Piazza
Re Astolfo di Carpi. Intorno al palco che ne occupa
un lato, due o tre decine di persone si accalcano
con in mano libri da far firmare. Aspetto con pazienza
e butto lÍocchio a qualche titolo: Etica per un figlio,
Dizionario filosofico, Le domande della
vita. Fernando Savater, il filosofo spagnolo,
siede al centro della calca dopo aver da poco terminato
la sua lezione magistrale in programma al Festival
filosofia 2003, manifestazione che per
tre giorni, da tre anni, porta i filosofi nelle piazze
di Modena Carpi e Sassuolo. Savater ha parlato del
confine sottile che corre tra lÍumano e lÍinumano,
di come lÍetica cavalchi questo delicato filo tra
guerre, biotecnologie e ingegneria genetica. Mentre
gli ultimi fan si allontanano entusiasti per la firma
del filosofo spagnolo che autografa i loro libri,
mi avvicino al palco per ricordare a Savater che mi
ha promesso di rispondere a qualche domanda sullÍUnione
europea. La folla scema, mi faccio avanti, si ricorda
di me, mi prende cortesemente in disparte e aspetta
le mie domande
Professore, lo scorso mese di maggio, lei ² stato
protagonista insieme ad Habermas, Rorty, Eco, Vattimo,
Deridda e altri, di unÍiniziativa singolare. Nello
stesso giorno, ciascuno di voi ha pubblicato su un
quotidiano europeo un articolo sui valori dellÍUnione
Europea.
ñSÒ, ² stata unÍidea di JÙrgen Habermas. Si trattava
di pubblicare contemporaneamente un articolo per promuovere
agli occhi dellÍopinione pubblica europea i valori
di umanitari che caratterizzano la cultura del nostro
continente e che, nel periodo della guerra allÍIrak
sembravano messi in crisi dalla situazione internazionaleî.
Su quali valori vorrebbe che si fondasse lo spirito
europeo?
Io credo nellÍidea di cittadinanza e in una societö
basata sulla reciproca protezione. Il mondo a cui
voglio appartenere e che voglio contribuire a costruire
non ² fatto di competitori e di consumatori, ma di
complici che si aiutano tra di loro. Ecco quello che
considero come valore europeo, lÍidea di costruire
una societö di complici, di persone che si confrontano
e si rapportano concretamente tra di loro. Non riesco
ad immaginare un mondo come un supermercato e dei
cittadini che non fanno altro che scegliere dei prodotti.
Il mondo che io immagino nasce e si rafforza sulla
collaborazione di uomini e donne, nella comprensione
della vulnerabilitö. Siamo persone, e come tali abbiamo
bisogno di appoggio, di essere aiutati sin dalla nostra
infanzia fino alla vecchiaia. Abbiamo bisogno di aiutarci
lÍun lÍaltro e di mostrarci complici lÍuno dellÍaltro.
E
che ne ² di questo spirito di complicitö nellÍUnione
europea che abbiamo sotto gli occhi?
EÍ un momento difficile per realizzare una nuova unione
politica di stati senza correre il rischio di inciampare
nei meccanismi delle grandi unioni economiche. Gli
stati hanno il compito di proteggere i diritti dei
cittadini piuttosto che comportarsi come promotori
economici. Ecco come mi piacerebbe lÍUnione europea.
Ma le intenzioni sembrano esserci tutte. Nella
bozza di costituzione ² scritto che lÍUe vuole essere
una forza di pace e non una potenza militare che si
contrappone agli Usa.
Questo ² un desiderio intriso di pietö, un meraviglioso
filantropico desiderio. Tutti vorremmo unÍUnione che
si basi sulla pace, che non ci fosse nel mondo la
minaccia bellica. Per÷ in un mondo che costantemente
deve confrontarsi con le minacce della guerra, rinunciare
allÍautodifesa significa affidarsi alle braccia robuste
di qualcun altro. Le esperienze del secolo passato
ci raccontano di unÍEuropa che, di fronte a problemi
di ordine militare, ha dovuto confidare negli Stati
Uniti. Dobbiamo chiarire che lÍUnione guarda alla
pace ma che siamo anche capaci di difenderci nel momento
in cui ce nͲ bisogno.
Qual ² il ruolo degli intellettuali in quel gioco
di complicitö di cui parlava prima?
Credo che la strada migliore per rispondere e delineare
il ruolo degli intellettuali nella societö sia quello
di riflettere sul ruolo dellÍeducazione. Se non vuole
essere semplicemente un personaggio dello show-
business lÍintellettuale deve cercare di diventare
un educatore. Questo non vuol dire trasformarsi in
un profeta o in un invasato esaltatore di emozioni,
in un sobillatore di animi. Un educatore ² una persona
che riflette sul significato che vogliamo dare alla
parola cultura e sul modo di diffonderla e farla arrivare
agli altri. Dovremmo provare a fare in modo che la
cultura arrivi al maggior numero di persone possibili,
perch³ democrazia vuol dire anche democrazia culturale,
non solo legale e politica.
Arrivare alla maggior parte delle persone. Le
platee pið ampie sono senzÍaltro quelle televisive.
La tv riesce ad educare?
Hombre, devi andare a cercare le persone dove
stanno. La caratteristica dellÍintellettuale moderno
² di andare a prendere le persone dove sono, se rimanesse
chiuso in un convento a parlare tra s³ e s³, non riuscirebbe
mai ad avere una funzione pubblica.
Ma lei va in tv? Pierre Bourdieu ha raccontato
in un suo famoso articolo che, una volta invitato
ad un talk show televisivo, gli ² stato impossibile
fare un discorso compiuto. Ha giurato che non sarebbe
mai pið andato in tv perch³ questa impedisce ogni
forma di crescita culturale.
Io vado poco in tv, mi piacerebbe andarci di pið,
ma, innanzitutto, non mi invitano. E poi non ci sono
molti programmi che promuovono una crescita culturale.
Mi piacerebbe andare di pið in televisione, e ho anche
proposto un programma a dei produttori televisivi,
ma il progetto non ² andato in porto. Credo che la
tv abbia una grande potenzialitö perch³ pu÷ offrire
agli spettatori opportunitö di dibattiti, abituandole
cosÒ ad ascoltare discussioni razionali. Ci dovrebbe
essere per÷ una maggiore possibilitö per realizzare
programmi culturali ben fatti. Il problema ² che la
televisione commerciale e mercantile non dö spazio
a questo genere di idee, mentre favorisce il degrado
dei contenuti televisivi. Ma di questo non bisogna
dare la colpa alla tv come mezzo di comunicazione,
ma semplicemente alle persone e alle strutture che
fanno della tv un semplice strumento mercantile.
La conseguenza ² che le persone non sono abituate
ad ascoltare un discorso o unÍargomentazione, ma non
fanno che guardare uno spettacolo. Una cosa importante
² lÍattenzione, se si cambia canale ogni trenta secondi
² impossibile seguire un discorso fino in fondo e
comprenderlo. La trasmissione della cultura, lo scambio
di idee, sono attivitö che hanno bisogno di tempo,
di attenzione e di concentrazione. Leggere ² unÍattivitö
che richiede tempo, se hai solo cinque minuti non
puoi metterti con un libro davanti agli occhi. La
tv al contrario ² fatta di frammenti, di istanti.
Per÷ non possiamo sostenere una situazione in cui
gli intellettuali si riuniscono in un cenacolo che
comprende solo loro, bisogna utilizzare tutti i mezzi
che abbiamo a disposizione per raggiungere le persone.
E la televisione, come la radio, ² tra questi.
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