257 - 10.07.04


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"Il Cavaliere non fa più miracoli"
Piero Ignazi con Mauro Buonocore


Promesse non mantenute verso gli elettori, conseguente caduta del fascino berlusconiano. In questi due punti essenziali Piero Ignazi, ordinario di Scienza politica all'Università di Bologna e profondo conoscitore della destra italiana, racchiude il senso delle recenti elezioni. La tornata conclusa con i ballottaggi del 26 e 27 giugno ha confermato, secondo il professor Ignazi, "il ritiro della delega di settori consistenti dell'elettorato moderato nei confronti di Forza Italia: la fascinazione berlusconiana ormai non c'è più.

Cosa intende con l'espressione ritiro della delega?

Intendo che gli elettori hanno dimostrato di non essere più disposti a riporre la propria fiducia nelle mani del principale partito del governo. Ci sono settori compositi della società, che vanno dal ceto medio fino a elettorati più marginali del sistema socio economico come pensionati, casalinghe e colletti blu, che avevano affidato a Forza Italia il loro consenso e ora lo stanno ritirando.

Come mai?

Quando si promettono mari e monti e poi non si mantiene nulla, il consenso è destinato a diminuire. La sostanza dei discorsi politici che hanno portato a questo esito elettorale riguarda il tenore di vita. Anche se la questione irachena ha molto spazio nella discussione pubblica, è un argomento che ha molto peso per l'immagine del governo ma poca sostanza politica che, invece, è data dagli argomenti socio-economici, in altre parole i cittadini danno importanza al fatto che le loro prospettive future non sono affatto rosee.

Ma il risultato elettorale è il frutto anche di dinamiche politiche interne alla maggioranza. Ad esempio, Renato Mannheimer ha scritto sul Corriere che un'analisi dei voti del ballottaggio milanese tra Penati e la Colli dimostra che molti leghisti hanno votato il candidato di centrosinistra.

Non so, la cosa mi lascia un po' perplesso, ma un fatto è certo: dovremmo dimenticare l'immagine della cosiddetta anima popolare della Lega. Stiamo parlando di un partito che, nella realtà dei fatti, raccoglie sentimenti che si avvicinano molto a funzioni populiste, più che popolari, di tipo xenofobo e razzista. Quanto al voto continuo a essere perplesso sulla scelta degli elettori leghisti, ma mi pare chiaro che anche qui c'è una manifestazione di disagio e di dissenso verso un partito che non rappresenta più delle speranze. Dal momento della sua fondazione, Forza Italia è nato e cresciuto sulla base della realizzazione di un sogno, quel miracolo italiano che Tremonti scandiva come se fosse una canzone rap. Ma ora l'elettorato si è reso conto che di miracoli non se ne vede nemmeno l'ombra e la situazione per il partito del premier si è ribaltata. Un tempo Berlusconi sembrava avere la mano d'oro che miracolava qualunque sconosciuto su cui la poggiasse, si chiamasse Albertini o fosse un personaggio politicamente improbabile come Ombretta Colli. Adesso invece accade il contrario, e la mano del Presidente sembra quasi un malocchio.

Che effetti può portare questa situazione all'interno del centrodestra?

Il primo effetto credo che sia quello di sviluppare fortissime tensioni interne. Si è sempre parlato fino alla nausea di divisioni del centrosinistra, non si è mai tenuto conto delle fratture e delle frizioni interne al centro destra. Fino a ora ogni difficoltà all'interno della coalizione di governo è stata superata dall'autorevolezza e dal carisma di Berlusconi che era un collante fortissimo tra realtà politiche molto diverse tra loro. Stiamo parlando di una coalizione formata da un partito xenofobo e secessionista quale è la Lega, un partito solidaristico e di tradizioni cattoliche come l'Udc, un partito nazionalista come Alleanza Nazionale. Nulla stava insieme, tutto era aggregato grazie alle capacità di leadership di Berlusconi. Ora che questa capacità viene a mancare, le divisioni rappresentano un evidente elemento di debolezza per il governo.

Secondo lei, la Casa delle Libertà sta andando incontro a un momento di seria crisi politica che potrà portare alla caduta del governo?

Se la domanda riguarda la possibilità di un'eventuale crisi di governo la mia risposta è sì, questa possibilità esiste senza dubbio ed è più reale che mai. Se però mi chiede se la crisi si verificherà, chiaramente non posso rispondere, non posso saperlo.

Quali conseguenze possono avere i risultati elettorali sui provvedimenti che sono al momento sul tavolo del governo?

Potremmo assistere a conseguenze che hanno volti e aspetti diversi della politica del centrodestra. Ad esempio, dall'atteggiamento tenuto dalla Lega e dai risultati ottenuti alle elezioni, potrebbe scaturire un rallentamento del riforme sul federalismo; altra conseguenza potrebbe essere quella di ridefinire la manovra fiscale con una limitazione ai tagli delle tasse, la finanziaria potrebbe orientarsi quindi verso una diversa distribuzione della riduzione delle imposte. Infine ci potrebbero essere interventi per ripristinare aiuti economici mirati allo sviluppo del Mezzogiorno.

L'appeal mediatico di Silvio Berlusconi è, secondo lei, in netto declino. Possiamo cogliere questo segnale come l'inizio di una politica in cui si presta meno attenzione al carisma del leader e più considerazione verso i contenuti politici?

Questa mi sembra una speranza molto lontana. Finché Berlusconi è in campo dubito che le cose possano cambiare da questo punto di vista. Ma una cosa possiamo dirla con sicurezza: si è messo in moto un meccanismo che porterà dei cambiamenti. Ne sono convinto.




 

 

 

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