“Per
il momento l’Unione europea è un grandissimo
esperimento, il tentativo di realizzare una grande
impresa dal punto di vista politico”.
Agnes Heller non si lascia guidare da facili entusiasmi
quando si parla di Europa. Autrice di libri come Etica
generale (Bologna 1994), Filosofia morale (Bologna
1997), Dove siamo a casa. Pisan Lectures 1993-1998
(Milano 1999), la Heller, che è stata allieva
di Lukacs e attualmente è Hannah Arendt Professor
of Philosophy presso la New School for Social Research
di New York, ci parla della sua Ungheria e della prossima
entrata nell’Unione. E ci racconta il suo modo
di vedere l’Ue, immergendosi in una successione
di parole che descrivono e spiegano un’istituzione
politica come se fosse una persona che per vivere
insieme agli altri ha bisogno di fare scelte ponderate,
di vivere gli anni che daranno conto di vittorie e
sconfitte, dell’autoironia e dell’umorismo
necessari per non sopraffare i punti di vista di chi
ci sta intorno.
Che significa diventare cittadina
europea per Agnes Heller?
Il prossimo mese di maggio l’Ungheria sarà
definitivamente un paese dell’Ue e questo è
certamente un vantaggio. Lo è in modo particolare
perché far parte di un soggetto politico collettivo
garantisce ai paesi dell’est una certa difesa
dalle guerre.
In che senso?
Nel senso che le guerre che hanno colpito il cuore
geografico del territorio che siamo soliti chiamare
Europa, come ad esempio la crisi nei Balcani, sarebbero
andate in maniera molto diversa se già allora
l’Unione europea fosse stata un’istituzione
matura, perché avrebbe potuto proteggere i
suoi membri dai conflitti che invece li hanno dilaniati,
che hanno spaccato popoli e territori.
Ovviamente per il momento si può parlare con
ottimismo perché la situazione dell’Europa
è oggi, sotto un certo punto di vista, promettente.
L’Unione sembra essere un’istituzione
che nasce e cresce con solidi presupposti, ma non
possiamo prevedere con esattezza quello che succederà
tra qualche decennio, se l’equilibrio che si
sta creando là dove ci sono state guerre intestine
durerà a lungo. Il grande pregio dell’Ue
è che sta nascendo come un’istituzione
compatta dal punto di vista politico ed economico,
ma mantiene la varietà delle culture che la
compongono.
Che
cosa è , secondo lei che tiene insieme tante
culture diverse?
Esistono delle basi comuni, prima fra tutte probabilmente
la filosofia e il pensiero dell’età classica,
la cultura greco-romana che può essere considerata
un elemento proprio a tutte le tradizioni culturali
europee.
Ma dobbiamo stare attenti a non fare confusione e
tenere bene distinti i termini di Europa e Unione
europea, sono due cose diverse.
Il primo è un concetto più vasto del
secondo, è una tradizione che lega, una specie
di collante che tiene insieme i paesi europei nonostante
le differenze storiche che si sono sviluppate nel
corso dei secoli. Questa tradizione va ricercata nella
cosiddetta narrativa modello, cioè nei modelli
narrativi che sono identici in tutte le letterature
europee e rappresentano, nonostante le differenze,
un fondo comune. Mi riferisco, ad esempio, ai racconti
biblici, e alla cultura greco-romana.
Ma al di là delle origini culturali e dei
tratti comuni che possiamo rintracciare nelle storie
europee, l’identità europea non è
ancora qualcosa di cui possiamo dire che ci appartiene.
Se proviamo a chiedere a un ragazzo di qualsiasi nazionalità
che cosa significhi essere europeo, la nostra domanda
rimarrà incomprensibile. Se invece chiediamo
a un ragazzo italiano, ad esempio, che cosa voglia
dire essere italiano, che sia romano milanese o napoletano,
la sua risposta sarà più chiara e definita.
Per questo credo che al momento l’Unione Europea
va vista come un grande esperimento, il tentativo
di realizzare una grande impresa.
E nella pratica che cosa sarà di questo
grande tentativo?
Io spero che nella pratica si possa tradurre in un
successo, ma è presto per dirlo perché
i successi e gli insuccessi maturano nel tempo. Accade
per le istituzioni politiche esattamente quello che
succede alla vita degli individui: il bilancio dei
pro e dei contro, dei guadagni e delle perdite, dei
successi e delle sconfitte cui ci avranno condotto
le nostre scelte lo potremo fare solo con il conforto
degli anni. E’ il tempo che ci dà conto
della bontà di una scelta.
In che modo l’ingresso dell’Ungheria
arricchisce l’Unione europea?
Credo che ogni singola nazione abbia i suoi valori
da portare dentro l’Ue, ciascuno può
avere una sua importanza, una risorsa specifica dal
punto di vista culturale, da condividere per arricchire
la coesistenza con gli altri. E l’Ungheria non
fa certo eccezione. Quello che può portare
nella condivisione di valori e tradizioni con i paesi
europei, non riguarda soltanto il grande patrimonio
culturale e musicale della nostra storia, ma anche
lo spirito e l’umorismo tipico degli ungheresiche
hanno una fortissima qualità che è l’autoironia.
Sto parlando di una qualità che può
rivelarsi molto importante all’interno della
coabitazione di molte diversità, perché
una delle cose di cui ha bisogno un’istituzione
politica nascente è la capacità di saper
ridere di se stessa in maniera costruttiva. L’autoironia
e l’umorismo infatti si traducono in una sorta
di scetticismo che non è una caratteristica
solo ungherese, ma riguarda anche altri popoli ed
è molto importante perché si contrappone
al cinismo. Contrariamente a quest’ultimo, lo
scetticismo si può definire come una sorta
di relativismo che mette sempre le cose in discussione,
una qualità costruttiva che lascia spazio alla
comprensione dei punti di vista di chi ci sta intorno.
Sul piano internazionale, si traduce in una forma
di liberismo, una specie di antidoto alle ideologie
forti, al terrore, all’arroganza e alla superbia.
L’umorismo è un modo di rapportarsi alla
vita che cammina sulla via, che tradizionalmente appartiene
alla più alta cultura europea, della libertà
umana, civile e morale.
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