La campagna elettorale vincente di Bush
porta la firma di Karl Rove. Classe 1950, una carriera
universitaria non particolarmente brillante, da sempre
al fianco del presidente, nelle recenti vittorie ma
anche nelle passate sconfitte, a Rove è da sempre affidato
il compito di portare voti alla causa George W. e questa
volta, sul successo alle presidenziali, la sua firma
pesa come un macigno. Le chiavi di volta della campagna
elettorale del presidente americano ce le spiega Rita
Di Leo, docente alla Facoltà di Sociologia della Sapienza
di Roma, rintracciandone, su tutte, due: "Da una parte
ha pesato sull'esito delle elezioni l'importanza data
dall'amministrazione Bush all'anima religioso-conservatrice
della provincia americana. Ma un altro elemento, sul
quale voglio insistere molto perché è stato poco messo
in rilievo, dipende dal fatto che in questi ultimi quattro
anni Karl Rove, organizzatore della campagna elettorale
di Bush, si è comportato come il segretario organizzativo
di un partito europeo degli anni Sessanta-Settanta,
cioè ha cercato e ottenuto il controllo del territorio
utilizzando sedi del partito repubblicano che in passato
venivano aperte solo in periodo elettorale". Per la
prima volta, continua la professoressa Di Leo, funzionari
repubblicani, giovani attivisti, studenti "sono stati
inviati nelle campagne e nel cuore della provincia americana,
dove mai nessun rappresentante politico di una o dell'altra
parte era mai arrivato di persona. È stato un momento
basilare che secondo me verrà studiato non appena si
saranno raffreddati un po' gli animi".
E' stato qualcosa di molto diverso dal solito attivismo democratico che si anima ad ogni tornata elettorale: "la mobilitazione dei volontari democratici è diretta verso gli ispanici, i neri, gli ebrei, ma è una mobilitazione tradizionale per la campagna elettorale americana, i democratici hanno iniziato a muoversi tre mesi prima delle elezioni e hanno smesso una volta conosciuti i risultati. Da parte repubblicana abbiamo invece assistito a una cosa molto diversa, un comportamento scientemente voluto, studiato, organizzato e portato avanti da Karl Rove, una novità assoluta per la scena politica americana".
Una macchina elettorale studiata a tavolino e fatta girare per il territorio degli Stati Uniti fino alla conferma del presidente Bush. Una conferma che premia le scelte di un America che si è sempre dimostrata ostile allo spirito europeista, a un ruolo da protagonista per l'Unione Europea sulla scena internazionale. Questo sentimento Rita DI Leo lo ha descritto, raccontato e spiegato a chiare lettere nel suo recente libro Lo strappo atlantico. America contro Europa (Laterza, 2004). Al supposto antiamericanismo che anima gli spiriti europei, la Di Leo contrappone invece il sentimento chiaramente ostile all'idea di Europa che ha mosso la politica della presidenza Bush appena conclusa. Possiamo aspettarci un atteggiamento diverso per i prossimi quattro anni?
"Molto dipenderà dalla scelta del nuovo Segretario di Stato e del nuovo Ministro della Difesa. Sembra che Rumsfeld sia destinato ad abbandonare l'incarico e che Condoleeza Rice prenderà il posto di Colin Powell. In generale si può pensare che la seconda vittoria di Bush non porterà che a un atteggiamento di ulteriore marginalizzazione dell'Europa. Questo non va visto del tutto come un male. Noi europei dobbiamo compiere una svolta, dobbiamo deciderci ad agire con maggiore unità. L'atteggiamento di consolidamento antieuropeo dell'amministrazione Bush, che negli ultimi quattro anni è stato costante, forse potrebbe servire a darci una spinta in questa direzione. Non è un'opinione solo mia, "The Guardian", "Le Monde" e "El Pais" si sono espressi più o meno in questa direzione: è necessario che l'Europa si comporti in modo più unitario nei confronti della nuova-vecchia amministrazione Bush".
(mauro buonocore)
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