260 - speciale agosto 2004


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L’Europa di Le Goff nasce nel Medioevo
Giancarlo Bosetti


Da non perdere l’articolo di Jacques Le Goff sul Nouvel Observateur (l’ultimo numero di luglio, N.2072) dal titolo «L’Europa medievale e noi», perchè ha il dono magistrale della sintesi, tanto più prezioso in una materia così vasta e imprendibile come il Medioevo cristiano. Lui che tanto ha studiato e scritto sulla materia non sempre si concede a generalizzazioni perché sa quanto possano ingannare gli storici e non solo. Qui però il grande studioso prende l’andatura di chi racconta con semplicità la propria storia personale di ricercatore e le «scoperte», le prospettive che gli si sono affacciate lungo il percorso.
Dovendo spiegare il modo in cui il Medioevo ha contribuito al nostro essere Europa di oggi, e al nostro pensare, Le Goff comincia aprendoci gli occhi sul modo in cui nel Medioevo si percepiscono il tempo e lo spazio. Quanto al primo, il tempo, dobbiamo immaginare un mondo in cui categorie come religione o economia non c’erano; il loro uso è un fenomeno estremamente recente. Quanto al secondo, lo spazio, sono messe fuori gioco le storie nazionali e le divisioni che esse portano con sé. La storia del Medioevo è la storia d’Europa, non delle singole nazioni, e quella Europa vi può essere colta come un tutto, un tutto che è situato in un ambiente mondiale. Sono quelli alcuni dei parametri antropologici di quello che Le Goff chiama «il lungo Medioevo», un’epoca che, in contrasto con la scansione tradizionale lui fa partire dal IV secolo e fa arrivare fino al XVIII, cioè dall’antichità tardiva fino alla rivoluzione industriale e alla Rivoluzione francese.
Nella civilizzazione occidentale Le Goff vede un ruolo decisivo nella rete delle università medievali perché il concentrarsi degli intellettuali in quelle istituzioni ha consentito loro di svolgere una triplice funzione: di ricerca, di insegnamento, di intervento sociale. Abelardo è il campione esemplare di questa intellettualità: curioso come i filosofi greci, capace di organizzare la trasmissione scolastica del sapere e anche di assumersi i rischi nello spazio sociale. E di rischi Abelardo ne corse parecchi, non solo pagando duramente e scandalosamente il suo amore per Eloisa (il cui zio Fulberto lo fece chirurgicamente castrare) ma soprattutto sfidando la dogmatica della Chiesa su vari terreni a cominciare da quello insidiosissimo della Trinità.
Nasce nel Medioevo, in sostanza per Le Goff, quel che oggi chiamiamo intelligentsia, e nasce perché solo nel Medioevo se ne creano le condizioni: costruzione di spazi di scambio, lettura, insegnamento, mobilità. Da qui l’avviarsi di un processo di secolarizzazione che riposa su due fattori sociali e culturali fondamentali, che sono alla base della cultura europea: i fattori sociali sono lo sviluppo di una classe intellettuale e di una classe di mercanti. I primi impregnano il mondo religioso e quello scientifico del valore della ragione. I secondi introducono nella vita sociale il principio di un guadagno lecito rispetto all’usura.
Fede e ragione, guadagno ed etica, ecco dove sta per Le Goff l’equilibrio europeo. Che è insieme il prodotto e il motore di una delle grandi tendenze di lungo periodo della storia: il ridursi della presa della religione sulla società. C’è nel Medioevo di Le Goff un inizio di «deperimento» della religione, anche se il politico e il religioso sono incorporati l’uno nell’altro in un sistema di interconnessione dei fenomeni. E non c’è dubbio che anche per Le Goff il bozzolo più inclusivo della vita sociale resta nel Medioevo quello religioso. Tuttavia è proprio il suo famoso studio su San Luigi, il Re Luigi IX, a mostrargli che la formula del re-sacerdote non ha mai funzionato veramente nell’occidente medievale. I re, anche se santi, erano laici.
Lecito aspettarsi, a questo punto, la sua versione di quel che doveva/potrebbe essere il preambolo definitorio dell’identità europea nella Costituzione in via di approvazione. La sua prima esigenza – dice Le Goff – è che il testo contenga il termine «laico» e che stabilisca il principio del rispetto per tutte le religioni e le loro pratiche. La seconda è una formula che menzioni tutte le eredità culturali che hanno fatto l’Europa dopo l’Antichità, «mettendo l’accento sul lascito giudaico-cristiano e sull’importanza del movimento del Lumi. Una tale soluzione sarebbe più conforme alla nostra storia e più soddisfacente di quella alambiccata che la Convenzione ha proposto con tanta fatica».
Anche sull’ingresso della Turchia nell’Unione europea Le Goff ha una opinione ben definita: improbabile a tempi brevi, ma non a causa della religione musulmana (installata da secoli nei Balcani e da decenni tra gli immigrati) bensì per la distanza non solo geografica ma nello sviluppo della democrazia e dei diritti. Sarebbe invece preferibile secondo lui lo sviluppo di accordi preferenziali con i paesi del Nord Africa.
Resta da vedere, aggiungiamo noi, se la entità politica Unione europea debba autodefinirsi in termini di identità ed eredità o se non debba affidare piuttosto il proprio futuro semplicemente alla congruità di un progetto politico.

 


 

 

 

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