I giornalisti lavorano fino a tardi. A volte escono
dalla redazione che è già buio. Il 9 luglio
scorso Paul Khlebnikov, cittadino americano di origine
russa, esce dall’ufficio verso le dieci di sera.
Da quest’anno è il direttore della nuova
edizione moscovita di Forbes. Ha 41 anni e
da quindici lavora per la rivista economica statunitense.
E’ ancora davanti alla sua redazione, in un quartiere
del nord-est di Mosca, quando un uomo che lui non conosce
– così dirà prima di morire –
gli spara contro una raffica di colpi. Quattro di quei
colpi lo raggiungono in pieno. L’uomo scappa su
un’automobile scura. Quando arriva l’ambulanza
non ci sono molte speranze. Paul muore sulla strada
che porta all’ospedale.
Chi era Paul Khlebnikov?
Un
giornalista investigativo, di quelli scomodi. Otto anni
fa aveva pubblicato un articolo intitolato “Il
padrino del Cremlino” in cui accusava Boris Berezovski,
uomo d’affari russo vicino al governo di Eltsin,
di essersi arricchito attraverso le controverse privatizzazioni
degli anni Novanta, di essersi legato alla mafia cecena,
e – infine - di essere implicato nella morte di
un noto responsabile della televisione russa. Dall’articolo
al libro: quattro anni fa l’inchiesta su Berezovski
veniva pubblicata in volume. Nel 2003, però,
la giustizia britannica - chiamata in causa dallo stesso
Berezovski che nel frattempo si era trasferito a Londra
-, definiva le accuse di Khlebnikov infondate e sanzionava
lui e la rivista Forbes. Le minacce erano già
arrivate ma Paul aveva deciso di continuare e aveva
chiesto al suo editore americano di aprire una nuova
edizione per la Russia. Nell’aprile di quest’anno
esce il primo numero. Nel suo editoriale Khlebnikov
scrive: “Sul mercato russo saremo una forza indipendente,
senza legami con nessuna struttura commerciale o con
lo Stato”. Sul numero successivo viene pubblicato
l’elenco dei 100 uomini più ricchi della
Russia. Ci sono tutti: da Roman Abramovich, proprietario
tra l’altro del Chelsea Football Club, a Mikhail
Khodorkovskij, della Yukos, già in carcere per
evasione fiscale, allo stesso Berezovskij. E’
una consuetudine per la rivista Forbes pubblicare
l’elenco dei più ricchi, anche negli Stati
Uniti. Ma in Russia è diverso. E piovono nuove
minacce. Due mesi dopo, Paul Khlebnikov viene ucciso.
Chi ha ucciso Paul Khlebnikov?
Il procuratore generale ha promesso che farà
il possibile per scoprirlo, ma i mandanti, forse, non
si conosceranno mai.
Perché hanno ucciso Khlebnikov? Per le sue inchieste?
Per aver pubblicato l’elenco dei più ricchi?
Perché la libertà di stampa è scomoda.
Leonid Berchidski, editore russo di Forbes,
ha dichiarato che Khlebnikov non si dedicava al giornalismo
investigativo da almeno sei mesi e che, perciò,
potrebbe essersi trattato di una “misura preventiva”.
Il caso Khlebnikov è l’ennesima dimostrazione
che la stampa russa attraversa un periodo delicatissimo.
Secondo il rapporto annuale pubblicato da Reporters
sans frontières nell’ultimo anno si è
assistito a un ulteriore deterioramento della libertà
di stampa. A partire dalle scorse elezioni, la democrazia
russa sembra aver fatto un grosso passo indietro: le
pressioni sui mezzi pubblici e l’ostruzionismo
verso quelli indipendenti sono ormai quotidiani. Solo
lo scorso anno 5 giornalisti sono stati uccisi –
si indaga ancora su moventi e mandanti -, 12 arrestati,
24 attaccati fisicamente, 2 rapiti, 1 è scomparso
e tantissimi sono stati i casi di pressioni, minacce
e violenze denunciati.
Khlebnikov, però, rappresenta un caso delicato:
Forbes è una rivista di proprietà statunitense
che difficilmente accetterà pressioni e minacce,
e chi è morto, stavolta, era un cittadino con
passaporto americano, nato a New York anche se da genitori
russi. E dagli Stati Uniti potrebbero voler vederci
chiaro.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|