241 - 29.11.03


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Generazione video

Chiara Rizzo


“Il grande ostacolo che ci si trova davanti quando si vuole comunicare con i giovani non è rappresentato tanto dai contenuti, quanto dai codici e dai linguaggi adoperati. […] Se si è in grado di coinvolgerli emotivamente, se si sa essere autorevoli senza cadere nella prolissità, ricordandosi di mantenere un modo di esprimersi ironico e leggero, allora è possibile ottenere la loro attenzione, anche prolungata”.

È questa la conclusione fondamentale del Terzo Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione in Italia, presentato lo scorso 30 ottobre a Milano presso la sede della Fondazione Cariplo. La nuova edizione del progetto - frutto di una collaborazione tra Cor, Mediaset, Rai, Mondadori, Ordine dei Giornalisti e Telecom Italia – dopo famiglie e singoli individui, si concentra appunto sull’analisi delle relazioni tra media e generazione X. Per scoprire che i giovani non sono poi così superficiali, e che pur avendo la propensione a usare i mezzi di comunicazione con funzione di svago, pur non essendo dei grandi lettori, pur puntando quasi esclusivamente al coinvolgimento emotivo-sensoriale, pur sfruttando media e fiction per fuggire dalla noia e – perché no? – dall’impegno che dovrebbero spendere nel raggiungimento della propria realizzazione personale, diffidano della massificazione dei messaggi e concepiscono la comunicazione come uno scambio tra pari, come uno strumento di estensione dei rapporti interpersonali al di là dei limiti spazio-temporali connessi alla fisicità.

Le interviste condotte su un campione rappresentativo di 1200 ragazzi – tra i 14 e i 30 anni – hanno riscontrato una netta predominanza, nella dieta mediatica giovanile, dei mezzi di comunicazione elettronica e digitale - in particolare televisione, cellulare e radio – portatori di un modello di relazione “diretto, fluido, personale, disimpegnato e interattivo”. Il telefonino – utilizzato abitualmente dal 90,4 per cento degli intervistati – è senz’altro il medium che più soddisfa le esigenze affettive-relazionali delle nuove generazioni. È un cavo d’emergenza che collega al resto del mondo, un prolungamento della persona, con cui è possibile comunicare, giocare, inviare sms che fanno sentire parte di una comunità, confermando la continuità della rete di contatti in cui il giovane si colloca.

La televisione si conferma il mezzo a più alta penetrazione. Con il 90,7 per cento di utenza abituale e avvertita dal 59,3 % degli intervistati come uno strumento che si usa con confidenza e dimistechezza (un medium “vicino” per usare la definizione tecnica del rapporto), la tv si conferma il mezzo a più alta penetrazione, tanto da essere percepita come una sorta di dovere sociale. Ormai questa grande narratrice di storie è presente in ogni casa e, in virtù della sua immediatezza, sostituisce la carta stampata come fonte di informazione (34 per cento del totale e 60,1 dopo i diciotto anni) e conoscenza (31,3 per cento), grazie soprattutto alla possibilità di trasmettere informazioni in tempo reale.

Un posto di riguardo spetta alla radio. 71,1 intervistati su cento hanno dichiarato di ascoltare abitualmente i programmi radiofonici delle stazioni italiani, mentre soltanto il 2,3% considera l’apparecchio radiofonico uno strumento difficile da utilizzare o comunque lontano dalle proprie abitudini mediali. Le stazioni più apprezzate sono quelle che avvicinano il loro linguaggio e il loro rapporto con gli ascoltatori alle caratteristiche degli utenti; grande spazio allora ai programmi che utilizzano espressioni gergali giovanili, che permettono di intervenire (spesso via cellulare) con messaggi e che, spesso grazie alla scelta dei generi musicali che vengono mandati in onda, definiscono un’identità di gruppo in cui i giovani utenti possano facilmente riconoscersi.

A fronte di questa netta omogeneità di pareri, Internet è una vera eccezione, spacca in due il mondo giovanile: metà di loro lo vive come il più avanzato coronamento della propria aspirazione all’interattività, per l’altra metà il web è percepito come uno strumento difficile – oscuro e ingombrante – che compromette facilità e fluidità della comunicazione. I più la usano per motivi di studio (47,5 per cento) o di lavoro (30,1 per cento), ma anche come fonte di informazione (con oscillazioni tra il 24,5 e il 34,5 per cento) e per impieghi ludici e relazionali – scambiare messaggi, chattare, partecipare a forum (40,7 per cento) e scaricare file video e musicali (30,5 per cento). Eppure, a dispetto della sua diffusione, la Rete delle reti non è amata dai giovani: sono ancora molte le perplessità nutrite nei suoi confronti, non tanto per le sue potenzialità – pienamente riconosciute – quanto per il costoso e pesante armamentario tecnologico necessario a entrare in contatto con le persone presenti in essa. Il computer non è ancora percepito come un prolungamento di sé. E non è difficile prevedere, dunque, che con la possibilità di accedere al Web attraverso il più amichevole cellulare questa diffidenza possa presto svanire.

Più complessa la situazione dei media a stampa che, in questo Terzo rapporto Censis, giocano in tutto e per tutto la parte della Cenerentola.
Se da una parte il 66,1% degli intervistati si dichiara “lettore abituale” e il 29,7 sostiene di “dedicarsi alla lettura nel tempo libero”, è anche vero che, per i giovani italiani tra i 14 e i 30 anni, sfogliare un libro è il più delle volte una scelta dettata dalla necessità e non dalla passione. Ne sia testimonianza il modo in cui è percepita l’informazione della carta stampata, caratterizzato da un evidente sentimento di diffidenza e lontananza nei confronti dei periodici (solo il 3,6 % dichiara di avere confidenza con la lettura di settimanali e mensili) che si attenua leggermente quando le domande degli intervistatori riguardano i quotidiani, nel qual caso sale all’11,8 la percentuale di coloro che considerano i giornali un elemento abituale della loro dieta mediatica.

Insomma, pur mostrando una scarsa attitudine all’impiego dei mezzi cartacei, i ragazzi di oggi, “nati e cresciuti in un ambiente in cui la presenza dei media appare come un dato naturale, si muovono in questo habitat con estrema disinvoltura, entrando in rapporto con i mezzi di comunicazione con una frequenza e un’intensità sconosciute alle generazioni precedenti”.



 

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