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Che cognome vuoi?

Isabella Angius


Questo articolo è stato pubblicato da "Il Riformista" il 28 maggio 2004

Gli uomini, se va bene, sgranano gli occhi. Normalmente dicono che è un falso problema, ma l'obiezione più frequente che sollevano è che sarebbe il caos negli uffici dell'anagrafe. Il "falso problema" si è procurato almeno otto proposte di legge, presentate nel corso degli anni da entrambi gli schieramenti politici. Parliamo dell'adeguamento della normativa per l'attribuzione e la trasmissione del cognome materno ai figli riconosciuti da entrambi i genitori.

La prima proposta di legge risale al 1994, prima firmataria Cristina Matranga, allora deputata di Forza Italia e ora passata con l'Udeur, da sempre sensibile al tema e prontissima oggi a difendere la primogenitura della proposta. Il disegno di legge della Matranga si ispira al modello tedesco che prevede, al momento del matrimonio, la scelta, da parte dei coniugi, del cosiddetto cognome di famiglia che verrà poi trasmesso ai figli. Il cognome di famiglia può essere utilizzato dalla coppia, senza però escludere la facoltà di utilizzare ciascuno il proprio.
In Austria, l'articolo 93 del codice civile stabilisce che i coniugi portino lo stesso cognome, che può essere quello del marito o quello della moglie. In Francia, invece, è prevista la possibilità di aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Più nota la normativa spagnola, che prevede il doppio cognome.

Nella legislazione italiana non esiste in realtà alcuna norma di legge positiva che preveda l'attribuzione del cognome paterno ai figli legittimi, nati all'interno del matrimonio. Si tratta piuttosto di una prassi consolidata. Certamente è un residuo di una concezione anacronistica del diritto di famiglia contraddistinta dalla prevalenza della figura del capo famiglia, cancellata dalla riforma del 1975, che affermò il principio di parità tra coniugi nel rispetto del dettato costituzionale. Da parte di alcuni si richiama l'articolo 237 del codice civile quale norma fondante il diritto del padre di trasmettere il cognome, ma da una attenta lettura il richiamato articolo nulla dispone, non escludendo la possibilità della trasmissione del doppio cognome. Ciò nonostante, l'attuale legislazione italiana non lascia ai genitori la libertà di scelta in tema di cognome da assegnare ai figli e non riconosce il diritto della donna di assegnare il proprio cognome alla prole.

Già nel 1985, l'Italia fece propria la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979. Nell'articolo 16 della Convenzione si parla degli «stessi diritti personali del marito e della moglie, compresa la scelta del cognome, di una professione o di una occupazione». Rispetto al problema della trasmissione del cognome materno è evidente come l'Italia non abbia assicurato condizioni di parità rispetto agli uomini. Il ruolo materno viene così relegato dalla legge a rango subordinato e secondario in ragione di una concezione patriarcale. «Si è evidenziato come la questione della scelta del cognome da trasmettere ai figli non riguarda unicamente il principio di parità tra coniugi ma il più generale principio liberale laddove il diritto di scegliere il cognome dovrebbe appartenere, nell'ambito dei diritti della personalità, alla sfera del soggetto che lo deve portare e quindi si dovrebbe consentire la possibilità al figlio di poter cambiare il proprio cognome», spiega l'avvocatessa Valeria Passetti.

Al Senato, nella Commissione speciale in materia d'infanzia e di minori, è fermo, dal maggio 2002, un disegno di legge presentato dalla senatrice Vittoria Franco, Ds, che sembra ottenere anche il favore del centrodestra. Tra le proposte presentate, quella della senatrice Franco sembra essere quella più equilibrata poiché non propone, come invece fa Pisapia, la sola trasmissione del cognome della madre e non pone, come il disegno di legge Consolo, l'attribuzione del cognome materno solo in casi eccezionali. «Al momento della registrazione del figlio - recita la proposta Franco.- l'ufficiale dello stato civile, sentiti i genitori, attribuisce al figlio il cognome del padre, ovvero il cognome della madre, ovvero entrambi i cognomi nell'ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi. In caso di mancato accordo tra i genitori, l'ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico. Il figlio cui sia attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
In Commissione - racconta la senatrice Ds - anche gli uomini hanno mostrato sensibilità, alcuni perché avendo solo figlie femmine sono preoccupati per l'impossibilità di trasmettere il proprio cognome. La ministra Stefania Prestigiacomo ha espresso più volte la sua posizione favorevole, tanto da annunciare, ma ancora non si è visto nulla, nessun disegno di legge del governo. Aspettiamo.

 




 

 

 

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