Promesse
non mantenute verso gli elettori, conseguente caduta
del fascino berlusconiano. In questi due punti essenziali
Piero Ignazi, ordinario di Scienza politica all'Università
di Bologna e profondo conoscitore della destra italiana,
racchiude il senso delle recenti elezioni. La tornata
conclusa con i ballottaggi del 26 e 27 giugno ha confermato,
secondo il professor Ignazi, "il ritiro della delega
di settori consistenti dell'elettorato moderato nei
confronti di Forza Italia: la fascinazione berlusconiana
ormai non c'è più.
Cosa intende con l'espressione ritiro della delega?
Intendo che gli elettori hanno dimostrato di non
essere più disposti a riporre la propria fiducia
nelle mani del principale partito del governo. Ci
sono settori compositi della società, che vanno
dal ceto medio fino a elettorati più marginali
del sistema socio economico come pensionati, casalinghe
e colletti blu, che avevano affidato a Forza Italia
il loro consenso e ora lo stanno ritirando.
Come
mai?
Quando si promettono mari e monti e poi non si mantiene
nulla, il consenso è destinato a diminuire.
La sostanza dei discorsi politici che hanno portato
a questo esito elettorale riguarda il tenore di vita.
Anche se la questione irachena ha molto spazio nella
discussione pubblica, è un argomento che ha
molto peso per l'immagine del governo ma poca sostanza
politica che, invece, è data dagli argomenti
socio-economici, in altre parole i cittadini danno
importanza al fatto che le loro prospettive future
non sono affatto rosee.
Ma il risultato elettorale è il frutto anche
di dinamiche politiche interne alla maggioranza. Ad
esempio, Renato Mannheimer ha scritto sul Corriere
che un'analisi dei voti del ballottaggio milanese
tra Penati e la Colli dimostra che molti leghisti
hanno votato il candidato di centrosinistra.
Non so, la cosa mi lascia un po' perplesso, ma un
fatto è certo: dovremmo dimenticare l'immagine
della cosiddetta anima popolare della Lega. Stiamo
parlando di un partito che, nella realtà dei
fatti, raccoglie sentimenti che si avvicinano molto
a funzioni populiste, più che popolari, di
tipo xenofobo e razzista. Quanto al voto continuo
a essere perplesso sulla scelta degli elettori leghisti,
ma mi pare chiaro che anche qui c'è una manifestazione
di disagio e di dissenso verso un partito che non
rappresenta più delle speranze. Dal momento
della sua fondazione, Forza Italia è nato e
cresciuto sulla base della realizzazione di un sogno,
quel miracolo italiano che Tremonti scandiva come
se fosse una canzone rap. Ma ora l'elettorato si è
reso conto che di miracoli non se ne vede nemmeno
l'ombra e la situazione per il partito del premier
si è ribaltata. Un tempo Berlusconi sembrava
avere la mano d'oro che miracolava qualunque sconosciuto
su cui la poggiasse, si chiamasse Albertini o fosse
un personaggio politicamente improbabile come Ombretta
Colli. Adesso invece accade il contrario, e la mano
del Presidente sembra quasi un malocchio.
Che effetti può portare questa situazione
all'interno del centrodestra?
Il primo effetto credo che sia quello di sviluppare
fortissime tensioni interne. Si è sempre parlato
fino alla nausea di divisioni del centrosinistra,
non si è mai tenuto conto delle fratture e
delle frizioni interne al centro destra. Fino a ora
ogni difficoltà all'interno della coalizione
di governo è stata superata dall'autorevolezza
e dal carisma di Berlusconi che era un collante fortissimo
tra realtà politiche molto diverse tra loro.
Stiamo parlando di una coalizione formata da un partito
xenofobo e secessionista quale è la Lega, un
partito solidaristico e di tradizioni cattoliche come
l'Udc, un partito nazionalista come Alleanza Nazionale.
Nulla stava insieme, tutto era aggregato grazie alle
capacità di leadership di Berlusconi. Ora che
questa capacità viene a mancare, le divisioni
rappresentano un evidente elemento di debolezza per
il governo.
Secondo lei, la Casa delle Libertà sta
andando incontro a un momento di seria crisi politica
che potrà portare alla caduta del governo?
Se la domanda riguarda la possibilità di un'eventuale
crisi di governo la mia risposta è sì,
questa possibilità esiste senza dubbio ed è
più reale che mai. Se però mi chiede
se la crisi si verificherà, chiaramente non
posso rispondere, non posso saperlo.
Quali conseguenze possono avere i risultati elettorali
sui provvedimenti che sono al momento sul tavolo del
governo?
Potremmo assistere a conseguenze che hanno volti
e aspetti diversi della politica del centrodestra.
Ad esempio, dall'atteggiamento tenuto dalla Lega e
dai risultati ottenuti alle elezioni, potrebbe scaturire
un rallentamento del riforme sul federalismo; altra
conseguenza potrebbe essere quella di ridefinire la
manovra fiscale con una limitazione ai tagli delle
tasse, la finanziaria potrebbe orientarsi quindi verso
una diversa distribuzione della riduzione delle imposte.
Infine ci potrebbero essere interventi per ripristinare
aiuti economici mirati allo sviluppo del Mezzogiorno.
L'appeal mediatico di Silvio Berlusconi è,
secondo lei, in netto declino. Possiamo cogliere questo
segnale come l'inizio di una politica in cui si presta
meno attenzione al carisma del leader e più
considerazione verso i contenuti politici?
Questa mi sembra una speranza molto lontana. Finché
Berlusconi è in campo dubito che le cose possano
cambiare da questo punto di vista. Ma una cosa possiamo
dirla con sicurezza: si è messo in moto un
meccanismo che porterà dei cambiamenti. Ne
sono convinto.
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