243 - 27.12.03


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Genealogia cristiana dell'uomo europeo

Alessandro Lanni


Giovanni Reale, Radici culturali e spirituali dell'Europa, Raffaello Cortina, 2003, pp. 183, euro 18,50.


Che fine ha fatto la questione della religione nella futura Costituzione europea? Pare ieri che lo scontro tra laicismo francese e cristianità latina animava i palazzi della politica e le pagine dei giornali. Ci si divideva sull'opportunità di citare nel Preambolo generale alla Carta le "radici cristiane dell'Europa". Sì, no, però. È possibile che uno Stato laico faccia riferimento nella sua pagina fondamentale a una determinata religione? Questa presenza non mina già la base di una democrazia liberale? E perché non citare le altre confessioni, perché solo il cristianesimo? Ma è possibile, d'altra parte, non riconoscere che l'Europa affonda buona parte delle sua cultura proprio in quei valori cristiani? Fu Romano Prodi, presidente della Commissione europea, a sostenere che eliminare il cristianesimo significa negare 1500 anni di civiltà e che sarebbe stato meglio il silenzio sull'intero passato del continente piuttosto che una menzogna.
Insomma, si trattava di un groviglio di questioni che tuttavia sembrano sparite dall'agenda politica continentale. Il 9 dicembre, il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini nel presentare la bozza della Costituzione ha sottolineato che starà ai singoli governi nazionali scegliere se citare o meno le "radici cristiane dell'Europa". Ognuno farà le proprie valutazioni e poi ci si conterà. Niente più ricerca di un minimo comune denominatore sulla religione che possa tenere tutti insieme. Si farà a maggioranza. Almeno per ora.

Eppure, la fiaccola della discussione è ancora accesa. In Francia, in questi giorni, si è deciso per il compromesso: ognuno può manifestare la propria appartenenza religiosa ma non nei luoghi pubblici. Per esempio, niente velo, kippah o crocifissi vistosi nelle scuole.
A difendere le ragioni del cristianesimo nella Costituzione europea è arrivato da qualche tempo il libro di Giovanni Reale, Radici culturali e spirituali dell'Europa (Raffaello Cortina). Storico della filosofia antica al San Raffaele di Milano, Reale traccia nel volume una genealogia filosofica dell'uomo europeo. Quali sono i valori che realmente tengono, o meglio, dovrebbero tenere insieme le centinaia di milioni di nuovi compatrioti? Se sta per nascere uno Stato che va dall'Atlantico agli Urali, dalla Scandinavia al Mediterraneo è opportuno, spiega il filosofo, andare alla ricerca delle radici del cittadino europeo. Non tanto per spirito d'erudizione quanto piuttosto per un compito morale che tracci il perimetro, il limes entro il quale l'Europa continui malgrado tutto a sopravvivere. Insomma, sapere da dove veniamo serve anche per capire dove andremo. E ciò non può essere deciso burocraticamente né essere il prodotto di una carta costituzionale, per quanto ben scritta. Piuttosto va cercato, spiega Reale, nella storia del nostro continente con l'intento di far rinascere quello spirito che la società contemporanea sembra aver dimenticato. Ça va sans dire, che lo spirito in questione è quello cristiano.

Sostiene Reale: alle origini dell'Europa – di un continente che più che un'entità geografica o politica è un tutto spirituale – si trovano: 1) la cultura greca; 2) il messaggio cristiano; 3) la rivoluzione scientifica. Certo, sono meriti enormi quelli di Platone e Aristotele (e Euclide e tutti gli altri) di avere "inventato" qualcosa di inaudito come la theoria, ovvero la possibilità di una conoscenza universale, e di qualcosa come la psyche, l'anima come essenza peculiare dell'uomo. E non è trascurabile neanche il "paradigma culturale" realizzato dalla scienza moderna e il ruolo che ha svolto nel creare l'uomo europeo.
Tuttavia, è il concetto di "persona" che è fondamentale per definire cosa significa essere europei. Solo se si è persone e si riconoscono gli altri come persone possono nascere la solidarietà, l'unità spirituale e può risorgere un vero umanesimo.
Quello di "persona" è un concetto esclusivamente cristiano, sottolinea Reale, che è stato cancellato dalla rivoluzione scientifica e tecnologica. Non che Copernico, Galileo o Keplero siano i diretti responsabili della crisi nichilistica di cui è preda la nostra epoca. Reale lo sa bene e se la prende piuttosto contro una certa ideologia che pretende di trovare un'etica, un qualche valore assoluto nella ricerca della tecno-scienza mentre al contrario essa produce una certa "disumanizzazione e spersonalizzazione dell'uomo".

I riferimenti per quest'analisi di Reale sono molti. Dalla critica alla civiltà dell'Homo videns di Giovanni Sartori al catastrofismo della "bomba informatica" di Paul Virilio passando per Gadamer e Popper. Internet, new media, tv: ecco la caverna platonica nella quale noi uomini del XXI secolo saremmo ingabbiati. Un ammonimento nel quale risuonano le parole di Edmund Husserl. “La crisi dell'esistenza europea – affermava nel 1937 il padre della fenomenologia - ha solo due sbocchi: il tramonto dell'Europa, nell'estraniazione rispetto al senso razionale della propria vita, la caduta nell'ostilità allo spirito e nella barbarie oppure la rinascita dell'Europa dallo spirito della filosofia, attraverso un eroismo della ragione capace di superare definitivamente il naturalismo”. Ovvero il superamento di quello sguardo rivolto esclusivamente verso il puro dato matematizzabile e quantificabile e che dimentica la radice spirituale della stessa scienza.

“Il compito più arduo, oggi, consiste nel tentare di porre rimedio allo squilibrio sempre crescente fra il progresso tecnologico ed economico, da un lato, e il mancato progresso dell'uomo nelle dimensioni spirituale, etica e sociale, dall'altro. Anzi, sconcerta il fatto che l'uomo sembri aumentare sempre più ciò che ha mentre regredisce in ciò che è”. Essere o avere? Reale non ha dubbi: l'Europa deve recuperare i valori caduti nell'oblio. Quella "cura dell'anima" va riscoperta, come ha insegnato il filosofo cecoslovacco Jan Patocka. “Il principio assiologico fondativo di una comunità europea non potrà che essere quello umanistico-cristiano, in base al quale l'Europa si è generata e costituita”.
Contro qualsiasi forma di relativismo culturale, l'identità europea, spiega in conclusione Reale, dovrà avere basi solide per permettere l'incontro (inevitabile) con le culture diverse, con l'Altro. “Il multiculturalismo porta alla Bosnia e alla Balcanizzazione; è l'interculturalismo che porta all'Europa”. L'autore condivide le parole di Sartori. Per la convivenza pacifica delle culture è necessario che le identità siano ben definite. Pena la scomparsa delle stesse, dell'Europa in primo luogo. Una reductio ad unum dell'identità culturale del Vecchio continente non solo è auspicabile, ma è anche obbligata per poter tenere insieme il mosaico europeo. Ovviamente, sotto la luce del messaggio cristiano.

 

 

 

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