1. L'Unione Europea si trova ora
davanti a quella che è forse la più grande sfida della
sua storia. Si sta espandendo - e la cosa avviene
in maniera drammatica - con più di 70 milioni di persone
che quest'anno acquisiscono il diritto di avere passaporto
europeo. Contemporaneamente a tale espansione, l'Unione
sta cercando di trasformarsi in un nuovo tipo di entità
politica, ridefinendosi in maniera radicale attraverso
il processo di stesura e ratifica di una Costituzione.
L'espansione dell'Unione, con l'ingresso di dieci
nuovi Paesi membri, comporta anche l'arrivo nell'Unione
di persone che sono spesso molto più povere e culturalmente
molto differenti rispetto alla maggioranza dei cittadini
dei vecchi stati membri. La grande maggioranza di
questi nuovi cittadini dell'UE, molti dei quali hanno
sopportato decenni di asservimento ai regimi comunisti,
è portatrice di idee e valori segnati in maniera indelebile
da esperienze sconosciute a coloro che sono da lungo
tempo cittadini dell'UE. La conseguenza è che le differenze
economiche e culturali all'interno dell'Unione sono
divenute, d'un tratto, molto più vaste ed intense.
Il processo costituzionale volto a definire l'Unione
in modo più ambizioso non fa che alimentare l'intensità
di queste differenze.
Davanti a diversità crescenti e
al problema di istituzionalizzare una forma
più esigente di unità, quali sono le forze
che possono tenere insieme questa Unione Europea,
allargata e ridefinita? Quali concezioni morali, quali
tradizioni, quali obiettivi sono in grado di stringere
insieme i diversi abitanti dell'Unione in una struttura
democratica, facendo in modo che la Costituzione Europea
possa mettere radici?
Per esaminare tali questioni Romano Prodi, il Presidente
della Commissione Europea, ha assegnato ad accademici
e politici di un buon numero di Paesi membri il compito
di riflettere sugli aspetti intellettuali e culturali
di una UE in fase di allargamento - in particolare,
di considerare la rilevanza di questi aspetti dal
punto di vista della coesione di un'Unione allargata
e ridefinita.
2. Finora l'Unione
ha avuto enormi risultati. Ha istituito legami stabili
che hanno reso virtualmente impossibile una guerra
civile europea. L'Unione ha stabilito una zona di
pace fondata su libertà, stato di diritto
e giustizia sociale. All'interno dei suoi
stati membri l'Unione ha accelerato il superamento
delle conseguenze economiche della Seconda Guerra
Mondiale, promuovendo la ricostruzione e, più tardi,
una ricchezza senza precedenti diffusa su tutto il
continente.
Sono state l'integrazione economica e la graduale
abolizione delle economie nazionali ad aprire la strada
a questo ordine pacifico. Dopo la Prima Guerra Mondiale,
l'esercito francese occupò la Ruhr per prevenire il
revival di un'industria pesante tedesca. Dopo la Seconda
Guerra Mondiale, Francia e Germania hanno deciso di
integrare le loro industrie del carbone e dell'acciaio.
Così facendo, questi stati hanno messo il primo mattone
per una pace europea duratura.
3. Una forte volontà politica nei
primi sei stati fondatori fu necessaria sia per rendere
possibile tale sviluppo sia per sostenerlo. Una volontà
del genere, a sua volta, fu possibile in ragione di
diversi fattori che incoraggiarono l'integrazione:
il profondo e diffuso shock causato dalla
Seconda Guerra Mondiale, la sfida crescente portata
dall'Unione Sovietica e il dinamismo economico
indotto dalla creazione della Comunità Economica Europea
(CEE), il precursore della UE - dinamismo aumentato
dall'integrazione delle economie nazionali.
4. Con lo sbiadire dei ricordi
della Seconda Guerra Mondiale e l'attenuarsi del rischio
di un conflitto tra l'Alleanza Atlantica e l'Unione
Sovietica, la trasformazione della CEE nella Comunità
Europea e infine dell'Unione Europea hanno portato
le finalità economiche dell'Unione sempre più al centro
dell'attenzione. Hanno assunto priorità la crescita
economica, il miglioramento dello standard di vita,
l'espansione dei sistemi di protezione sociale e il
completamento del mercato comune.
Ma con il crescere del numero di stati membri, sono
cresciute anche le differenze economiche e sociali
- parallelamente alle aspettative dei cittadini della
UE. Col tempo, è diventato sempre più evidente che
l'integrazione economica - a prescindere da quanto,
unita alle sue conseguenze politiche, possa essere
importante - è incapace di sostituire le forze di
natura politica che, originariamente, mossero l'integrazione
e la coesione europea.
Questo è il motivo per cui gli obiettivi formulati
alcuni anni fa dal Consiglio di Lisbona - fare dell'Europa
la regione economica più competitiva nel 2010, fissare
nel 70% la quota di partecipazione al lavoro e contemperare
crescita stabile, ricchezza e giustizia sociale -
sono, di fatto, scomparsi dalla coscienza pubblica.
Non solo questi obiettivi sono stati superati dagli
eventi, è che essi non fanno nulla per tenere più
insieme l'Europa. Non creano e non possono creare
la coesione interna necessaria all'Unione Europea;
né, in effetti, le sole forze economiche possono assicurare
coesione ad una qualche identità politica. Per funzionare
come un sistema politico efficace e vitale, l'Unione
Europea ha bisogno di fondamenta più salde.
Non è una coincidenza che l'integrazione economica
si sia rivelata insufficiente a guidare la riforma
politica europea. Semplicemente, l'integrazione economica,
di per sé, non conduce all'integrazione politica perché
i mercati non possono produrre una solidarietà
politica resistente. La solidarietà - un
senso genuino di comunità civica - è vitale poiché
la competizione che domina lo spazio del mercato innesca
potenti forze centrifughe. I mercati possono creare
la base economica di un sistema politico e sono perciò
una condizione indispensabile della sua esistenza.
Quello che i mercati da soli non possono fare è produrre
integrazione politica e fornire all'Unione un'infrastruttura
complessiva. L'aspettativa originaria, secondo cui
l'unità politica della UE non sarebbe stata che una
conseguenza del mercato comune europeo, si è dimostrata
illusoria.
In effetti, il dibattito corrente sulla riforma
del Patto di Crescita e Stabilità dell'Unione mostra
ancora una volta che l'integrazione economica, simbolizzata
dal varo dell'euro, può continuare ad essere la base
dell'ordine politico europeo se è seguita nell'Unione
da una più profonda integrazione politica. Un'unione
monetaria significa una politica economica comune.
Ma quando le forze coesive nutrite dai comuni successi
economici si indeboliscono o vengono messe in ombra
dalla competizione interna, una politica economica
comune richiede l'integrazione politica, cioè un livello
di coesione interna che rimanga anche quando gli interessi
economici divergono.
Quello che l'unione politica dell'Europa richiede
è una coesione politica, una comunità
fondata su basi politiche attraverso legami di solidarietà.
Il futuro dell'Unione e le dimensioni della sua integrazione
politica saranno decise dal darsi o meno di queste
forze politiche e dalla loro capacità di mostrarsi
efficaci in tempi di crisi.
5. Col riconoscere questa circostanza,
i popoli dell'Unione Europea hanno consapevolmente
intrapreso il cammino dell'integrazione politica.
Ma quanta integrazione politica è necessaria e quanto
politicamente potente dovrebbe diventare, l'Unione
Europea? A quale scopo l'Unione Europea deve acquisire
la capacità di agire dal punto di vista politico?
5.1 In primo luogo, perché un ordine
economico non si evolve mai in un ambiente valorialmente
neutro. Ha bisogno di una cornice legale e della relativa
protezione, di uno sviluppo delle istituzioni necessarie
e, infine, della formalizzazione e garanzia, da parte
dello stato, di quegli standard e di quei doveri che
sono riconosciuti e condivisi dalle persone. Un ordine
economico efficace ed equo deve anche essere incardinato
(embedded) sulla morale, sui costumi e sulle
speranze degli esseri umani, così come sulle istituzioni
sociali. In questo senso, il modo in cui la più estesa
area economica - il mercato comune - si armonizza
con i valori dei cittadini europei, in tutto il loro
potenziale di varietà, non è un mero problema accademico;
è un problema fondamentale e di natura politica. Il
costante bisogno di rendere l'espressione politica
dell'Europa corrispondente ai valori dei cittadini
europei è tanto importante quanto il funzionamento
dello stesso mercato comune.
5.2 In secondo luogo, questo problema,
la cui piena portata si è resa evidente con il completarsi
del mercato comune, richiede istituzioni politiche
con funzioni legislative, amministrative e giudiziarie.
Solo sviluppando istituzioni del genere (per esempio,
una struttura di governance economica in grado di
gestire l'unione monetaria) e assicurando la loro
piena legittimazione può essere creata un'entità politica
efficace e vitale. Il processo costituzionale dell'Europa
e la successiva adozione del Patto costituzionale
fornirà, ci si aspetta, una forte legittimazione all'impianto
istituzionale di un'Europa fondata su basi politiche.
Il Patto è mirato a definire l'unità politica dell'Unione.
5.3 In terzo luogo, l'Unione necessita
della capacità di agire politicamente anche per affrontare
una miriade di nuove questioni:
- superare le conseguenze dell'invecchiamento della
popolazione europea;
- gestire, sotto il profilo politico e legale, il
desiderio di immigrare nell'Unione nutrito da persone
provenienti da tutto il mondo;
- trattare le disuguaglianze crescenti che sono la
diretta conseguenza tanto dell'aumento dell'immigrazione
quanto dell'espansione dell'Unione;
- preservare la pace in un mondo globalizzato.
6. Ma dove trovare le forze coesive
adatte alla nuova Unione politica, se l'unità di interessi
prodotta dall'integrazione economica non è più sufficiente?
Crediamo che le vecchie forze che animarono l'unificazione
europea non siano più abbastanza potenti da fornire
un'autentica coesione politica e che, per questo motivo,
le nuove fonti di energia debbano essere cercate
e trovate nella cultura comune dell'Europa.
Ciò non significa, ovviamente, che le forze che hanno
lavorato finora non giocheranno in futuro alcun ruolo.
Ma ciò che oggi è cambiato è l'impatto relativo di
queste forze coesive, e il loro contributo relativo
alla futura unità dell'Europa. Con la perdita di efficacia
delle vecchie forze di integrazione - desiderio di
pace, minacce esterne e crescita economica - il ruolo
della cultura comune dell'Europa - il fattore spirituale
dell'integrazione europea - crescerà inevitabilmente
di importanza in quanto fonte di unità e di coesione.
Allo stesso tempo, il significato della cultura europea
deve essere meglio inteso e reso politicamente efficace.
Una semplice lista dei valori comuni europei non è
abbastanza per fondare l'unità europea, per quanto
la carta dei diritti fondamentali nella Costituzione
dell'Unione vada in questa direzione. Ciò vale perché
ogni tentativo di codificare i "valori europei" deve
fare i conti con una varietà di declinazioni divergenti
su base nazionale, regionale, etnica, settaria (sectarian)
e sociale. Questa diversità di interpretazioni non
può essere eliminata da un trattato costituzionale,
anche se sostenuto dalla legislazione e dall'interpretazione
giudiziaria.
Eppure, nonostante tali difficoltà a livello di
definizione, non ci può essere dubbio circa l'esistenza
di uno spazio culturale europeo comune: un insieme
di tradizioni, ideali e aspirazioni, spesso intrecciati
e al contempo in tensione reciproca. Si tratta di
tradizioni, ideali e aspirazioni che ci tengono all'interno
di un contesto condiviso e fanno di noi degli "Europei":
cittadini e popoli capaci di una unità politica e
di una costituzione che tutti riconosciamo e percepiamo
come "europea".
Il comune spazio culturale europeo non può essere
nettamente definito e delimitato: i suoi confini sono
necessariamente aperti, non per nostra ignoranza,
ma in linea di principio - perché la cultura europea,
quindi l'Europa stessa, non è un "fatto". E'
un obiettivo e un processo.
Cos'è la cultura europea? Cos'è l'Europa? Si tratta
di questioni che devono essere continuamente riproposte.
Poiché parliamo dell'Europa del presente, e non semplicemente
di quella del passato, a queste domande non si possono
dare risposte valide una volta per tutte. L'identità
dell'Europa è qualcosa che deve essere negoziato dai
suoi popoli e dalle istituzioni. Gli Europei possono
e devono adattare se stessi e le proprie istituzioni
in modo che i valori, le tradizioni e le concezioni
di vita europei possano continuare a vivere e risultare
incisivi. Allo stesso tempo, l'Unione e i suoi cittadini
devono far sopravvivere i propri valori quali fondamento
di un'identità comune in un contesto di cambiamenti
continui.
L'Europa e la sua identità culturale, così, dipendono
da un costante confronto con il nuovo, con il differente,
con l'estraneo. Perciò la questione sull'identità
europea troverà in parte una risposta con le leggi
sull'immigrazione, in parte con gli accordi sui termini
di accesso dei nuovi membri. Nessuno di questi due
aspetti - leggi sull'immigrazione o termini di accesso
- può essere determinato a priori sulla base di definizioni
fisse, statiche, come avessimo un catalogo di "valori
europei".
7. Se l'Europa non è un fatto, ma
un obiettivo, non possono neppure esserci confini
fissi, definiti una volta per sempre, siano essi interni
o esterni. Anche i confini dell'Europa devono essere
continuamente rinegoziati. Non sono, allora, i confini
geografici o nazionali a definire lo spazio culturale
europeo - è piuttosto quest'ultimo che definisce lo
spazio geografico europeo, uno spazio che è per principio
aperto.
Ciò significa anche che il comune spazio
culturale europeo non può essere definito in opposizione
alle culture nazionali. I contadini polacchi
e gli operai inglesi non dovrebbero vedere la "cultura
europea" come qualcosa di estraneo o persino di minaccioso.
Per lo stesso motivo la cultura europea non
può essere definita in opposizione a una particolare
religione (come l'Islam). Ciò che costituisce
il contenuto della "cultura europea" non è una questione
filosofica che può essere risolta a priori; né è semplicemente
una questione storica. E' una questione che chiama
in causa decisioni politiche che cerchino di far valere
il significato della tradizione in relazione ai futuri
problemi che l'Unione Europea deve affrontare.
8. La cultura europea, quello spazio
aperto che deve essere sempre ridefinito, non assicura,
di per sé, un'unità europea. Quell'unità richiede
anche una dimensione politica e le relative decisioni.
Ma la cultura comune europea è ciò che dà alla politica
l'opportunità di trasformare l'Europa in un'entità
politica unificata.
L'unità dell'Europa non è, in ogni
caso, solo un problema politico.
La politica può creare solo le condizioni di base
per l'unificazione europea. L'Europa è, di per sé,
molto di più che un artificio politico. E' piuttosto
un complesso - una "cultura" - di istituzioni, idee
e speranze, abitudini e sentimenti, attitudini, memorie
e prospettive, di elementi che formano una "colla"
capace di legare assieme gli Europei - sono tutte
queste dimensioni che formano la base su cui si deve
reggere una costruzione politica. Questo mix - di
cui possiamo parlare come della società civile europea
- è al cuore dell'identità politica. E' questo che
definisce le condizioni per il successo della politica
europea nonché i limiti dello stato e dell'intervento
politico.
Per rafforzare la coesione necessaria all'unità politica,
la politica europea deve allora sostenere l'emergere
e lo sviluppo di una società civile in Europa. E'
attraverso le istituzioni della società civile che
la nostra comune cultura europea può diventare una
realtà. Ma ciò significa altresì che le istituzioni
della politica e dello stato devono essere pronte
a riconoscere i propri limiti.
Questa auto-limitazione implica che la cultura politica
dell'Europa deve essere compatibile con il senso di
comunità radicato in una comune cultura europea. Per
potersi rifare legittimamente a una cultura e ad una
storia comuni, le istituzioni politiche europee devono
conformarsi alle aspettative generate dalla tradizione
culturale europea. In particolare, l'esercizio del
potere politico deve essere basato su una leadership
politica persuasiva e trasparente, invece che esprimersi
attraverso un'azione burocratica di incerta legittimazione.
La decentralizzazione della discussione pubblica e
dei processi decisionali è di particolare importanza.
In effetti, solo la decentralizzazione può rendere
giustizia alla varietà culturale ed alla ricchezza
di forme di organizzazione sociale che costituiscono
la società civile europea.
9. Se i popoli europei devono crescere
insieme in un'unione politica funzionante, le persone
devono essere preparate ad una solidarietà
europea. Questa solidarietà deve essere più
forte della solidarietà universalistica che lega (o
dovrebbe legare) tutti gli esseri umani e che è implicita
nell'idea di aiuto umanitario.
La solidarietà europea - la disponibilità a mettere
mano al portafogli e a vincolare la propria vita a
quella degli altri perché anche loro sono Europei
- non è qualcosa che può essere imposta dall'alto.
Deve essere qualcosa di più di una solidarietà
istituzionale. Deve essere sentita dagli
Europei, ma in quanto individui. Quando non c'è solidarietà
individuale, la solidarietà di carattere
istituzionale non basta per tenere a galla un sistema
politico.
Le tendenze politiche, economiche ed intellettuali
degli ultimi decenni - non ultimo l'aumento dell'individualismo
- hanno portato ad una erosione di molte forme di
solidarietà sociale. La crisi del welfare state può
essere intesa come la conseguenza di questa parabola.
Tale erosione può anche essere percepita nel contesto
del recente allargamento dell'Europa: si riflette
nella diminuita volontà - rispetto alle precedenti
espansioni - tra i cittadini dei vecchi stati membri
di dare una mano, economicamente e politicamente,
ai nuovi arrivati.
Il rafforzamento della solidarietà pan-europea è
uno dei più importanti obiettivi politici a lungo
termine. Nel perseguirlo, non dovremmo lavorare con
l'illusione che il deficit di solidarietà possa essere
colmato da sole misure istituzionali. Piuttosto, queste
devono essere sostanziate dalla disponibilità da parte
della popolazione a mettere in gioco il proprio spirito
di solidarietà. In questa luce, è importante conferire
alla solidarietà una dimensione attiva e puntata sul
futuro, non passiva e retrospettiva: dobbiamo definirla
nei termini dei nuovi obiettivi che l'Europa deve
affrontare - piuttosto che in relazione a standard
acquisiti nel passato circa la condivisione della
nostra ricchezza con chi è membro dell'Unione.
10. Una sfide particolare alla
solidarietà europea è posta dall'espansione dell'Unione
in Paesi che facevano parte dell'impero sovietico.
Il modo in cui verrà affrontata tale sfida sarà decisivo
per il futuro dell'Europa.
Questa espansione come cambierà le condizioni della
solidarietà europea? Cosa porteranno i nuovi membri
alla tavola comune? Saranno, come molti temono, dei
semplici consumatori, e rallenteranno - loro, traumatizzati
dal totalitarismo e senza una forte tradizione illuministica
- o persino bloccheranno il processo di democratizzazione
dell'Unione? Frustreranno, a causa di una vicinanza
agli Stati Uniti determinata da ragioni storiche e
strategiche, le aspirazioni dell'Europa a una politica
estera comune? O invece i nuovi membri non esporranno
solamente l'Unione a nuovi pericolo, ma apriranno
anche nuove opportunità?
L'anno 1989 ha proiettato l'Europa in una nuova
era. Tale evento non ha solo reso possibile l'allargamento
dell'Europa all'Est ex-comunista. Si è trattato anche
di un arricchimento. Questo è un motivo per cui i
nuovi membri, nonostante la loro debolezza economica,
dovrebbero essere accolti nell'Unione come partner
alla pari. Dovrebbero avere il potere di dare forma
alla nuova unione assieme ai vecchi membri. Ma dobbiamo
anche cercare altri legami, e precisamente la dimensione
europea delle loro tradizioni e delle loro esperienze.
Che l'Unione Europea abbia avuto nel 1989 un'opportunità
storica di rinascita è circostanza dovuta, in buona
parte, alle sollevazioni rivoluzionarie delle persone
dell'Europa dell'Est sottoposta a regime comunista.
Quelle rivoluzioni hanno dimostrato la forza della
solidarietà di una società civile.
Sono la migliore prova che un autentico realismo politico
deve tenere conto dell'esistenza di questo tipo di
vincoli - e non limitarsi a considerare gli interessi
sull'aspetto materiale delle istituzioni politiche.
11. Nella ricerca di forze capaci
di garantire coesione e identità nell'Unione Europea,
la questione del ruolo pubblico delle religioni
europee (European religions) è particolarmente
importante.
Nel giro di pochi secoli, le società democratiche
europee, sulla scorta di esperienze tragiche, hanno
cercato di rimuovere la religione dalla sfera pubblica.
La religione è stata considerata, a buon diritto,
fattore di divisione, non di conciliazione. Può darsi
che oggi valga la stessa cosa, ma le religioni europee
hanno anche la potenzialità di unire le persone, invece
che separarle.
Crediamo che la presenza della religione nella sfera
pubblica non possa essere ridotta al ruolo pubblico
delle Chiese o alla rilevanza sociale di prospettive
esplicitamente religiose. Le religioni sono state
a lungo una componente inseparabile delle diverse
culture dell'Europa. Sono attive sotto la scorza delle
istituzioni politiche e statali; inoltre, hanno ricadute
su società e individui. Ciò che ne risulta è un'inedita
ricchezza di forme religiose intrecciate a significati
culturali.
Persino in Europa, dove modernizzazione e secolarizzazione
sembrano andare a braccetto, è inconcepibile una vita
pubblica senza religione. Il potere di promuovere-comunità
delle fedi religiose europee dovrebbe essere sostenuto
ed impiegato a sostegno della coesione della nuova
Europa. Gli annessi rischi, certo, non dovrebbero
essere trascurati. Essi includono la possibile invasione
della sfera pubblica da parte delle istituzioni religiose,
così come la minaccia che la religione possa essere
usata per giustificare conflitti etnici. Deve essere
ricordato che molti conflitti apparentemente religiosi
hanno cause sociali o politiche, e che possono essere
risolti con interventi sociali prima che assumano
connotazioni religiose.
Le questioni riguardanti il ruolo pubblico delle
religioni in Europa è tornato a galla di recente a
causa delle guerre balcaniche, dell'immigrazione musulmana
in Europa e (in modo molto meno drammatico) a causa
della prospettiva di un ingresso della Turchia nella
UE. E' su questo sfondo che la questione della
rilevanza politica dell'Islam diventa prioritaria.
Certo, è difficile negare che la crescente presenza
delle diverse forme di Islam nello spazio pubblico
dell'Europa sia portatrice di nuove opportunità come
di nuovi pericoli per l'integrazione europea. Potenzialmente,
tale circostanza rimette in questione le idee prevalenti
circa lo spazio pubblico europeo. Tra i Musulmani
europei, d'altro canto, vi è una tendenza a staccare
la loro religione dallo specifico contesto culturale
e sociale delle loro patrie, e ciò potrebbe avere,
sempre potenzialmente, conseguenze pericolose. Ma
l'unica strada percorribile verso una soluzione dei
problemi posti dall'Islam in Europa sta nel comprendere
le conseguenze del trapianto dell'Islam in un contesto
europeo, non in una giustapposizione frontale di due
astrazioni, l'"Europa Cristiana" e l'"Islam".
12. Qual è l'impatto del significato
intellettuale e culturale dell'Europa sul
ruolo dell'Europa nel mondo? Finché l'Europa
riconosce i valori inerenti alle regole che costituiscono
l'identità europea, quei valori stessi renderanno
impossibile agli Europei non riconoscere il dovere
di solidarietà verso i non-Europei. Questa solidarietà
definita su scala globale impone all'Europa l'obbligo
di contribuire, secondo le sue capacità, ad assicurare
la pace nel mondo e a combattere contro la povertà.
Ma malgrado questa vocazione globale, non ci può essere
giustificazione per un tentativo di imporre ad altri
popoli, magari con l'aiuto delle istituzioni di una
politica estera e di difesa comuni, un qualche specifico
catalogo di valori.
Il dilemma fondamentale di una politica estera europea
consiste nella tensione tra la logica della pace e
la logica della coesione. L'Europa si vede come una
zona di pace e insieme come una comunità di valori.
Questo dilemma non può essere risolto a priori. Non
c'è un'essenza dell'Europa, non c'è una lista fissa
di valori europei. Non c'è una "finalità" nel processo
di integrazione europeo.
Ottobre 2004
[trad. di René Capovin]
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