247- 21.02.04


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Sull’antisemitismo
 


Ugo Fabietti, docente di Antropologia culturale all'Universitö di Firenze, scrive alla redazione di Caff² Europa per commentare un articolo apparso sul dossier dedicato all'antisemitismo e per approfondire alcuni aspetti della questione. Pubblichiamo qui di seguito l'intervento di Fabietti e la risposta dell'autore dell'articolo chiamato in causa, David Bidussa.


Ho letto con molto interesse l'articolo Tre intolleranze per un discorso che dura da secoli di David Bidussa, e ne condivido il contenuto e le argomentazioni. Vorrei fare una piccola notazione a margine di quanto Bidussa afferma verso la fine del suo scritto, non tanto, ripeto, perch³ dissenta da lui, quanto piuttosto per una precisazione che mi pare utile nel contesto storico presente.

Avendo avuto occasione di interessarmi per alcuni anni di comunitö mediorientali (arabe e pið in generale musulmane), ho notato un clima di imbarazzo che si genera tra molti miei colleghi (e non solo tra loro) quando sono portati a discutere della questione israelo-palestinese. Se infatti il contesto mediorientale attuale costituisce una buona illustrazione di come operino i meccanismi della produzione delle identitö collettive nel mondo contemporaneo (per una serie di motivi che non mi ² possibile illustrare in questa sede), tale contesto ² anche (quando di tratta della questione israelo-palestinese) quello che ci parla con maggiore drammaticitö per l'eco inestinguibile di ci÷ che ² avvenuto pið di mezzo secolo fa in Europa (la Shoah) e per la conseguente difficoltö di costruire visioni della realtö mediorientale che non siano accusate di "antisemitismo".

L'antisemitismo c'², si sente e si vede. E come ² stato pið volte fatto osservare (per l'appunto da Bidussa) si manifesta a volte in maniera trasversale, toccando anche ambienti che a lungo ne sono stati considerati immuni e che rifiutano essi stessi decisamente l'accusa di produrre discorsi imputabili ad un atteggiamento antisemita. Nel suo articolo David Bidussa ha espresso opinioni altamente condivisibili al riguardo, scrivendo che "l'antisemitismo non ² una ideologia coerente ma un discorso coerente spalmato lungo l'asse destra-sinistra in forme, pratiche, discorsi linguaggi diversi". Pur condividendo questa riflessione, non credo tuttavia che l'antisemitismo sia un discorso coerente. Credo infatti che si possa e si debba discernere tra discorsi antisemiti e discorsi che potrebbero essere accusati di antisemitismo.
A volte la critica dell'attuale politica di Israele nei confronti dei palestinesi viene assimilata ad un "atteggiamento antisemita", ma non penso che le osservazioni di quegli israeliani (per esempio Ilan Papp³) quali sono critici nei riguardi del loro governo siano considerate "antisemite" da qualcuno. Infatti c'² una tendenza a fondere (e quindi a confondere) l'identitö ebraica e quella israeliana. Questa confusione pu÷ essere tanto "difensiva" quanto "aggressiva". E' "difensiva" quando la critica nei confronti della politica israeliana viene percepita come una minaccia evocatrice di altre minacce, e non solo minacce, radicate nella memoria. E' invece "aggressiva" quando sfrutta la fusione identitaria per screditare le critiche rivolte a una politica determinata. L'accusa mossa recentemente alla sinistra da esponenti politici italiani di destra, quella di essere cio² l'unico vero ricettacolo dell'antisemitismo, si fonda proprio sull'interpretazione "aggressiva" della fusione di identitö israeliana e identitö ebraica, confusione che, nel caso specifico, ² la palese considerazione dello stato israeliano attuale come alleato e parte dell'Occidente, oltre che, naturalmente, supporto mediorientale di politiche egemoni che (non a caso) trovano una loro giustificazione di tipo culturale nella profezia autoavverantesi dello "scontro di civiltö" (Huntington).

Sarei tentato di vedere in questa accusa di antisemitismo rivolta dalla destra alla sinistra qualcosa di molto simile a ci÷ che, al riguardo del razzismo differenzialista e de-biologizzato, Pierre-Andr³ Taguieff ha chiamato "processo retorico di ritorsione". Taguieff ha fatto notare come, facendo proprio l'elogio della differenza, il razzismo differenzialista trasformi questo elogio (che poi ² un riconoscimento) nel rifiuto della differenza stessa. Appropriandosi dell'argomentazione dell'avversario, cio² facendo propri gli assunti dell'antirazzismo (rispetto delle identitö diverse dalla propria e diritto alla differenza) il neo-razzismo culturalista opera una deviazione e un rovesciamento dell'argomento dell'avversario per produrre un effetto di auto-legittimazione e, al tempo stesso, di delegittimazione del punto di vista opposto.

L'accusa di antisemitismo rivolta dalla destra alla sinistra si basa proprio su una particolare lettura di questa fusione tra identitö israeliana ed ebraica, ma non esenta coloro che la fanno propria - per via della loro provenienza storica e per la stessa tesi implicita nel loro ragionamento (lo scontro di civiltö) - dal sospetto di essere dei convinti antisemiti.

Queste sono riflessioni su come possa essere letto il discorso dell'antisemitismo, ma si tratta di esempi sufficienti per indurci a credere che l'antisemitismo non sia affatto un discorso coerente; e, allo stesso tempo, a rendere ragione del perch³ le analisi della realtö politica mediorientale siano un compito "delicato" e "difficile" per molti di noi antropologi, storici e altro. Un compito che ² tale in quanto sempre insidiato da quelli che Todorov ha chiamato i possibili "abusi della memoria".
Ugo Fabietti

Risponde David Bidussa

Caro Ugo,
condivido gran parte delle cose che scrivi e sottoscrivo le osservazioni a proposito di Taguieff. La questione dell'accusa di antisemitismo da parte della destra alla sinistra mi sembra correttamente sottolineata da te, cosÒ come pure la questione dell'antisemitismo perennemente agitato senza che se ne faccia una analisi riferita ai contenuti, agli immaginari sociali o alle strutture comunicative.
Vorrei tuttavia anche cercare di capire cosa oggi sono nell'immaginario collettivo gli ebrei presi nel loro complesso e considerati rispetto anche alla loro collocazione politica e culturale lungo l'asse destra-sinistra. Ci sono varie cose su cui vorrei riflettere in pubblico. Per esempio. Dopo la visita di Fini in Israele sembra a molti che gli ebrei abbiano venduto una memoria in nome di una ansia protettiva e che in questa ansia non siano pið capaci di ricordare una storia recente. E' vero questo? In che misura lo ²?

Sulla questione dell'identitö ebraica e dell'identitö israeliana io credo invece che ci siano dei punti di sovrapposizione. Non credo che si produca coincidenza, ma credo che la questione sia relativa alla macchina culturale rappresentata dalla cultura ebraico-isareliana, questione su cui spesso si riflette in modo banale, ma che ha delle implicazioni profonde, forse anche non lineari. Ma, del resto, chi ha mai detto che quella delle identitö sia una partita lineare?


 

 


 

 

 

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