avere passaporto europeo. Contemporaneamente a tale espansione, l'Unione sta cercando di trasformarsi in un nuovo tipo di entità politica, ridefinendosi in maniera radicale attraverso il processo di stesura e ratifica di una Costituzione.

L'espansione dell'Unione, con l'ingresso di dieci nuovi Paesi membri, comporta anche l'arrivo nell'Unione di persone che sono spesso molto più povere e culturalmente molto differenti rispetto alla maggioranza dei cittadini dei vecchi stati membri. La grande maggioranza di questi nuovi cittadini dell'UE, molti dei quali hanno sopportato decenni di asservimento ai regimi comunisti, è portatrice di idee e valori segnati in maniera indelebile da esperienze sconosciute a coloro che sono da lungo tempo cittadini dell'UE. La conseguenza è che le differenze economiche e culturali all'interno dell'Unione sono divenute, d'un tratto, molto più vaste ed intense. Il processo costituzionale volto a definire l'Unione in modo più ambizioso non fa che alimentare l'intensità di queste differenze.

Davanti a diversità crescenti e al problema di istituzionalizzare una forma più esigente di unità, quali sono le forze che possono tenere insieme questa Unione Europea, allargata e ridefinita? Quali concezioni morali, quali tradizioni, quali obiettivi sono in grado di stringere insieme i diversi abitanti dell'Unione in una struttura democratica, facendo in modo che la Costituzione Europea possa mettere radici?

Per esaminare tali questioni Romano Prodi, il Presidente della Commissione Europea, ha assegnato ad accademici e politici di un buon numero di Paesi membri il compito di riflettere sugli aspetti intellettuali e culturali di una UE in fase di allargamento - in particolare, di considerare la rilevanza di questi aspetti dal punto di vista della coesione di un'Unione allargata e ridefinita.

2. Finora l'Unione ha avuto enormi risultati. Ha istituito legami stabili che hanno reso virtualmente impossibile una guerra civile europea. L'Unione ha stabilito una zona di pace fondata su libertà, stato di diritto e giustizia sociale. All'interno dei suoi stati membri l'Unione ha accelerato il superamento delle conseguenze economiche della Seconda Guerra Mondiale, promuovendo la ricostruzione e, più tardi, una ricchezza senza precedenti diffusa su tutto il continente.

Sono state l'integrazione economica e la graduale abolizione delle economie nazionali ad aprire la strada a questo ordine pacifico. Dopo la Prima Guerra Mondiale, l'esercito francese occupò la Ruhr per prevenire il revival di un'industria pesante tedesca. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Francia e Germania hanno deciso di integrare le loro industrie del carbone e dell'acciaio. Così facendo, questi stati hanno messo il primo mattone per una pace europea duratura.

3. Una forte volontà politica nei primi sei stati fondatori fu necessaria sia per rendere possibile tale sviluppo sia per sostenerlo. Una volontà del genere, a sua volta, fu possibile in ragione di diversi fattori che incoraggiarono l'integrazione: il profondo e diffuso shock causato dalla Seconda Guerra Mondiale, la sfida crescente portata dall'Unione Sovietica e il dinamismo economico indotto dalla creazione della Comunità Economica Europea (CEE), il precursore della UE - dinamismo aumentato dall'integrazione delle economie nazionali.

4. Con lo sbiadire dei ricordi della Seconda Guerra Mondiale e l'attenuarsi del rischio di un conflitto tra l'Alleanza Atlantica e l'Unione Sovietica, la trasformazione della CEE nella Comunità Europea e infine dell'Unione Europea hanno portato le finalità economiche dell'Unione sempre più al centro dell'attenzione. Hanno assunto priorità la crescita economica, il miglioramento dello standard di vita, l'espansione dei sistemi di protezione sociale e il completamento del mercato comune.

Ma con il crescere del numero di stati membri, sono cresciute anche le differenze economiche e sociali - parallelamente alle aspettative dei cittadini della UE. Col tempo, è diventato sempre più evidente che l'integrazione economica - a prescindere da quanto, unita alle sue conseguenze politiche, possa essere importante - è incapace di sostituire le forze di natura politica che, originariamente, mossero l'integrazione e la coesione europea.

Questo è il motivo per cui gli obiettivi formulati alcuni anni fa dal Consiglio di Lisbona - fare dell'Europa la regione economica più competitiva nel 2010, fissare nel 70% la quota di partecipazione al lavoro e contemperare crescita stabile, ricchezza e giustizia sociale - sono, di fatto, scomparsi dalla coscienza pubblica. Non solo questi obiettivi sono stati superati dagli eventi, è che essi non fanno nulla per tenere più insieme l'Europa. Non creano e non possono creare la coesione interna necessaria all'Unione Europea; né, in effetti, le sole forze economiche possono assicurare coesione ad una qualche identità politica. Per funzionare come un sistema politico efficace e vitale, l'Unione Europea ha bisogno di fondamenta più salde.

Non è una coincidenza che l'integrazione economica si sia rivelata insufficiente a guidare la riforma politica europea. Semplicemente, l'integrazione economica, di per sé, non conduce all'integrazione politica perché i mercati non possono produrre una solidarietà politica resistente. La solidarietà - un senso genuino di comunità civica - è vitale poiché la competizione che domina lo spazio del mercato innesca potenti forze centrifughe. I mercati possono creare la base economica di un sistema politico e sono perciò una condizione indispensabile della sua esistenza. Quello che i mercati da soli non possono fare è produrre integrazione politica e fornire all'Unione un'infrastruttura complessiva. L'aspettativa originaria, secondo cui l'unità politica della UE non sarebbe stata che una conseguenza del mercato comune europeo, si è dimostrata illusoria.

In effetti, il dibattito corrente sulla riforma del Patto di Crescita e Stabilità dell'Unione mostra ancora una volta che l'integrazione economica, simbolizzata dal varo dell'euro, può continuare ad essere la base dell'ordine politico europeo se è seguita nell'Unione da una più profonda integrazione politica. Un'unione monetaria significa una politica economica comune. Ma quando le forze coesive nutrite dai comuni successi economici si indeboliscono o vengono messe in ombra dalla competizione interna, una politica economica comune richiede l'integrazione politica, cioè un livello di coesione interna che rimanga anche quando gli interessi economici divergono.

Quello che l'unione politica dell'Europa richiede è una coesione politica, una comunità fondata su basi politiche attraverso legami di solidarietà. Il futuro dell'Unione e le dimensioni della sua integrazione politica saranno decise dal darsi o meno di queste forze politiche e dalla loro capacità di mostrarsi efficaci in tempi di crisi.

5. Col riconoscere questa circostanza, i popoli dell'Unione Europea hanno consapevolmente intrapreso il cammino dell'integrazione politica. Ma quanta integrazione politica è necessaria e quanto politicamente potente dovrebbe diventare, l'Unione Europea? A quale scopo l'Unione Europea deve acquisire la capacità di agire dal punto di vista politico?

5.1 In primo luogo, perché un ordine economico non si evolve mai in un ambiente valorialmente neutro. Ha bisogno di una cornice legale e della relativa protezione, di uno sviluppo delle istituzioni necessarie e, infine, della formalizzazione e garanzia, da parte dello stato, di quegli standard e di quei doveri che sono riconosciuti e condivisi dalle persone. Un ordine economico efficace ed equo deve anche essere incardinato (embedded) sulla morale, sui costumi e sulle speranze degli esseri umani, così come sulle istituzioni sociali. In questo senso, il modo in cui la più estesa area economica - il mercato comune - si armonizza con i valori dei cittadini europei, in tutto il loro potenziale di varietà, non è un mero problema accademico; è un problema fondamentale e di natura politica. Il costante bisogno di rendere l'espressione politica dell'Europa corrispondente ai valori dei cittadini europei è tanto importante quanto il funzionamento dello stesso mercato comune.

5.2 In secondo luogo, questo problema, la cui piena portata si è resa evidente con il completarsi del mercato comune, richiede istituzioni politiche con funzioni legislative, amministrative e giudiziarie. Solo sviluppando istituzioni del genere (per esempio, una struttura di governance economica in grado di gestire l'unione monetaria) e assicurando la loro piena legittimazione può essere creata un'entità politica efficace e vitale. Il processo costituzionale dell'Europa e la successiva adozione del Patto costituzionale fornirà, ci si aspetta, una forte legittimazione all'impianto istituzionale di un'Europa fondata su basi politiche. Il Patto è mirato a definire l'unità politica dell'Unione.

5.3 In terzo luogo, l'Unione necessita della capacità di agire politicamente anche per affrontare una miriade di nuove questioni:
- superare le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione europea;
- gestire, sotto il profilo politico e legale, il desiderio di immigrare nell'Unione nutrito da persone provenienti da tutto il mondo;
- trattare le disuguaglianze crescenti che sono la diretta conseguenza tanto dell'aumento dell'immigrazione quanto dell'espansione dell'Unione;
- preservare la pace in un mondo globalizzato.

6. Ma dove trovare le forze coesive adatte alla nuova Unione politica, se l'unità di interessi prodotta dall'integrazione economica non è più sufficiente? Crediamo che le vecchie forze che animarono l'unificazione europea non siano più abbastanza potenti da fornire un'autentica coesione politica e che, per questo motivo, le nuove fonti di energia debbano essere cercate e trovate nella cultura comune dell'Europa.

Ciò non significa, ovviamente, che le forze che hanno lavorato finora non giocheranno in futuro alcun ruolo. Ma ciò che oggi è cambiato è l'impatto relativo di queste forze coesive, e il loro contributo relativo alla futura unità dell'Europa. Con la perdita di efficacia delle vecchie forze di integrazione - desiderio di pace, minacce esterne e crescita economica - il ruolo della cultura comune dell'Europa - il fattore spirituale dell'integrazione europea - crescerà inevitabilmente di importanza in quanto fonte di unità e di coesione. Allo stesso tempo, il significato della cultura europea deve essere meglio inteso e reso politicamente efficace. Una semplice lista dei valori comuni europei non è abbastanza per fondare l'unità europea, per quanto la carta dei diritti fondamentali nella Costituzione dell'Unione vada in questa direzione. Ciò vale perché ogni tentativo di codificare i "valori europei" deve fare i conti con una varietà di declinazioni divergenti su base nazionale, regionale, etnica, settaria (sectarian) e sociale. Questa diversità di interpretazioni non può essere eliminata da un trattato costituzionale, anche se sostenuto dalla legislazione e dall'interpretazione giudiziaria.

Eppure, nonostante tali difficoltà a livello di definizione, non ci può essere dubbio circa l'esistenza di uno spazio culturale europeo comune: un insieme di tradizioni, ideali e aspirazioni, spesso intrecciati e al contempo in tensione reciproca. Si tratta di tradizioni, ideali e aspirazioni che ci tengono all'interno di un contesto condiviso e fanno di noi degli "Europei": cittadini e popoli capaci di una unità politica e di una costituzione che tutti riconosciamo e percepiamo come "europea".

Il comune spazio culturale europeo non può essere nettamente definito e delimitato: i suoi confini sono necessariamente aperti, non per nostra ignoranza, ma in linea di principio - perché la cultura europea, quindi l'Europa stessa, non è un "fatto". E' un obiettivo e un processo.

Cos'è la cultura europea? Cos'è l'Europa? Si tratta di questioni che devono essere continuamente riproposte. Poiché parliamo dell'Europa del presente, e non semplicemente di quella del passato, a queste domande non si possono dare risposte valide una volta per tutte. L'identità dell'Europa è qualcosa che deve essere negoziato dai suoi popoli e dalle istituzioni. Gli Europei possono e devono adattare se stessi e le proprie istituzioni in modo che i valori, le tradizioni e le concezioni di vita europei possano continuare a vivere e risultare incisivi. Allo stesso tempo, l'Unione e i suoi cittadini devono far sopravvivere i propri valori quali fondamento di un'identità comune in un contesto di cambiamenti continui.

L'Europa e la sua identità culturale, così, dipendono da un costante confronto con il nuovo, con il differente, con l'estraneo. Perciò la questione sull'identità europea troverà in parte una risposta con le leggi sull'immigrazione, in parte con gli accordi sui termini di accesso dei nuovi membri. Nessuno di questi due aspetti - leggi sull'immigrazione o termini di accesso - può essere determinato a priori sulla base di definizioni fisse, statiche, come avessimo un catalogo di "valori europei".

7. Se l'Europa non è un fatto, ma un obiettivo, non possono neppure esserci confini fissi, definiti una volta per sempre, siano essi interni o esterni. Anche i confini dell'Europa devono essere continuamente rinegoziati. Non sono, allora, i confini geografici o nazionali a definire lo spazio culturale europeo - è piuttosto quest'ultimo che definisce lo spazio geografico europeo, uno spazio che è per principio aperto.

Ciò significa anche che il comune spazio culturale europeo non può essere definito in opposizione alle culture nazionali. I contadini polacchi e gli operai inglesi non dovrebbero vedere la "cultura europea" come qualcosa di estraneo o persino di minaccioso. Per lo stesso motivo la cultura europea non può essere definita in opposizione a una particolare religione (come l'Islam). Ciò che costituisce il contenuto della "cultura europea" non è una questione filosofica che può essere risolta a priori; né è semplicemente una questione storica. E' una questione che chiama in causa decisioni politiche che cerchino di far valere il significato della tradizione in relazione ai futuri problemi che l'Unione Europea deve affrontare.

8. La cultura europea, quello spazio aperto che deve essere sempre ridefinito, non assicura, di per sé, un'unità europea. Quell'unità richiede anche una dimensione politica e le relative decisioni. Ma la cultura comune europea è ciò che dà alla politica l'opportunità di trasformare l'Europa in un'entità politica unificata.

L'unità dell'Europa non è, in ogni caso, solo un problema politico. La politica può creare solo le condizioni di base per l'unificazione europea. L'Europa è, di per sé, molto di più che un artificio politico. E' piuttosto un complesso - una "cultura" - di istituzioni, idee e speranze, abitudini e sentimenti, attitudini, memorie e prospettive, di elementi che formano una "colla" capace di legare assieme gli Europei - sono tutte queste dimensioni che formano la base su cui si deve reggere una costruzione politica. Questo mix - di cui possiamo parlare come della società civile europea - è al cuore dell'identità politica. E' questo che definisce le condizioni per il successo della politica europea nonché i limiti dello stato e dell'intervento politico.

Per rafforzare la coesione necessaria all'unità politica, la politica europea deve allora sostenere l'emergere e lo sviluppo di una società civile in Europa. E' attraverso le istituzioni della società civile che la nostra comune cultura europea può diventare una realtà. Ma ciò significa altresì che le istituzioni della politica e dello stato devono essere pronte a riconoscere i propri limiti.

Questa auto-limitazione implica che la cultura politica dell'Europa deve essere compatibile con il senso di comunità radicato in una comune cultura europea. Per potersi rifare legittimamente a una cultura e ad una storia comuni, le istituzioni politiche europee devono conformarsi alle aspettative generate dalla tradizione culturale europea. In particolare, l'esercizio del potere politico deve essere basato su una leadership politica persuasiva e trasparente, invece che esprimersi attraverso un'azione burocratica di incerta legittimazione. La decentralizzazione della discussione pubblica e dei processi decisionali è di particolare importanza. In effetti, solo la decentralizzazione può rendere giustizia alla varietà culturale ed alla ricchezza di forme di organizzazione sociale che costituiscono la società civile europea.

9. Se i popoli europei devono crescere insieme in un'unione politica funzionante, le persone devono essere preparate ad una solidarietà europea. Questa solidarietà deve essere più forte della solidarietà universalistica che lega (o dovrebbe legare) tutti gli esseri umani e che è implicita nell'idea di aiuto umanitario.

La solidarietà europea - la disponibilità a mettere mano al portafogli e a vincolare la propria vita a quella degli altri perché anche loro sono Europei - non è qualcosa che può essere imposta dall'alto. Deve essere qualcosa di più di una solidarietà istituzionale. Deve essere sentita dagli Europei, ma in quanto individui. Quando non c'è solidarietà individuale, la solidarietà di carattere istituzionale non basta per tenere a galla un sistema politico.

Le tendenze politiche, economiche ed intellettuali degli ultimi decenni - non ultimo l'aumento dell'individualismo - hanno portato ad una erosione di molte forme di solidarietà sociale. La crisi del welfare state può essere intesa come la conseguenza di questa parabola. Tale erosione può anche essere percepita nel contesto del recente allargamento dell'Europa: si riflette nella diminuita volontà - rispetto alle precedenti espansioni - tra i cittadini dei vecchi stati membri di dare una mano, economicamente e politicamente, ai nuovi arrivati.

Il rafforzamento della solidarietà pan-europea è uno dei più importanti obiettivi politici a lungo termine. Nel perseguirlo, non dovremmo lavorare con l'illusione che il deficit di solidarietà possa essere colmato da sole misure istituzionali. Piuttosto, queste devono essere sostanziate dalla disponibilità da parte della popolazione a mettere in gioco il proprio spirito di solidarietà. In questa luce, è importante conferire alla solidarietà una dimensione attiva e puntata sul futuro, non passiva e retrospettiva: dobbiamo definirla nei termini dei nuovi obiettivi che l'Europa deve affrontare - piuttosto che in relazione a standard acquisiti nel passato circa la condivisione della nostra ricchezza con chi è membro dell'Unione.

10. Una sfide particolare alla solidarietà europea è posta dall'espansione dell'Unione in Paesi che facevano parte dell'impero sovietico. Il modo in cui verrà affrontata tale sfida sarà decisivo per il futuro dell'Europa.

Questa espansione come cambierà le condizioni della solidarietà europea? Cosa porteranno i nuovi membri alla tavola comune? Saranno, come molti temono, dei semplici consumatori, e rallenteranno - loro, traumatizzati dal totalitarismo e senza una forte tradizione illuministica - o persino bloccheranno il processo di democratizzazione dell'Unione? Frustreranno, a causa di una vicinanza agli Stati Uniti determinata da ragioni storiche e strategiche, le aspirazioni dell'Europa a una politica estera comune? O invece i nuovi membri non esporranno solamente l'Unione a nuovi pericolo, ma apriranno anche nuove opportunità?

L'anno 1989 ha proiettato l'Europa in una nuova era. Tale evento non ha solo reso possibile l'allargamento dell'Europa all'Est ex-comunista. Si è trattato anche di un arricchimento. Questo è un motivo per cui i nuovi membri, nonostante la loro debolezza economica, dovrebbero essere accolti nell'Unione come partner alla pari. Dovrebbero avere il potere di dare forma alla nuova unione assieme ai vecchi membri. Ma dobbiamo anche cercare altri legami, e precisamente la dimensione europea delle loro tradizioni e delle loro esperienze.

Che l'Unione Europea abbia avuto nel 1989 un'opportunità storica di rinascita è circostanza dovuta, in buona parte, alle sollevazioni rivoluzionarie delle persone dell'Europa dell'Est sottoposta a regime comunista. Quelle rivoluzioni hanno dimostrato la forza della solidarietà di una società civile. Sono la migliore prova che un autentico realismo politico deve tenere conto dell'esistenza di questo tipo di vincoli - e non limitarsi a considerare gli interessi sull'aspetto materiale delle istituzioni politiche.

11. Nella ricerca di forze capaci di garantire coesione e identità nell'Unione Europea, la questione del ruolo pubblico delle religioni europee (European religions) è particolarmente importante.

Nel giro di pochi secoli, le società democratiche europee, sulla scorta di esperienze tragiche, hanno cercato di rimuovere la religione dalla sfera pubblica. La religione è stata considerata, a buon diritto, fattore di divisione, non di conciliazione. Può darsi che oggi valga la stessa cosa, ma le religioni europee hanno anche la potenzialità di unire le persone, invece che separarle.

Crediamo che la presenza della religione nella sfera pubblica non possa essere ridotta al ruolo pubblico delle Chiese o alla rilevanza sociale di prospettive esplicitamente religiose. Le religioni sono state a lungo una componente inseparabile delle diverse culture dell'Europa. Sono attive sotto la scorza delle istituzioni politiche e statali; inoltre, hanno ricadute su società e individui. Ciò che ne risulta è un'inedita ricchezza di forme religiose intrecciate a significati culturali.

Persino in Europa, dove modernizzazione e secolarizzazione sembrano andare a braccetto, è inconcepibile una vita pubblica senza religione. Il potere di promuovere-comunità delle fedi religiose europee dovrebbe essere sostenuto ed impiegato a sostegno della coesione della nuova Europa. Gli annessi rischi, certo, non dovrebbero essere trascurati. Essi includono la possibile invasione della sfera pubblica da parte delle istituzioni religiose, così come la minaccia che la religione possa essere usata per giustificare conflitti etnici. Deve essere ricordato che molti conflitti apparentemente religiosi hanno cause sociali o politiche, e che possono essere risolti con interventi sociali prima che assumano connotazioni religiose.

Le questioni riguardanti il ruolo pubblico delle religioni in Europa è tornato a galla di recente a causa delle guerre balcaniche, dell'immigrazione musulmana in Europa e (in modo molto meno drammatico) a causa della prospettiva di un ingresso della Turchia nella UE. E' su questo sfondo che la questione della rilevanza politica dell'Islam diventa prioritaria.

Certo, è difficile negare che la crescente presenza delle diverse forme di Islam nello spazio pubblico dell'Europa sia portatrice di nuove opportunità come di nuovi pericoli per l'integrazione europea. Potenzialmente, tale circostanza rimette in questione le idee prevalenti circa lo spazio pubblico europeo. Tra i Musulmani europei, d'altro canto, vi è una tendenza a staccare la loro religione dallo specifico contesto culturale e sociale delle loro patrie, e ciò potrebbe avere, sempre potenzialmente, conseguenze pericolose. Ma l'unica strada percorribile verso una soluzione dei problemi posti dall'Islam in Europa sta nel comprendere le conseguenze del trapianto dell'Islam in un contesto europeo, non in una giustapposizione frontale di due astrazioni, l'"Europa Cristiana" e l'"Islam".

12. Qual è l'impatto del significato intellettuale e culturale dell'Europa sul ruolo dell'Europa nel mondo? Finché l'Europa riconosce i valori inerenti alle regole che costituiscono l'identità europea, quei valori stessi renderanno impossibile agli Europei non riconoscere il dovere di solidarietà verso i non-Europei. Questa solidarietà definita su scala globale impone all'Europa l'obbligo di contribuire, secondo le sue capacità, ad assicurare la pace nel mondo e a combattere contro la povertà. Ma malgrado questa vocazione globale, non ci può essere giustificazione per un tentativo di imporre ad altri popoli, magari con l'aiuto delle istituzioni di una politica estera e di difesa comuni, un qualche specifico catalogo di valori.

Il dilemma fondamentale di una politica estera europea consiste nella tensione tra la logica della pace e la logica della coesione. L'Europa si vede come una zona di pace e insieme come una comunità di valori. Questo dilemma non può essere risolto a priori. Non c'è un'essenza dell'Europa, non c'è una lista fissa di valori europei. Non c'è una "finalità" nel processo di integrazione europeo.
Ottobre 2004
[trad. di René Capovin]

 

 

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it