Un approccio più maturo e consapevole
degli italiani verso i media: è questo l’aspetto
più rilevante emerso dal IV Rapporto Censis/Ucsi
sulla comunicazione in Italia presentato, in relazione
sintetica, il 29 ottobre all’Istituto Universitario
“Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Nella
Sala degli Angeli, il rapporto è stato illustrato
dal Responsabile Settore Comunicazione Censis, Raffaele
Pastore, con le conclusioni di Giuseppe De Rita, Segretario
Generale del Censis, e di Emilio Rossi, Presidente Comitato
Tv e minori. L’evento si è svolto in collaborazione
con Mediaset, Mondadori, Ordine dei Giornalisti, Rai
e Telecom, nella sede universitaria che quest’anno
ospita la prima scuola di giornalismo del Sud.
“La proliferazione dell’offerta –
ha dichiarato Giuseppe De Rita – crea un desiderio
di arbitraggio da parte dell’utente che alla
sovraesposizione mediatica e informatica reagisce
creandosi un proprio palinsesto fatto di molti frammenti
in base ai suoi gusti, alle sue esigenze e scale di
valori”. Quindi la percezione che il pubblico
sia sempre più in grado di scegliere, di possedere
capacità critica e di avere un rapporto lucido
con i media è più forte.
La ricerca, condotta su un campione rappresentativo
di quarantanove milioni di italiani tra i quattordici
e gli ottantacinque anni, si divide in otto rapporti
tematici sui singoli media: televisione, tv satellitare,
radio, stampa (quotidiani, mensili e settimanali ),
libri, Internet, telefonia mobile. L’indagine,
accurata e presentata in forma letteraria, soprattutto
nei commenti/epilogo ad ogni singolo segmento del
rapporto, evidenzia quali sono le aspettative delle
persone nei confronti dei media.
Per la televisione: il 70 % degli italiani la segue
per vedere il programma preferito, oppure il tg preferito
(27%). Ma se il 42% si accorge che non v’è
in onda nulla di interessante, spegne la tv. “Quello
che ci ha positivamente sorpreso – commenta
Raffaele Pastore – è l’approccio
maturo che gli italiani hanno con i media. Non è
vero che la televisione viene usata in maniera indiscriminata
e passiva. Così come la televisione satellitare
non attira più di tanto per ragioni fondamentali
come il costo elevato e l’offerta culturale
limitata. Gli italiani non contrappongono la televisione
tematica a quella generalista, che possiede contenuti
accessibili a tutti”.
Difatti il 13,5% degli italiani dichiara che il suo
programma preferito viene trasmesso dalla tv tradizionale;
il 12,5% che la tv satellitare non propone un’offerta
interessante. Il 42,4% lamenta l’alto costo
dell’abbonamento e il 30,3% la spesa per l’antenna
e il decoder.
Sono state però le risposte sui reality
show a scatenare la reazione esasperata della
stampa che ha puntato l’attenzione su quel 36,9%
che afferma di non guardarli affatto, insieme al 25,0%
che dice di non sopportarli, considerando questi dati
un attacco ai reality show.
“Questa reazione della stampa – dichiara
Pastore – la dice lunga sul funzionamento corretto
dei media. Otto milioni di italiani vedono i reality
show; gli altri 40 milioni non li vede per tanti
motivi, ma non è che non guardino la televisione!
Questo discorso, così semplice e logico, non
è stato compreso. Il Censis non fornisce dati
diversi dall’auditel, che misura quante persone
vedono un programma ma non chiede perché lo
vedano. Noi invece questo sfizio ce lo siamo tolto”.
E allora, il 14,8% degli intervistati afferma di
vedere i reality show perché si affeziona
ai protagonisti, il 14,2% perché sono divertenti
anche se finti; un altro 14,2% li guarda perché
ci sono persone simpatiche e un 11,6% perché
tutti ne parlano. Il discorso è davvero semplice:
questi dati sono il risultato di uno studio sui fenomeni
dei media e della comunicazione, di una riflessione
attenta che ignora il puro indice d’ascolto.
Ma la vera rivoluzione digitale per il Censis è
il telefono cellulare che “mi mette in contatto
con chi voglio e quando voglio”, secondo ben
l’82,5% degli italiani. La telefonia mobile
ha modificato, per il 64% delle persone, anche il
rapporto con il telefono di casa, al quale molti hanno
rinunciato e, secondo il Censis, siamo di fronte ad
un fenomeno tutt’altro che marginale. Il 46,4%
dichiara di non aver modificato il proprio rapporto
con la rete fissa da quando ci sono i cellulari ma,
a sentire i giovani che preferiscono usare gli sms
piuttosto che telefonare da casa, il dato cala al
32,9%.
“Il cellulare è l’unico mezzo
capace di penetrare in modo straordinario la popolazione,
anche se il 61% delle persone non utilizzano tutte
le funzioni che possiede - dice Pastore. La domanda
e l’offerta combaciano al momento dell’acquisto
ma si dividono al momento dell’uso del cellulare,
limitato quasi sempre alle telefonate e agli sms,
insomma, alla semplice comunicazione. Evidentemente,
secondo il Censis, l’offerta è accattivante
ma troppo sofisticata ed anche un po’ impropria;
“in fondo – continua il responsabile della
comunicazione – non è gratificante vedere
una partita di calcio sul telefonino, meglio la Domenica
Sportiva alla tv. Quindi il successo dei cellulari
è dovuto alla loro grande capacità di
comunicazione e alla grande oralità degli italiani”.
Un successo che non ha avuto Internet invece, nonostante
l’infinita capacità comunicativa che
esso offre. Ciò a causa delle condizioni che
si impongono: una minima conoscenza dell’informatica
e la barriera tecnologica del PC. L’indagine,
condotta sulle due fasce d’età in cui
è più usata la Rete, cioè tra
i 14/17 anni e i 30/44 anni, rileva che gli uomini
adulti ed istruiti usano Internet per raccogliere
informazioni su qualunque argomento; i giovanissimi
si divertono a navigare; le donne adulte ed istruite
attraverso Internet usufruiscono di servizi a distanza;
alle donne giovanissime Internet piace perché
offre la possibilità di mettersi in contatto
con tante persone in ogni parte del mondo.
Mentre il cellulare dà una sensazione di libertà
per la comunicazione semplice ed immediata, Internet
dà un senso di onnipotenza, di poter fare tutto
e arrivare dappertutto. "Internet dà l’illusione
di annullare le due variabili paradigmatiche della
nostra vita: il tempo e lo spazio – commenta
Pastore – Tutto ciò che dà la
sensazione di governare questi unici beni che non
si possono comprare, ha un successo immediato”.
Cosa cercano invece gli italiani nei quotidiani?
Il bisogno di capire meglio le questioni che interessano
(36,8% ); per il 29,4% invece, leggere il quotidiano
è semplicemente un’abitudine e per il
28,9% il quotidiano viene letto perché qualcuno
in casa lo compra. Di sicuro, gli uomini sono più
vicini al giornale di quanto lo siano le donne e i
ragazzi. Per il Censis il quotidiano è un “medium
dal profilo maschile/adulto”.
“Le donne hanno un rapporto più emozionale
con i media – spiega Raffaele Pastore - mentre
il quotidiano è l’emblema della razionalità,
dell’informazione veloce, dell’utilità.
In tutto ciò rispecchia la natura maschile.
Le donne recuperano gli stessi contenuti del quotidiano
dalla televisione, dai libri, dalla stampa specializzata
femminile, che è di prim’ordine”.
Ma, sottolinea il Censis, la considerazione importante
è che il quotidiano dovrebbe abbandonare la
politica dello scoop e offrire una qualità
della notizia assumendo una dimensione autorevole
dell’informazione, come fanno molti quotidiani
europei.
Per i settimanali e i mensili invece sono proprio
i contenuti a motivare la scelta di acquisto (52,7%
). Quindi settimanali e mensili sono legati agli interessi
di chi li legge. Ed anche se subiscono un po’
la concorrenza di altri media quali tv ed Internet,
si reggono saldamente sulla fedeltà di un pubblico
colto e adulto.
Un dato sconfortante arriva dal fronte libri: più
della metà degli italiani non li legge e meno
di un terzo ne legge tre in un anno. Ma il Censis,
che ha fondato la propria ricerca sul perché
si usano i media, fa sapere che il 41,2% acquista
un libro in base al suo genere, il 38,2% in base all’autore,
il 29,0% per l’argomento trattato. Le donne
prediligono l’autore, gli uomini il genere.
La conclusione è che bisogna avere confidenza
con i libri per usarli e quindi leggerli.
L’aspetto che più incanta invece, riguarda
i giovanissimi che con i media hanno un rapporto prevalentemente
ludico ma non privo di contenuti. Questo equilibrio
tra leggerezza e autorevolezza può essere l’esempio
di una corretta e piacevole relazione tra i media
e il pubblico in generale. "E’ vero che
i giovani selezionano i media in base al divertimento
– conclude Pastore – ma non chiedono soltanto
quello. Perché se qualcuno è capace
di confezionare dei contenuti seri e autorevoli e
di trasmetterli in modo giocoso e gioioso, avrà
tutto l’apprezzamento e l’attenzione da
parte dei giovani”.
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