Il disastro
delle Twin Towers, la guerra irachena, la violenza in
Israele. Nel libro Città panico, recentemente pubblicato
da Raffaello Cortina (2004, pp. 129, euro 9,80), Paul
Virilio li propone come esempi di un mondo mediatizzato
in cui gli eventi sono tali solo in quanto incidenti,
rotture della continuità, fratture dell'opinione
standardizzata.
Vi offriamo un estratto del libro dal capitolo La democrazia
di emozione
–Gli eventi passano sugli eventi, i fiumi passano sui
fiumi, il fatto galleggia sempre tutto intero, senza discontinuitš,
senza rottura”, scriveva Victor Hugo nel 1842, a proposito
dellêincidente che era costato la vita al duca dêOrlþans.
Centosessantêanni pi¶ tardi, nellêera del conformismo
mediatico, la standardizzazione dellêopinione ú al culmine,
e lêesemplaritš succede alla celebritš, al punto che lêespressione
–creare lêevento” non corrisponde pi¶ alla realtš, una
realtš falsificata da una moltitudine di supporti, audiovisivi
e di altro tipo.
Essere esemplare significa ormai creare
senza creazione, spesso addirittura per semplice sottrazione
dellêopera. Di qui il successo strepitoso, nel corso del
ventesimo secolo, dello scandalo artistico come dellêattentato
politico. Di qui, anche, il discreto discredito della
celebritš del produttore (lêartigiano, lêoperaio...),
a partire dal diciannovesimo secolo, come del creatore
(lêartista, il poeta...) nel successivo. E ciÖ, a beneficio
di questo –angelo del banale” che ha raddoppiato quello
del bizzarro, celebrato da Edgar Allan Poe, con
il noto successo (mediatico), da loft story alla
star academy.Oggi,
momento in cui tutti gli esempi vengono seguiti
in tempo reale attraverso lêiperpotenza dei mass media,
lêevento ú unicamente la rottura della continuitš,
lêincidente intempestivo, che viene a rompere la
monotonia di una societš in cui la sincronizzazione
dellêopinione completa abilmente la standardizzazione
della produzione.
–Essere
noti ú disumano”, dichiarava recentemente lêattore John
Malkovich. Una tale negazione della celebritš contemporanea
allêera della mondializzazione va di pari passo con
la minaccia che pesa ormai sui diritti dêautore,
sulla pura e semplice autenticitš di una firma.Ormai
si puÖ essere spossessati, per contratto, del proprio
nome, divenuto –immagine di marca”, come Ines de La
Fressange o, ancora, Yves Saint Laurent. Ora contano
soltanto il logotipo e la logomachia promozionale.Questa
logica della modellizzazione
contemporanea, si noti, della mondializzazione
À che, alla fine, si rivela suicida per ogni
vera e propria creazione À, comporta persino il rilancio
dellêincidente per lêincidente, questa forma
postmoderna dellê–arte per lêarte” che porta dallêincidente
locale À del genere di quello della navetta Challenger
o del supersonico Concorde À fino allêincidente
globale ed ecologico À del genere Cernobyl À, in
attesa della fatale confusione tra –attentato” e –incidente”
À come nellêesplosione della fabbrica di Tolosa À, divenendo
lêincertezza, questa volta, una figura dellêincidente
della conoscenza, e non pi¶ solo della sostanza
incriminata.
Creare
lêincidente e non pi¶ tanto lêevento... rompere la
concatenazione di causalitš che caratterizza cosñ bene
la normalitš quotidiana À questo tipo di espressionismo
ú oggi universalmente ricercato, tanto dai –terroristi”
quanto dagli –artisti” e da tutti gli attivisti
contemporanei dellêepoca della globalizzazione planetaria.
A contrario, notiamo anche il numero considerevole
di personalitš letterarie o scientifiche che giocano con
la dissimulazione, addirittura con lêanonimato pi¶ completo,
come Henri Michaux ieri o Thomas Pynchon oggi, che non
concedono alcuna intervista alla stampa e che rifiutano
sistematicamente di essere fotografati... Oppure, ancora,
questi –terroristi”, silenziosamente infiltratisi nella
banalitš della vita quotidiana, che non rivendicano
nemmeno pi¶ la paternitš dei loro atti, in compenso
provocando emuli, un gran numero di epigoni, di cui riparleremo
pi¶ tardi.In fin dei conti, cêú della piromania
in questa sete di esemplaritš senza vera e propria
celebritš.
Creare lêevento, dicevamo, ma lêincidente non
ú forse una forma indiretta dellêopera, una conseguenza
della sostanza? Lêaereo di linea che ha inventato
lo schianto al suolo o contro le Twin Towers proprio come
il suo decollo dallêaeroporto... la nave, il piroscafo
che inventa il suo naufragio insieme al suo varo.
Perchþ, quindi, questa finta sorpresa, nel 1912, davanti
allêinghiottimento del Titanic, nave insommergibile
secondo i criteri promozionali della White Star? In realtš,
lêincidente ú un attentato al pudore della sostanza,
uno svelamento della sua nuditš, della miseria di ciÖ
che ú davanti a ciÖ che accade [arrive]
inopinatamente À allêuomo come alle sue creazioni.
Di qui lêattualitš della questione dellêevento
importante in questo inizio del ventunesimo secolo. Nellêepoca
in cui la mediatizzazione a oltranza sconvolge la creazione
in tutte le sue forme, che cosa resta della nozione di
opera [oeuvre], proprio quando quella di
–capolavoro” [chef-dêoeuvre] da molto tempo ú scomparsa
con la fine delle corporazioni [compagnonnage]?
Che cosa resta, parallelamente, dellêautore, del
creatore, da quando Dio ú morto, secondo la logica
anchêessa promozionale di Friedrich Nietzsche?Oggi, quando
Karlheinz Stockhausen dichiara, a proposito dellêattentato
al World Trade Center e di Satana: –³ la pi¶ grande opera
dêarte mai realizzata”, egli sostiene lêidea di un ritorno
del tragico e persino di un capolavoro dimenticato, questo
capolavoro in negativo, per sottrazione dicevamo
prima, che, come lêincidente, non ú altro che un miracolo
alla rovescia, insomma un miracolo laico. Conferma,
se ancora ce ne fosse bisogno dopo Auschwitz e Hiroshima,
della nascita della filofollia e di questa estetica
della scomparsa che ha segnato lêultimo secolo nel suo
insieme.
Cosñ, la crisi dellê–opera in chiaro” e il
ritorno, lêeterno ritorno dellêopera al nero, introducono
alla crisi della celebritš classica e sostanziale fondata
su una produzione, una realizzazione concreta, a vantaggio
di una esemplaritš puramente accidentale di cui il terrorismo
del settembre 2001 ú una delle manifestazioni estreme,
ma una manifestazione panica alla quale lo sciagurato
attentato di Tampa fa da contrappunto.
Ricordiamo le circostanze di questo antievento:
il 5 gennaio 2002 Charles Bishop, un adolescente di 15
anni che puliva aerei da turismo in cambio di qualche
lezione di pilotaggio, decollava senza autorizzazione
dallêaeroporto di Tampa, a bordo di un Cessna 142. Inseguito
inutilmente da due caccia F15 e da un elicottero guardacoste,
ha sorvolato impunemente la base militare di MacDill,
che ospita il comando militare dellêus
Air Force per lêAfghanistan, prima di finire la propria
corsa contro il ventottesimo piano della torre della Bank
of America. Si ritroverš sul suo corpo una lettera di
adesione alle tesi di Bin Laden. –Non sosteneva realmente
Bin Laden”, dichiarava Emerson, lêamico dellêapprendista
kamikaze di Tampa, –ha scritto questo solo per farsi pubblicitš.
Forse voleva semplicemente suicidarsi e che ci si ricordasse
di lui.” Pietosa piromania! Il suicidio di un ragazzo
rimette al giusto posto il –martirio” dei kamikaze di
New York e di Washington. Come scriveva ancora Hugo: –La
facezia che proviene da un misfatto ú pi¶ spaventosa di
questo. Niente ú pi¶ abominevole del crimine che non rimane
serio”.
Sciagurato miracolo di Tampa, in cui lêesemplaritš
ha colpito ancora al punto che la foto sui giornali della
minuscola carlinga del Cessna, disperatamente appesa alla
facciata intatta della Bank of America, ú il pendant
(ú proprio il caso di dire) dello spettacolare crollo
delle Twin Towers.Non dimentichiamo, infatti, che se il
mimetismo ú ciÖ che caratterizza la potenza di condizionamento
dei mass media, ú prima ancora il segno stesso dellêinfanzia,
di questa –infanzia dellêarte per lêarte” che attualmente
conduce, con lêinfantilismo promozionale, alla standardizzazione
dei comportamenti e, peggio ancora, alla sincronizzazione
delle emozioni.
Oggi, –creare un evento” ú anzitutto rompere il mimetismo,
la modellizzazione pubblicitaria, questa propaganda ormai
quasi cibernetica che ú, senza dubbio, il pi¶ grave inquinamento;
un inquinamento non pi¶ ecologico ma etologico e mentale che accompagna la
mondializzazione dei comportamenti sociali. Che lo si
voglia o no, creare un evento significa ormai provocare
un incidente. In un periodo della Storia in cui il
presente
(il live) prevale, contemporaneamente, sul passato
e sul futuro,
lêevento non ú pi¶ –innocente”: ú colpevole, colpevole
di deviazionismo, di revisionismo nei confronti del pensiero
monocefalo dellêera della modellizzazione globale.
Creare lêevento significa, quindi, rifiutare ciÖ che non
ú pi¶ che unê–involuzione economica delle societš umane”,
il passaggio dalla esocolonizzazione degli imperi di un tempo
alla endocolonizzazione
dellêimpero finale. Creare lêevento significa rilanciare
oggi un pensiero refrattario alla cibermentalitš di un
riflesso condizionato a questa sincronizzazione delle emozioni dellêera
dellêinformazione, che viene a completare la standardizzazione dei comportamenti dellêera industriale.
–Gli elementi in gioco nella seconda guerra del Golfo
non erano tanto le forze aeree quanto lo shock delle immagini
e delle idee. Mentre bambini e soldati si facevano ammazzare,
la televisione trasformava la guerra in un terribile dramma
passionale, con ripetizioni e nuovi episodi ogni ora”,
scriveva Jþr»me Charyn, illustrando cosñ la metamorfosi
di un conflitto in cui le armi di ostruzione (i
bunker di Saddam) e le armi di distruzione (i missili)
cedono il primato strategico a queste armi di comunicazione
di massa destinate a colpire gli spiriti... o ancora
pi¶ precisamente, lêarma di distruzione di massa
ú sottomessa a quella di una comunicazione di massa che
la domina del tutto À dal momento che lêimpatto audiovisivo
(in tempo reale) prevale di gran lunga, per la sua velocitš
di propagazione su scala mondiale, sullêimpatto materiale
e precisamente mirato dei proiettili esplosivi.
Di qui, domani, questo probabile ministero
della paura che dominerš, dallêalto dei suoi satelliti
e delle sue antenne paraboliche, lêormai superato ministero
della guerra, con i suoi eserciti in via di decomposizione
avanzata, da quando si ú sviluppato un iperterrorismo
che non ha nemmeno pi¶ bisogno della massa di divisioni
blindate e il cui sistema di armi ú principalmente costituito
dallêinsieme dei mezzi di comunicazione di massa rivolti
contro lêavversario. Una delle prove di questa decomposizione
della guerra classica ci ú fornita dallêinversione del
numero delle vittime, giacchþ nei conflitti recenti le
perdite sono allê80 per cento dalla parte dei civili,
mentre nella guerra tradizionale era esattamente lêinverso.
Se un tempo si poteva distinguere in modo netto tra guerra
internazionale e guerra civile À la guerra di tutti contro
tutti À, ormai ogni guerra che si rispetti minimamente
ú in primo luogo una guerra
ai civili!
Di qui lêeventualitš che la prossima –guerra
totale” non sia altro che una guerra
civile mondiale e non pi¶ locale: infatti, la metastasi
non concerne pi¶ le nazioni e le loro istituzioni, ma
le loro popolazioni offerte in olocausto al caos. Come
la materia, si osservi, la guerra possiede tre
dimensioni: la massa, lêenergia e lêinformazione. Ogni
epoca della Storia ha privilegiato una di queste dimensioni.
Dapprima ci fu la massa, quella dei bastioni e
delle corazzature, e quella delle legioni e delle divisioni
degli eserciti in campagna.In seguito ci fu lêenergia,
quella nevrobalistica delle catapulte, degli archi e di
altre macchine da assedio, in attesa della polvere da
sparo e dellêartiglieria; o, ancora, quella dei motori
dei mezzi blindati, degli aerei e, infine, della bomba
e dei missili intercontinentali, vettori di trasporto
dellêarma atomica.
Oggi, ú la terza À e soprattutto la quarta
À dimensione che prevale, con lêinformazione e
la sua velocitš di comunicazione istantanea. Di qui lêimprovvisa
permutazione in cui lêinfowar
appare non solo come –guerra dei materiali”, ma soprattutto
come guerra al reale; una derealizzazione in
tutti i sensi, in cui lêarma di comunicazione di massa
ú strategicamente superiore allêarma di distruzione
di massa (atomica, chimica, batteriologica...).Cosñ,
dopo gli –stratagemmi di guerra”, le mimetizzazioni e
le altre illusioni capaci di ingannare lêavversario, di
colpo ú lêaccelerazione della realtš il movimento
panico che distrugge il nostro senso dellêorientamento
À in altre parole, la nostra visione del mondo.
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