Riceviamo da un nostro lettore questa lettera
che volentieri pubblichiamo.
Cari amici di Caffe' Europa,
il dibattito che si è aperto nel 2006 a seguito
della confessione tardiva di Gunter Grass alla Frankfurten
Allgemeine di essersi arruolato volontario, da
adolescente, nelle Waffen Ss senza però commettere,
poi, crimini di guerra ha avuto, secondo me, almeno
il merito di contribuire, in una parte dell'immaginario
collettivo, a far scendere dal piedistallo la figura
dello scrittore-
profeta, maestro di vita, restituendolo alla sua più
naturale dimensione di persona competente della parola
narrata, così come - per capirsi - un musicista
o un pittore lo sono nei loro campi.
Fra i commenti italiani ho condiviso, in particolare,
quello espresso da Claudio Magris (Corriere della
Sera, 19 agosto 2006) secondo cui "lo spirito
soffia dove e quando vuole, e non sempre, nel cuore
e nella mente di un grande scrittore; quando non soffia,
ognuno è un povero diavolo capace di tutte
le sciocchezze. Non è strano che non abbia
soffiato sul Grass diciassettenne, in quel momento
tremendo, e non sappiamo perché non abbia più
tardi spazzato via come un vento quel peso dalla sua
coscienza. Una cosa è certa. Questa vicenda
non sminuisce minimamente non solo la grandezza poetica
di chi ha scritto Il tamburo di latta, ma
nemmeno la meritoria milizia etico-politica di Grass
in tutti questi anni".
Il caso di Gunter Grass cui, per ragioni anagrafiche,
si perdona più a cuor leggero l'errore giovanile
e meno il silenzio successivo, riporta all'attualità
il caso di Luigi Pirandello che pone, invece, un problema
forse maggiore data la sua scelta politica in età
matura.
Annoto, in merito, una critica a lui mossa, tempo
fa, da Mario Soldati: "Pirandello si è
iscritto al partito fascista dopo il delitto Matteotti.
Ha fatto questa cosa senza averne nessun bisogno.
Aveva avuto il premio Nobel, era già famoso,
guadagnava quello che voleva. Sì, aveva una
famiglia numerosa ma, insomma, poteva andare a Parigi,
a Londra a fare quello che voleva ...
Lui diceva: il mondo è merda, l'Italia va male,
tanto vale che io sostenga il fascismo".
Quella di Soldati sarà un'opinione come un'altra
ma segnala il fatto che, a volte, pure i grandi autori
non sanno porre dei limiti - perché no anche
morali - ai loro successi. Ne discende un avviso ai
lettori circa la cautela da usare nel trasferire l'ammirazione
dai libri alle persone che li scrivono giacché
esse sono - fuori dalle loro opere d'arte - capaci,
come tutti, di ogni nequizia. Senza togliere, perciò,
neppure un'oncia al valore letterario dell'inventore
de "Il fu Mattia Pascal".
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)
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