Sì, l'articolo di Scoppola mi è piaciuto.
Mi offre l'occasione per riprendere la sua domanda
su quali possano essere le nuove fonti che alimenterebbero
il costituendo partito democratico. Argomenterò
ironicamente per assurdo come so fare. Non sono obiezioni
le mie - anche se, come dice Prodi, ogni obiezioni
contiene del vero - ma invitano a non lasciarsi prendere
da facili entusiasmi, pur entusiasmandosi. Dimostro
brevemente che non è un paradosso.
Perché pensare a un partito democratico? Forse
perché non c'è democrazia in Italia?
Ma allora perché non progettare addirittura
un "partito politico"? Vista l'impolitica
che la destra berlusconiana ha imposto al paese -
l'impolitica Nimby, cioè l'individualismo bieco
del motto "not in my backyard" - l'idea
di istituire un partito politico non sarebbe né
lapalissiana né ingenua. Oggi in Italia c'è
bisogno di politica, quindi di democrazia. Ma c'è
proprio bisogno di un partito democratico?
La risposta è ovviamente sì. Tra le
tante segnalo una ragione necessaria, anche se da
sola non sufficiente, per pensare a un partito democratico.
L'esistenza del partito democratico negli Stati Uniti
testimonia l'esigenza di rammentare agli impolitici
di quel paese - di ogni paese - il pericolo che la
democrazia evapori nella dittatura della maggioranza,
come già ammoniva Tocqueville.
L'istituzione di un partito democratico in Italia
risponde alle stesse ansie. Giustamente ricordava
Bobbio che la democrazia non si mantiene da sé.
Occorre darle un sostegno, un puntello esterno. Per
anni il sostegno fu religioso. Nel bene e nel male
la democrazia cristiana assolse per mezzo secolo a
questo compito. Sosteneva, oltre alle ragioni dei
cattolici, quelle dei democratici. Si può fare
di meglio? La religione serve ancora? Oggi che il
"pericolo socialista" è scomparso
dall'orizzonte europeo - quel socialismo che con le
sue buone intenzioni ha lastricato la strada verso
l'inferno del nazismo e del comunismo - serve ancora
ragionare in termini di "noi buoni e liberali,
gli altri cattivi e socialisti"? Serve ancora
demonizzare i comunisti che mangiano i bambini? Certo
è meglio lasciare questi
infantilismi ai nostri amici dell'opposizione. Ma
allora quale fondamento, che non sia paranoico, dare
a un nuovo soggetto politico, che si voglia democratico?
Si può - lo dico scimmiottando i dinosauri
di casa nostra - fondare un partito di rifondazione
democratica?
Rispondo con un sorrisino sulle labbra. Lasciamo le
rifondazioni al secolo breve che per fortuna è
alle nostre spalle. Lavoro da più di trent'anni
in campo psicanalitico e alla fine della mia carriera
mi
accorgo con sollievo che si può lavorare bene,
e in campo individuale e in campo sociale, senza fondamenti
o fondazioni. I fondamenti e le fondazioni sono la
longa manus di un potere occulto che, in nome dei
valori, vuole imporre la propria ortodossia, perché
quella e solo quella a lui conviene. La democrazia
non ha fondamenti. O meglio, ha fondamenti metaforici,
la cui natura poetica è resa bene dai nomignoli
vegetali che le formazioni politiche della maggioranza
si sono dati. La democrazia, finalmente, non ha fondamenti,
ma si fa. E' nel fare il suo fondamento. Facciamo
democrazia e la democrazia avverrà. La democrazia
è "à venir", diceva Derrida.
E' il nostro avvenire, cioè l'avvenire dei
nostri figli. Prima del filosofo lo diceva il Vangelo:
la democrazia è per gli uomini di buona volontà.
Allora inventiamo pure il partito democratico, se
serve a fare democrazia. Usciamo, per carità,
dall'impolitica Nimby, se serve a fare democrazia.
Facciamo un po' di poesia, per favore, se serve a
fare democrazia.
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