263 - 16.10.04


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La barca americana può cambiare rotta
Walter Veltroni


Prefazione di Walter Veltroni al libro di Robert B. Reich, Perché i liberal vinceranno ancora, Fazi editore, 2004, pagg. 255, euro 19,00

Ci sono due espressioni, estremamente sintetiche e chiare, che ricorrono in questo libro e che in fondo spiegano nel modo migliore la differente visione della politica e del mondo tra conservatori radicali - i radcons, come li definisce Robert Reich - e liberal americani.

La prima è «noi e loro», e per i radcons, ormai egemoni all'interno del Partito Repubblicano, serve a separare con una certezza assoluta e ideologica il bene dal male, l'America dal resto del mondo, ma anche, all'interno della stessa America, chi possiede potere, ricchezza e benessere da chi appartiene agli strati sociali più bassi e ha difficoltà ad andare avanti, così come chi ha valori e fede da chi non ha principi morali e religiosi. «Tutto o niente. Con noi o contro di noi. Per i radcons è molto semplice»: così scrive Reich, ed è molto interessante il ritratto che egli fa in queste pagine di una vera e propria ideologia che da vent'anni è in ascesa, è arrivata al massimo del potere con l'amministrazione di George W. Bush e ha trovato piena applicazione pratica con la guerra "preventiva" e l'intervento in Iraq. Un'ideologia che, attenzione, per Reich non è affatto destinata a scomparire nel caso in cui il presidente in carica perdesse le elezioni del novembre 2004, perché è un fenomeno molto vasto, che parte da lontano, che ha messo radici profonde nel sistema economico e politico degli Stati Uniti.

La seconda espressione è «siamo tutti sulla stessa barca», ed è quella che serve a sintetizzare la cultura liberal e io penso, più ampiamente, la cultura dei democratici americani, tanto che fu Bill Clinton ad adoperarla nel 1992, durante la sua prima vittoriosa campagna elettorale, e a ribadirla nella convention di Boston che ha ufficialmente designato John Kerry e John Edwards come il ticket che sfiderà George W. Bush. Per Reich, che non a caso con Clinton ha lavorato, facendo parte del suo esecutivo come segretario del Lavoro, «siamo tutti sulla stessa barca» significa porsi, ovviamente, del tutto agli antipodi rispetto al darwinismo sociale e all'unilateralismo in campo internazionale proprio dei radcons. Significa pensare non alle "due Americhe" che i radcons con le loro politiche - con i tagli ai servizi sociali e ai fondi per la scuola, privatizzando in maniera selvaggia la previdenza, riducendo le tasse dei ricchi - hanno finito per creare, ma a una sola e salda comunità, a un'America unita. Unita al proprio interno, capace cioè di aumentare il benessere di tutti, e non solo di chi possiede già molto e dei privilegiati. Unita al resto del mondo, perché capace di seguire la via della cooperazione internazionale, l'unica, peraltro, in grado di sconfiggere davvero il terrorismo globale.

E qui sono davvero molto efficaci i passaggi in cui Reich sottolinea come i liberal e in generale i democratici non debbano aver timore di prendere in mano la bandiera del patriottismo, che è alla base dello spirito americano e che deve essere rivendicato contro la distorsione che ne fanno i radcons. Il loro, dice Reich, è un «patriottismo negativo», che serve solo ad alimentare le paure e a mantenere le divisioni, che è fatto solo di vessilli, parate e appelli retorici, senza un corrispondente vero amore per la cosa pubblica, senza un vero senso della moralità che porti, tanto per cominciare, a compiere il proprio dovere nei riguardi del fisco e a evitare il propagarsi di corruzione e scandali finanziari. Anche qui per Reich c'è la possibilità di cambiare rotta, di attingere a quello spirito che permise al democratico Roosevelt di salvare il paese negli anni della Grande Depressione o al democratico Kennedy di impedire che il mondo sprofondasse nell'incubo nucleare durante la crisi dei missili a Cuba del '62. I radcons restano fermi, vogliono restare fermi, agli anni Sessanta, da loro odiati, per dire che i liberal e per estensione tutti i democratici sono inveterati pacifisti sempre pronti a dare la colpa all'America e indecisi di fronte al terrorismo.

Non è affatto così, sostiene Reich. C'è un «patriottismo positivo» che ha, appunto, esempi importanti nella storia dei liberal e dei democratici americani e che anche oggi sta a loro far vincere, nel segno del multilateralismo e dell'interdipendenza, del lavoro insieme agli altri partner della comunità internazionale, per affrontare le minacce del nostro tempo e anche per ridurre la povertà globale e il degrado dell'ambiente. Perché la povertà globale non è certo la causa diretta del terrorismo, ma è vero, come scrive Reich, che «ci illudiamo decisamente se pensiamo che non vi sia una relazione tra la povertà del Terzo Mondo e la diffusione del fondamentalismo islamico».

È questo un altro dei punti di grande interesse del libro di Reich, intellettuale e uomo di governo capace di unire passione, profondità di pensiero e chiarezza, come dimostrano anche queste pagine. Leggerle aiuta a capire quanto vasta sia la distanza che negli Stati Uniti separa due culture politiche e due schieramenti, e serve a comprendere meglio quanto siano complessi e densi di incognite gli scenari internazionali che oggi abbiamo di fronte, scenari che sembrano davvero delineare una di quelle curve della storia destinate a decidere il futuro non solo dell'America, ma del mondo intero.

 

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