Considerato
eretico sia da parte delle istituzioni religiose islamiche
che da una parte del mondo Occidentale, chi è
veramente Tariq Ramadan? Figlio di esuli egiziani, nato
in Svizzera 42 anni fa, islamologo, Ramadan è
attualmente professore presso le università di
Ginevra, dove vive, e Friburgo. Laureato in letteratura
francese, ha conseguito due dottorati, uno in islamologia
e l’altro con una tesi sulla filosofia di Friedrich
Nietzsche, e ha scritto una quindicina di libri. Muovendosi
a suo agio tra filosofia Occidentale e Corano ha sviluppato
un originale pensiero inserendosi nella corrente riformista
islamica e cercando, attraverso un approccio razionalista,
di riconciliare l’Islam con la modernità.
Quest’anno l’intellettuale ginevrino avrebbe
dovuto tenere un corso presso l’università
dell’Indiana, ma le autorità statunitensi
gli hanno negato il visto d’ingresso per la sua
presunta vicinanza a gruppi islamici radicali. Animatore
del Social forum europeo e collaboratore delle istituzioni
europee sulle questioni dell’integrazione dell’immigrazione
islamica, Ramadan ha sempre condannato l’islamismo
politico fondamentalista. In passato ha preso le distanze
sia dai Fratelli Musulmani, storico gruppo radicale
egiziano, di cui il nonno è stato fondatore e
dirigente, sia dal fratello Hani, membro del Centro
islamico di Ginevra sospettato di avere legami con Al-Qaeda.
Sulla base di una corretta lettura delle fonti islamiche,
secondo Ramadan, è possibile coniugare Islam
e modernità perché sin dalle origini è
inscritta in esse la distinzione tra spazio religioso
e pubblico. Sviluppare la democrazia nel mondo arabo
è possibile, quindi, solo attraverso un’operazione
culturale che faccia emergere una nuova rappresentazione
del mondo arabo, che imponga l’egemonia di una
corretta interpretazione dei testi sacri e renda finalmente
reale la convivenza tra Allah e uno stato pluralista
e democratico.
“Non esiste affatto contraddizione tra l’ordine
della fede e quello della ragione” scrive Ramadan
nel suo ultimo libro I musulmani occidentali e il
futuro dell’Islam. Ci sono nel Corano principi
immutabili, spiega, ma questi sono numericamente irrilevanti
di fronte alla maggioranza dei versetti “suscettibili
di essere interpretati”. I principi universali
dell’Islam, invece, devono guidare il comportamento
dei musulmani nell’esercizio del loro libero arbitrio
e non essere dogmi.
Una fede, dunque, fondata su valori universali e coniugata
con una cittadinanza attiva che richiede più
che un’integrazione, un vero e proprio radicamento.
È il secondo punto dell’elaborazione di
Ramadan, che invita gli islamici europei e statunitensi
- 30milioni circa - a quella che lui chiama integrazione
d’intimità. Gli islamici devono cioè
smettere di percepire le società occidentali
come globalmente ostili e sentirsi cittadini dei Paesi
d’adozione, nonostante i pregiudizi, le discriminazioni
e il razzismo. Devono rifuggire qualsiasi tentazione
di ripiegamento su se stessi, qualsiasi tentazione ghettizzante
o “comunitarista” contraria al concetto
di cittadinanza democratica. I musulmani europei devono
conquistare la loro “indipendenza intellettuale,
politica e finanziaria” liberandosi da una rappresentazione
dell’Islam distorta e in crisi.
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