238 - 18.10.03


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ñImmagino un mondo di compliciî

Fernando Savater con Mauro Buonocore


Piazza Re Astolfo di Carpi. Intorno al palco che ne occupa un lato, due o tre decine di persone si accalcano con in mano libri da far firmare. Aspetto con pazienza e butto lÍocchio a qualche titolo: Etica per un figlio, Dizionario filosofico, Le domande della vita. Fernando Savater, il filosofo spagnolo, siede al centro della calca dopo aver da poco terminato la sua lezione magistrale in programma al Festival filosofia 2003, manifestazione che per tre giorni, da tre anni, porta i filosofi nelle piazze di Modena Carpi e Sassuolo. Savater ha parlato del confine sottile che corre tra lÍumano e lÍinumano, di come lÍetica cavalchi questo delicato filo tra guerre, biotecnologie e ingegneria genetica. Mentre gli ultimi fan si allontanano entusiasti per la firma del filosofo spagnolo che autografa i loro libri, mi avvicino al palco per ricordare a Savater che mi ha promesso di rispondere a qualche domanda sullÍUnione europea. La folla scema, mi faccio avanti, si ricorda di me, mi prende cortesemente in disparte e aspetta le mie domande

Professore, lo scorso mese di maggio, lei ² stato protagonista insieme ad Habermas, Rorty, Eco, Vattimo, Deridda e altri, di unÍiniziativa singolare. Nello stesso giorno, ciascuno di voi ha pubblicato su un quotidiano europeo un articolo sui valori dellÍUnione Europea.

ñSÒ, ² stata unÍidea di JÙrgen Habermas. Si trattava di pubblicare contemporaneamente un articolo per promuovere agli occhi dellÍopinione pubblica europea i valori di umanitari che caratterizzano la cultura del nostro continente e che, nel periodo della guerra allÍIrak sembravano messi in crisi dalla situazione internazionaleî.

Su quali valori vorrebbe che si fondasse lo spirito europeo?

Io credo nellÍidea di cittadinanza e in una societö basata sulla reciproca protezione. Il mondo a cui voglio appartenere e che voglio contribuire a costruire non ² fatto di competitori e di consumatori, ma di complici che si aiutano tra di loro. Ecco quello che considero come valore europeo, lÍidea di costruire una societö di complici, di persone che si confrontano e si rapportano concretamente tra di loro. Non riesco ad immaginare un mondo come un supermercato e dei cittadini che non fanno altro che scegliere dei prodotti. Il mondo che io immagino nasce e si rafforza sulla collaborazione di uomini e donne, nella comprensione della vulnerabilitö. Siamo persone, e come tali abbiamo bisogno di appoggio, di essere aiutati sin dalla nostra infanzia fino alla vecchiaia. Abbiamo bisogno di aiutarci lÍun lÍaltro e di mostrarci complici lÍuno dellÍaltro.

E che ne ² di questo spirito di complicitö nellÍUnione europea che abbiamo sotto gli occhi?

EÍ un momento difficile per realizzare una nuova unione politica di stati senza correre il rischio di inciampare nei meccanismi delle grandi unioni economiche. Gli stati hanno il compito di proteggere i diritti dei cittadini piuttosto che comportarsi come promotori economici. Ecco come mi piacerebbe lÍUnione europea.

Ma le intenzioni sembrano esserci tutte. Nella bozza di costituzione ² scritto che lÍUe vuole essere una forza di pace e non una potenza militare che si contrappone agli Usa.

Questo ² un desiderio intriso di pietö, un meraviglioso filantropico desiderio. Tutti vorremmo unÍUnione che si basi sulla pace, che non ci fosse nel mondo la minaccia bellica. Per÷ in un mondo che costantemente deve confrontarsi con le minacce della guerra, rinunciare allÍautodifesa significa affidarsi alle braccia robuste di qualcun altro. Le esperienze del secolo passato ci raccontano di unÍEuropa che, di fronte a problemi di ordine militare, ha dovuto confidare negli Stati Uniti. Dobbiamo chiarire che lÍUnione guarda alla pace ma che siamo anche capaci di difenderci nel momento in cui ce nͲ bisogno.

Qual ² il ruolo degli intellettuali in quel gioco di complicitö di cui parlava prima?

Credo che la strada migliore per rispondere e delineare il ruolo degli intellettuali nella societö sia quello di riflettere sul ruolo dellÍeducazione. Se non vuole essere semplicemente un personaggio dello show- business lÍintellettuale deve cercare di diventare un educatore. Questo non vuol dire trasformarsi in un profeta o in un invasato esaltatore di emozioni, in un sobillatore di animi. Un educatore ² una persona che riflette sul significato che vogliamo dare alla parola cultura e sul modo di diffonderla e farla arrivare agli altri. Dovremmo provare a fare in modo che la cultura arrivi al maggior numero di persone possibili, perch³ democrazia vuol dire anche democrazia culturale, non solo legale e politica.

Arrivare alla maggior parte delle persone. Le platee pið ampie sono senzÍaltro quelle televisive. La tv riesce ad educare?

Hombre, devi andare a cercare le persone dove stanno. La caratteristica dellÍintellettuale moderno ² di andare a prendere le persone dove sono, se rimanesse chiuso in un convento a parlare tra s³ e s³, non riuscirebbe mai ad avere una funzione pubblica.


Ma lei va in tv? Pierre Bourdieu ha raccontato in un suo famoso articolo che, una volta invitato ad un talk show televisivo, gli ² stato impossibile fare un discorso compiuto. Ha giurato che non sarebbe mai pið andato in tv perch³ questa impedisce ogni forma di crescita culturale.

Io vado poco in tv, mi piacerebbe andarci di pið, ma, innanzitutto, non mi invitano. E poi non ci sono molti programmi che promuovono una crescita culturale. Mi piacerebbe andare di pið in televisione, e ho anche proposto un programma a dei produttori televisivi, ma il progetto non ² andato in porto. Credo che la tv abbia una grande potenzialitö perch³ pu÷ offrire agli spettatori opportunitö di dibattiti, abituandole cosÒ ad ascoltare discussioni razionali. Ci dovrebbe essere per÷ una maggiore possibilitö per realizzare programmi culturali ben fatti. Il problema ² che la televisione commerciale e mercantile non dö spazio a questo genere di idee, mentre favorisce il degrado dei contenuti televisivi. Ma di questo non bisogna dare la colpa alla tv come mezzo di comunicazione, ma semplicemente alle persone e alle strutture che fanno della tv un semplice strumento mercantile.

La conseguenza ² che le persone non sono abituate ad ascoltare un discorso o unÍargomentazione, ma non fanno che guardare uno spettacolo. Una cosa importante ² lÍattenzione, se si cambia canale ogni trenta secondi ² impossibile seguire un discorso fino in fondo e comprenderlo. La trasmissione della cultura, lo scambio di idee, sono attivitö che hanno bisogno di tempo, di attenzione e di concentrazione. Leggere ² unÍattivitö che richiede tempo, se hai solo cinque minuti non puoi metterti con un libro davanti agli occhi. La tv al contrario ² fatta di frammenti, di istanti. Per÷ non possiamo sostenere una situazione in cui gli intellettuali si riuniscono in un cenacolo che comprende solo loro, bisogna utilizzare tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per raggiungere le persone. E la televisione, come la radio, ² tra questi.

 

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