317 - 16.03.07
 


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Il silenzio di Grass e
la scelta di Pirandello
Massimo Negri

Riceviamo da un nostro lettore questa lettera che volentieri pubblichiamo.


Cari amici di Caffe' Europa,

il dibattito che si è aperto nel 2006 a seguito della confessione tardiva di Gunter Grass alla Frankfurten Allgemeine di essersi arruolato volontario, da adolescente, nelle Waffen Ss senza però commettere, poi, crimini di guerra ha avuto, secondo me, almeno il merito di contribuire, in una parte dell'immaginario collettivo, a far scendere dal piedistallo la figura dello scrittore-
profeta, maestro di vita, restituendolo alla sua più naturale dimensione di persona competente della parola narrata, così come - per capirsi - un musicista o un pittore lo sono nei loro campi.

Fra i commenti italiani ho condiviso, in particolare, quello espresso da Claudio Magris (Corriere della Sera, 19 agosto 2006) secondo cui "lo spirito soffia dove e quando vuole, e non sempre, nel cuore e nella mente di un grande scrittore; quando non soffia, ognuno è un povero diavolo capace di tutte le sciocchezze. Non è strano che non abbia soffiato sul Grass diciassettenne, in quel momento tremendo, e non sappiamo perché non abbia più tardi spazzato via come un vento quel peso dalla sua coscienza. Una cosa è certa. Questa vicenda non sminuisce minimamente non solo la grandezza poetica di chi ha scritto Il tamburo di latta, ma nemmeno la meritoria milizia etico-politica di Grass in tutti questi anni".

Il caso di Gunter Grass cui, per ragioni anagrafiche, si perdona più a cuor leggero l'errore giovanile e meno il silenzio successivo, riporta all'attualità il caso di Luigi Pirandello che pone, invece, un problema forse maggiore data la sua scelta politica in età matura.
Annoto, in merito, una critica a lui mossa, tempo fa, da Mario Soldati: "Pirandello si è iscritto al partito fascista dopo il delitto Matteotti. Ha fatto questa cosa senza averne nessun bisogno. Aveva avuto il premio Nobel, era già famoso, guadagnava quello che voleva. Sì, aveva una famiglia numerosa ma, insomma, poteva andare a Parigi, a Londra a fare quello che voleva ...
Lui diceva: il mondo è merda, l'Italia va male, tanto vale che io sostenga il fascismo".

Quella di Soldati sarà un'opinione come un'altra ma segnala il fatto che, a volte, pure i grandi autori non sanno porre dei limiti - perché no anche morali - ai loro successi. Ne discende un avviso ai lettori circa la cautela da usare nel trasferire l'ammirazione dai libri alle persone che li scrivono giacché esse sono - fuori dalle loro opere d'arte - capaci, come tutti, di ogni nequizia. Senza togliere, perciò, neppure un'oncia al valore letterario dell'inventore de "Il fu Mattia Pascal".

Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 




 

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