Da non perdere l’articolo di Jacques Le Goff sul
Nouvel Observateur (l’ultimo numero di
luglio, N.2072) dal titolo «L’Europa medievale
e noi», perchè ha il dono magistrale della
sintesi, tanto più prezioso in una materia così
vasta e imprendibile come il Medioevo cristiano. Lui
che tanto ha studiato e scritto sulla materia non sempre
si concede a generalizzazioni perché sa quanto
possano ingannare gli storici e non solo. Qui però
il grande studioso prende l’andatura di chi racconta
con semplicità la propria storia personale di
ricercatore e le «scoperte», le prospettive
che gli si sono affacciate lungo il percorso.
Dovendo spiegare il modo in cui il Medioevo ha contribuito
al nostro essere Europa di oggi, e al nostro pensare,
Le Goff comincia aprendoci gli occhi sul modo in cui
nel Medioevo si percepiscono il tempo e lo spazio. Quanto
al primo, il tempo, dobbiamo immaginare un mondo in
cui categorie come religione o economia non c’erano;
il loro uso è un fenomeno estremamente recente.
Quanto al secondo, lo spazio, sono messe fuori gioco
le storie nazionali e le divisioni che esse portano
con sé. La storia del Medioevo è la storia
d’Europa, non delle singole nazioni, e quella
Europa vi può essere colta come un tutto, un
tutto che è situato in un ambiente mondiale.
Sono quelli alcuni dei parametri antropologici di quello
che Le Goff chiama «il lungo Medioevo»,
un’epoca che, in contrasto con la scansione tradizionale
lui fa partire dal IV secolo e fa arrivare fino al XVIII,
cioè dall’antichità tardiva fino
alla rivoluzione industriale e alla Rivoluzione francese.
Nella
civilizzazione occidentale Le Goff vede un ruolo decisivo
nella rete delle università medievali perché
il concentrarsi degli intellettuali in quelle istituzioni
ha consentito loro di svolgere una triplice funzione:
di ricerca, di insegnamento, di intervento sociale.
Abelardo è il campione esemplare di questa intellettualità:
curioso come i filosofi greci, capace di organizzare
la trasmissione scolastica del sapere e anche di assumersi
i rischi nello spazio sociale. E di rischi Abelardo
ne corse parecchi, non solo pagando duramente e scandalosamente
il suo amore per Eloisa (il cui zio Fulberto lo fece
chirurgicamente castrare) ma soprattutto sfidando la
dogmatica della Chiesa su vari terreni a cominciare
da quello insidiosissimo della Trinità.
Nasce nel Medioevo, in sostanza per Le Goff, quel che
oggi chiamiamo intelligentsia, e nasce perché
solo nel Medioevo se ne creano le condizioni: costruzione
di spazi di scambio, lettura, insegnamento, mobilità.
Da qui l’avviarsi di un processo di secolarizzazione
che riposa su due fattori sociali e culturali fondamentali,
che sono alla base della cultura europea: i fattori
sociali sono lo sviluppo di una classe intellettuale
e di una classe di mercanti. I primi impregnano il mondo
religioso e quello scientifico del valore della ragione.
I secondi introducono nella vita sociale il principio
di un guadagno lecito rispetto all’usura.
Fede
e ragione, guadagno ed etica, ecco dove sta per Le Goff
l’equilibrio europeo. Che è insieme il
prodotto e il motore di una delle grandi tendenze di
lungo periodo della storia: il ridursi della presa della
religione sulla società. C’è nel
Medioevo di Le Goff un inizio di «deperimento»
della religione, anche se il politico e il religioso
sono incorporati l’uno nell’altro in un
sistema di interconnessione dei fenomeni. E non c’è
dubbio che anche per Le Goff il bozzolo più inclusivo
della vita sociale resta nel Medioevo quello religioso.
Tuttavia è proprio il suo famoso studio su San
Luigi, il Re Luigi IX, a mostrargli che la formula del
re-sacerdote non ha mai funzionato veramente nell’occidente
medievale. I re, anche se santi, erano laici.
Lecito aspettarsi, a questo punto, la sua versione di
quel che doveva/potrebbe essere il preambolo definitorio
dell’identità europea nella Costituzione
in via di approvazione. La sua prima esigenza –
dice Le Goff – è che il testo contenga
il termine «laico» e che stabilisca il principio
del rispetto per tutte le religioni e le loro pratiche.
La seconda è una formula che menzioni tutte le
eredità culturali che hanno fatto l’Europa
dopo l’Antichità, «mettendo l’accento
sul lascito giudaico-cristiano e sull’importanza
del movimento del Lumi. Una tale soluzione sarebbe più
conforme alla nostra storia e più soddisfacente
di quella alambiccata che la Convenzione ha proposto
con tanta fatica».
Anche sull’ingresso della Turchia nell’Unione
europea Le Goff ha una opinione ben definita: improbabile
a tempi brevi, ma non a causa della religione musulmana
(installata da secoli nei Balcani e da decenni tra gli
immigrati) bensì per la distanza non solo geografica
ma nello sviluppo della democrazia e dei diritti. Sarebbe
invece preferibile secondo lui lo sviluppo di accordi
preferenziali con i paesi del Nord Africa.
Resta da vedere, aggiungiamo noi, se la entità
politica Unione europea debba autodefinirsi in termini
di identità ed eredità o se non debba
affidare piuttosto il proprio futuro semplicemente alla
congruità di un progetto politico.
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