Slavoj Ziek è nato a Lubjana nel 1949
ed è docente di Sociologia all’Università
della stessa città. Visiting professor in numerose
università europee e statunitensi – fra
le altre, il Dipartimento di Psicoanalisi dell’Università
Paris-VIII (1986), la New School of Social Research
di New York (1997), la Gorgetown University di Washington
(1999) – Ziek è anche fondatore
e presidente della Società di psicoanalisi
teorica di Lubjana.
La sua oramai ventennale attività di ricerca
è attraversata da due interessi principali:
uno – di natura più squisitamente teoretica
– per la teoria psicoanalitica di Lacan e la
questione del soggetto; l’altro – di carattere
etico – per le forme dell’attuale società
globalizzata e l’impianto mass-mediologico.
Tali interessi non rimangono tuttavia confinati alla
sola attività di studioso, ma lo guidano e
lo motivano anche nella vita: basti ricordare, a questo
riguardo, la scelta di sottoporsi al trattamento psicoanalitico
di Jacques Alain Miller (il figlio adottivo di Lacan),
e il costante impegno politico nel suo paese, che
lo porterà a candidarsi nel 1990 alla Presidenza
della Repubblica di Slovenia.
Nella riflessione di Ziek si combinano in modi
estremamente originali la lezione di Lacan –
da lui considerato il “liberatore francese di
Freud” – e di Kojève – fautore
all’inizio degli anni Trenta di una peculiare
lettura della hegeliana Fenomenologia dello spirito,
destinata ad influenzare un’intera generazione
di intellettuali (da Sartre a Merleau-Ponty, a Bataille).
Kojève, concentrandosi in particolare sulla
dialettica di servo e padrone, la interpreta nei termini
di una “lotta a morte di puro prestigio”,
ossia una lotta per il riconoscimento da parte dell’altro.
Anche per Lacan – che fu tra i frequentatori
dell’affollato seminario di Kojève –
il problema centrale della réalité humaine
è quello dell’identificazione: è
solo grazie al riconoscimento dell’altro che
l’uomo riconosce se stesso. Ciò che Lacan
aveva intuito nel 1936 e illustrato nella famosa teoria
sullo stadio dello specchio, trova negli anni Cinquanta
una nuova formulazione: l’uomo può formarsi
un’immagine di sé soltanto dopo che ha
avuto luogo la scissione tra io (je) e me (moi). Per
formare l’io – il proprio je reale –
è necessario, secondo Lacan, passare attraverso
l’ideale dell’io, l’unità
immaginaria del moi, che si costruisce a partire da
come mi vedono gli altri. In altri termini, l’uomo
può accedere al reale soltanto attraverso la
mediazione dell’ordine simbolico: ma, in tal
modo, il reale diviene lo scopo irraggiungibile di
un desiderio che si perpetua all’infinito.
Per Ziek, l’ordine simbolico odierno
è costituito dal capitalismo e dalla società
postindustriali: esso è sempre più capace
di sedurre l’uomo con desideri, situazioni e
godimenti immaginari allo scopo di tenerlo lontano
dal reale. In questo contesto, il reale esiste solo
come frammento, tende ad eclissarsi nella fantasia,
a perdere ogni forza d’attrito e a divenire
fantasmatico (si ricordino i fantômes lacaniani).
I sogni e gli incubi prodotti dal sistema tardo-capitalistico
– detto da Ziek anche «l’egemonico»
– tendono a prendere il posto del reale, che
diviene così ogni giorno più indifferente
e neutrale. Ma, chi è l’abitante di questo
mondo? Qual è il tipo d’uomo (o il moi,
l’ideale dell’io) che questo mondo contribuisce
a formare? Secondo Ziek, si tratta di un soggetto
ticklish: questo aggettivo inglese – dotato
di una formidabile ricchezza semantica – indica
semplicemente chi è sensibile al solletico,
ma anche difficile, delicato, scabroso, permaloso,
instabile, mutevole, suscettibile, incerto…
Ziek è noto al pubblico italiano soprattutto
grazie a due testi, apparsi di recente: Il godimento
come fattore politico (ed. ingl. 1996) e, appunto,
Il soggetto scabroso (ed. ingl. 1999). Tra i lavori
dedicati espressamente a Lacan occorre ricordare almeno
The Sublime Object of Ideology (1989), Looking Awry:
An Introduction to Jacques Lacan Through Popular Culture
(1991) e Enjoy Your Symptom: Jacques Lacan in Holliwood
and out (1992).
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