Ugo Fabietti, docente di
Antropologia culturale all'Universitö di Firenze,
scrive alla redazione di Caff² Europa per commentare
un articolo apparso sul dossier dedicato all'antisemitismo
e per approfondire alcuni aspetti della questione.
Pubblichiamo qui di seguito l'intervento di Fabietti
e la risposta dell'autore dell'articolo chiamato in
causa, David Bidussa.
Ho letto con molto interesse l'articolo Tre
intolleranze per un discorso che dura da secoli
di David Bidussa, e ne condivido il contenuto e le
argomentazioni. Vorrei fare una piccola notazione
a margine di quanto Bidussa afferma verso la fine
del suo scritto, non tanto, ripeto, perch³ dissenta
da lui, quanto piuttosto per una precisazione che
mi pare utile nel contesto storico presente.
Avendo avuto occasione di interessarmi per alcuni
anni di comunitö mediorientali (arabe e pið in generale
musulmane), ho notato un clima di imbarazzo che si
genera tra molti miei colleghi (e non solo tra loro)
quando sono portati a discutere della questione israelo-palestinese.
Se infatti il contesto mediorientale attuale costituisce
una buona illustrazione di come operino i meccanismi
della produzione delle identitö collettive nel mondo
contemporaneo (per una serie di motivi che non mi
² possibile illustrare in questa sede), tale contesto
² anche (quando di tratta della questione israelo-palestinese)
quello che ci parla con maggiore drammaticitö per
l'eco inestinguibile di ci÷ che ² avvenuto pið di
mezzo secolo fa in Europa (la Shoah) e per la conseguente
difficoltö di costruire visioni della realtö mediorientale
che non siano accusate di "antisemitismo".
L'antisemitismo c'², si sente e si vede. E come ²
stato pið volte fatto osservare (per l'appunto da
Bidussa) si manifesta a volte in maniera trasversale,
toccando anche ambienti che a lungo ne sono stati
considerati immuni e che rifiutano essi stessi decisamente
l'accusa di produrre discorsi imputabili ad un atteggiamento
antisemita. Nel suo articolo David Bidussa ha espresso
opinioni altamente condivisibili al riguardo, scrivendo
che "l'antisemitismo non ² una ideologia coerente
ma un discorso coerente spalmato lungo l'asse destra-sinistra
in forme, pratiche, discorsi linguaggi diversi". Pur
condividendo questa riflessione, non credo tuttavia
che l'antisemitismo sia un discorso coerente.
Credo infatti che si possa e si debba discernere tra
discorsi antisemiti e discorsi che potrebbero essere
accusati di antisemitismo.
A volte la critica dell'attuale politica di Israele
nei confronti dei palestinesi viene assimilata ad
un "atteggiamento antisemita", ma non penso che le
osservazioni di quegli israeliani (per esempio Ilan
Papp³) quali sono critici nei riguardi del loro governo
siano considerate "antisemite" da qualcuno. Infatti
c'² una tendenza a fondere (e quindi a confondere)
l'identitö ebraica e quella israeliana. Questa confusione
pu÷ essere tanto "difensiva" quanto "aggressiva".
E' "difensiva" quando la critica nei confronti della
politica israeliana viene percepita come una minaccia
evocatrice di altre minacce, e non solo minacce, radicate
nella memoria. E' invece "aggressiva" quando sfrutta
la fusione identitaria per screditare le critiche
rivolte a una politica determinata. L'accusa mossa
recentemente alla sinistra da esponenti politici italiani
di destra, quella di essere cio² l'unico vero ricettacolo
dell'antisemitismo, si fonda proprio sull'interpretazione
"aggressiva" della fusione di identitö israeliana
e identitö ebraica, confusione che, nel caso specifico,
² la palese considerazione dello stato israeliano
attuale come alleato e parte dell'Occidente, oltre
che, naturalmente, supporto mediorientale di politiche
egemoni che (non a caso) trovano una loro giustificazione
di tipo culturale nella profezia autoavverantesi dello
"scontro di civiltö" (Huntington).
Sarei tentato di vedere in questa accusa di antisemitismo
rivolta dalla destra alla sinistra qualcosa di molto
simile a ci÷ che, al riguardo del razzismo differenzialista
e de-biologizzato, Pierre-Andr³ Taguieff ha chiamato
"processo retorico di ritorsione". Taguieff ha fatto
notare come, facendo proprio l'elogio della differenza,
il razzismo differenzialista trasformi questo elogio
(che poi ² un riconoscimento) nel rifiuto della
differenza stessa. Appropriandosi dell'argomentazione
dell'avversario, cio² facendo propri gli assunti dell'antirazzismo
(rispetto delle identitö diverse dalla propria e diritto
alla differenza) il neo-razzismo culturalista opera
una deviazione e un rovesciamento dell'argomento dell'avversario
per produrre un effetto di auto-legittimazione e,
al tempo stesso, di delegittimazione del punto di
vista opposto.
L'accusa di antisemitismo rivolta dalla destra alla
sinistra si basa proprio su una particolare lettura
di questa fusione tra identitö israeliana ed ebraica,
ma non esenta coloro che la fanno propria - per via
della loro provenienza storica e per la stessa tesi
implicita nel loro ragionamento (lo scontro di civiltö)
- dal sospetto di essere dei convinti antisemiti.
Queste sono riflessioni su come possa essere letto
il discorso dell'antisemitismo, ma si tratta di esempi
sufficienti per indurci a credere che l'antisemitismo
non sia affatto un discorso coerente; e, allo stesso
tempo, a rendere ragione del perch³ le analisi della
realtö politica mediorientale siano un compito "delicato"
e "difficile" per molti di noi antropologi, storici
e altro. Un compito che ² tale in quanto sempre insidiato
da quelli che Todorov ha chiamato i possibili "abusi
della memoria".
Ugo Fabietti
Risponde David Bidussa
Caro Ugo,
condivido gran parte delle cose che scrivi e sottoscrivo
le osservazioni a proposito di Taguieff. La questione
dell'accusa di antisemitismo da parte della destra
alla sinistra mi sembra correttamente sottolineata
da te, cosÒ come pure la questione dell'antisemitismo
perennemente agitato senza che se ne faccia una analisi
riferita ai contenuti, agli immaginari sociali o alle
strutture comunicative.
Vorrei tuttavia anche cercare di capire cosa oggi
sono nell'immaginario collettivo gli ebrei presi nel
loro complesso e considerati rispetto anche alla loro
collocazione politica e culturale lungo l'asse destra-sinistra.
Ci sono varie cose su cui vorrei riflettere in pubblico.
Per esempio. Dopo la visita di Fini in Israele sembra
a molti che gli ebrei abbiano venduto una memoria
in nome di una ansia protettiva e che in questa ansia
non siano pið capaci di ricordare una storia recente.
E' vero questo? In che misura lo ²?
Sulla questione dell'identitö ebraica e dell'identitö
israeliana io credo invece che ci siano dei punti
di sovrapposizione. Non credo che si produca coincidenza,
ma credo che la questione sia relativa alla macchina
culturale rappresentata dalla cultura ebraico-isareliana,
questione su cui spesso si riflette in modo banale,
ma che ha delle implicazioni profonde, forse anche
non lineari. Ma, del resto, chi ha mai detto che quella
delle identitö sia una partita lineare?
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