254 - 29.05.04


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Torture, ora giustizia si deve fare.

Michael Walzer


La maggior parte degli americani, a prescindere dall'orientamento favorevole o meno nei confronti della guerra in Iraq, œ rimasta sorpresa dalle storie di tortura ai prigionieri mussulmani con cui i media di tutto il mondo ci hanno bombardato. In realtù non credo che queste notizie debbano sorprenderci. La guerra alimenta il sadismo, e i campi di prigionia sono da sempre un terreno fertile privilegiato per la crudeltù. Il pericolo maggiore, a livello morale, non œ tanto costituito dall'ardore della battaglia, o da quel misto di rabbia e paura che si prova combattendo, quanto dal potere incondizionato che scaturisce dalla vittoria. Soltanto un impegno costante a mantenere la disciplina e a insegnare ai soldati le regole con cui si affronta un conflitto e i diritti dei prigionieri pu… impedire abusi e atrocitù. Ma per questo œ necessario l'impegno dei capi politici e militari, mentre i nostri attuali leader sono visibilmente disinteressati alla questione.

Di fatto, a mio avviso, la maggior parte degli ufficiali regolari in servizio conosce i codici di comportamento bellico e li rispetta. Sono dei professionisti, e il loro codice d'onore, unito a quello legale ed etico dello Jus in bello, esclude i maltrattamenti ai prigionieri. Inoltre, sono consapevoli della reciprocitù di tali codici; sanno che un giorno potrebbero trovarsi essi stessi nelle medesime condizioni di prigionia. Al contrario, l'attuale governo di Washington sembra operare senza alcuna coscienza morale e non capire affatto il significato del concetto di reciprocitù. Il Pentagono di Rumsfeld ha abbandonato i prigionieri iracheni nelle mani di riservisti che non avevano mai sentito parlare della Convenzione di Ginevra, di servizi di intelligence a cui interessava soltanto ricavare informazioni e di lavoratori in appalto che - a quanto pare - si erano giù resi protagonisti di episodi di violenza nelle carceri.

E il messaggio trasmesso a questa gente œ stato un messaggio di indifferenza impietosa, se non peggio, al punto che alcuni di loro hanno dedotto dagli ordini ricevuti che umiliare i prigionieri iracheni facesse parte del loro lavoro. Ci si aspettava che facessero ci… che era necessario per indebolire la resistenza di quegli uomini ai futuri interrogatori. Tutto ci… œ deprecabile, ma temo anche fin troppo in linea con altri atteggiamenti e scelte politiche dell'amministrazione Bush.

Basti fare due esempi. Punto uno, questa amministrazione œ impegnata in un'opera di privatizzazione che supera di gran lunga qualsiasi altra esperienza americana precedente. La privatizzazione delle carceri, io credo, œ iniziata negli anni di Reagan, ma quella dei campi di prigionia, dell'occupazione militare, e forse anche della guerra, œ un'innovazione di Bush II. In parte, œ un modo per nascondere i costi del conflitto (ma probabilmente anche per aumentarli) e pertanto mina le strutture fondanti della responsabilitù fiscale. Abbiamo appena iniziato ad avere un'idea di quanti siano attualmente in Iraq i lavoratori a contratto e di quanto vengano pagati.

Ma quel che pi¦ importa œ che questa gente non œ responsabile per il diritto militare statunitense e allo stesso tempo si œ vista garantire una completa autonomia nei confronti di una qualsiasi giurisdizione irachena futura. Se commette crimini in Iraq, dovrù essere perseguita in America, ma œ molto difficile che ci… accada davvero. Quindi questi lavoratori devono rendere conto solo a chi li ha messi sotto contratto, chi li ha messi sotto contratto œ responsabile solo di fronte al Dipartimento della Difesa (e solo entro i limiti contrattuali) e il Dipartimento della Difesa œ responsabile nei confronti del Congresso e della popolazione, salvo che il Congresso e la popolazione incontrano parecchie difficoltù nello scoprire dai burocrati del Dipartimento della Difesa quanti siano veramente i lavoratori a contratto in Iraq e cosa ci stiano a fare. Questo sistema di responsabilitù in successione œ l'esatto contrario della trasparenza, e al momento non sembra democraticamente del tutto praticabile.

Punto due, Bush e i suoi collaboratori si dimostrano sprezzanti non solo nei confronti del regime internazionale di applicazione dei diritti umani, ma anche dei diritti umani in s¹ e per s¹, ogni qualvolta essi entrino in conflitto con gli obiettivi politici e militari del governo americano. In tempo di guerra, bisogna trovare un equilibrio tra tutela dei diritti umani ed esigenze di sicurezza, ma negli ultimi anni non sembra che questo equilibrio sia stato raggiunto. Il Segretario generale pare impegnato nell'istituzione di una nuova categoria di persone, quella dei "combattenti nemici illegali" (illegal enemy combatants), che letteralmente non godono di alcun diritto, che possono essere tenuti segregati a tempo indeterminato. I prigionieri iracheni presumibilmente non rientrano in tale categoria; o almeno, non vi rientra la maggior parte di essi. Ma di certo non sono stati trattati come aventi diritto al trattamento stabilito dalla Convenzione di Ginevra.

La disinvoltura nei confronti della Convenzione œ molto nello stile di questa amministrazione. Lo stesso stile si riflette nel fatto che i suoi membri si preoccupano molto meno dell'aver violato i diritti umani che dell'esistenza di documenti fotografici di quella violazione. Mesi di proteste da parte della Croce Rossa non hanno ottenuto alcuna risposta; la relazione franca e dettagliata (nonch¹, sospetto, coraggiosissima) del generale Antonio Taguba non œ stata mai letta al Pentagono finch¹ non hanno iniziato a circolare le immagini. Tutto questo non deve sorprendere. Dovremmo vergognarci di noi stessi, invece, per questo stupore, perch¹ œ un segno che abbiamo nascosto o represso ci… che in realtù sapevamo - e cioœ, fino a che punto di autoritarismo œ arrivato il nostro governo.

In queste terribili foto di giovani americani che umiliano e torturano i loro coetanei iracheni dobbiamo leggere la fisionomia morale dei loro connazionali pi¦ anziani che dirigono lo spettacolo da Washington. Ora il governo americano - ne sono certo - punirù le giovani guardie carcerarie che appaiono in quelle immagini - e forse anche i loro diretti superiori. A Baghdad verranno istituiti dei tribunali militari. Ma œ un altro genere di giustizia, la giustizia politica, che dev'essere fatta a Washington. I leader che hanno alimentato questo clima di disinvoltura e irrispettositù nei confronti delle convenzioni internazionali e dei diritti umani devono essere obbligati a dimettersi o venire sconfitti nelle prossime elezioni. L'operato dei tribunali œ importante; ma quello della gente lo œ molto di pi¦.

Traduzione di Chiara Rizzo









 

 

 

 

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