253 - 15.05.04


Cerca nel sito
Cerca WWW
Urge svolta dopo
il collasso irakeno

Giancarlo Bosetti


Le notizie minacciose e ripugnanti di cui parlavamo, qui, finora sono diventate una catastrofica catena di rivelazioni su abusi, torture e omicidi, che compromettono non solo l'immagine degli americani nel mondo, ma la fiducia che la popolazione americana ha in se stessa. Come ha scritto un commentatore di simpatie repubblicane come David Brooks , sul New York Times, il paese ² "alle soglie di una crisi di fiducia", in preda a un senso di impotenza.

Altro che soft power! Altro che spettacolo di una democrazia che spinge chi la guarda ad amarla e seguirla. Il soft power per un po' ² meglio non evocarlo. Quanti anni ci vorranno perch³ in Iraq si possa parlare di "fiducia" verso qualcosa di americano? I giorni che passano dalle prime rivelazioni sulle depravazioni di Abu Ghraib, dalle incerte spiegazioni dei responsabili del Pentagono sul perch³ quel carcere di Saddam non fu chiuso, su chi dava gli ordini di "far vedere l'inferno" agli arrestati da interrogare, aggravano la posizione del governo americano.

Ogni ora che passa senza che il ministro della Difesa Rumsfeld si dimetta renderö pið difficile ristabilire un plausibile rapporto tra potere militare americano e popolazione irakena. Ogni ora costerö anni. Ogni ora che passa senza una crisi-shock ai vertici dell'amministrazione americana rende difficile credere che quello che ² accaduto sia circoscritto ad alcuni individui, ad un singolo gruppo, ad un reparto impazzito. E rende pið verosimile l'idea che l'abisso di impunitö, in cui solo certi sadismi sono spiegabili, corrisponda a decisioni prese dai vertici militari. E che, dato il loro rilievo politico e la necessitö di garantirne la impunitö al di fuori di ogni regola, quelle decisioni siano state prese a livello politico. Non si pu÷ certo confondere la condotta criminale di alcuni soldati e soldatesse americane con le abitudini di un popolo intero, e neppure ci dimenticheremo che le istituzioni americane hanno anche, per fortuna, oltre a quello di Rumsfeld anche il volto dei senatori che lo interrogano e lo chiamano a rispondere davanti alle telecamere del mondo intero, ma quei crimini sono avvenuti in un contesto preparato da una "caduta di tabð", che come ha spiegato Barbara Spinelli sulla "Stampa ", sono stati preparati "da un generale permissivismo, da una cultura dell'impunitö" consistente nel "levarsi i guanti", da una dichiarazione dello stesso Rumsfeld, nel gennaio del 2002, secondo la quale per i terroristi non vale alcuna Convenzione di Ginevra.

Dunque ² pienamente da confermare quel che diceva, prima delle rivelazioni del rapporto Taguba Michael Ignatieff, nell'articolo Mali minori, sul "New York Times Magazine" commentando il crescendo di pressioni sulla libertö degli individui nel nome della sicurezza che "una successione di attacchi terroristici su larga scala provocherebbe uno strappo nel giö fragile tessuto della fiducia che ci lega (noi Americani, Ndr) alla nostra leadership e distruggerebbe la fiducia che abbiamo gli uni verso gli altri". Lo strappo ² giö avvenuto e lo squarcio prodotto ² giö abbastanza grande senza bisogno di nuovi attacchi. L'ultimo attacco ² venuto da dentro, ² il prodotto del fallimento dell'impresa militare americana.

Ž dunque l'intero governo, il presidente Bush ad essere in gioco. "L'America non ha solo bisogno di un nuovo ministro della difesa ma di un nuovo presidente". Le parole del candidato democratico, John Kerry, ovvie in bocca al suo competitore al voto del prossimo 2 novembre, hanno in queste ore una particolare solennitö ed importanza. Un cambio di presidente pu÷ diventare vitale per ristabilire le condizioni di credibilitö del dialogo internazionale sulla crisi irakena. E purtroppo i sei mesi che ci separano da quel voto appaiono, alla luce della crisi, di una lunghezza insostenibile. Giö, perch³ l'impresa di una risposta americana, e di tutte le democrazie, al terrorismo fondamentalista di Al Queida ² da reinventare, reimpostare. E subito perch³ il fallimento della strategia e della tattica di Bush ² ormai palese. E il primo aspetto del mutamento di rotta riguarda la costruzione, meglio dire: la ricostruzione, di una alleanza con le democrazie europee.









 

 

 

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it