309 - 10.11.06


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La democrazia è "à venir"
Antonello Sciacchitano

Sì, l'articolo di Scoppola mi è piaciuto. Mi offre l'occasione per riprendere la sua domanda su quali possano essere le nuove fonti che alimenterebbero il costituendo partito democratico. Argomenterò
ironicamente per assurdo come so fare. Non sono obiezioni le mie - anche se, come dice Prodi, ogni obiezioni contiene del vero - ma invitano a non lasciarsi prendere da facili entusiasmi, pur entusiasmandosi. Dimostro brevemente che non è un paradosso.

Perché pensare a un partito democratico? Forse perché non c'è democrazia in Italia? Ma allora perché non progettare addirittura un "partito politico"? Vista l'impolitica che la destra berlusconiana ha imposto al paese - l'impolitica Nimby, cioè l'individualismo bieco
del motto "not in my backyard" - l'idea di istituire un partito politico non sarebbe né lapalissiana né ingenua. Oggi in Italia c'è bisogno di politica, quindi di democrazia. Ma c'è proprio bisogno di un partito democratico?

La risposta è ovviamente sì. Tra le tante segnalo una ragione necessaria, anche se da sola non sufficiente, per pensare a un partito democratico. L'esistenza del partito democratico negli Stati Uniti testimonia l'esigenza di rammentare agli impolitici di quel paese - di ogni paese - il pericolo che la democrazia evapori nella dittatura della maggioranza, come già ammoniva Tocqueville.
L'istituzione di un partito democratico in Italia risponde alle stesse ansie. Giustamente ricordava Bobbio che la democrazia non si mantiene da sé. Occorre darle un sostegno, un puntello esterno. Per anni il sostegno fu religioso. Nel bene e nel male la democrazia cristiana assolse per mezzo secolo a questo compito. Sosteneva, oltre alle ragioni dei cattolici, quelle dei democratici. Si può fare di meglio? La religione serve ancora? Oggi che il "pericolo socialista" è scomparso dall'orizzonte europeo - quel socialismo che con le sue buone intenzioni ha lastricato la strada verso l'inferno del nazismo e del comunismo - serve ancora ragionare in termini di "noi buoni e liberali, gli altri cattivi e socialisti"? Serve ancora demonizzare i comunisti che mangiano i bambini? Certo è meglio lasciare questi
infantilismi ai nostri amici dell'opposizione. Ma allora quale fondamento, che non sia paranoico, dare a un nuovo soggetto politico, che si voglia democratico? Si può - lo dico scimmiottando i dinosauri di casa nostra - fondare un partito di rifondazione democratica?
Rispondo con un sorrisino sulle labbra. Lasciamo le rifondazioni al secolo breve che per fortuna è alle nostre spalle. Lavoro da più di trent'anni in campo psicanalitico e alla fine della mia carriera mi
accorgo con sollievo che si può lavorare bene, e in campo individuale e in campo sociale, senza fondamenti o fondazioni. I fondamenti e le fondazioni sono la longa manus di un potere occulto che, in nome dei valori, vuole imporre la propria ortodossia, perché quella e solo quella a lui conviene. La democrazia non ha fondamenti. O meglio, ha fondamenti metaforici, la cui natura poetica è resa bene dai nomignoli vegetali che le formazioni politiche della maggioranza si sono dati. La democrazia, finalmente, non ha fondamenti, ma si fa. E' nel fare il suo fondamento. Facciamo democrazia e la democrazia avverrà. La democrazia è "à venir", diceva Derrida. E' il nostro avvenire, cioè l'avvenire dei nostri figli. Prima del filosofo lo diceva il Vangelo: la democrazia è per gli uomini di buona volontà.
Allora inventiamo pure il partito democratico, se serve a fare democrazia. Usciamo, per carità, dall'impolitica Nimby, se serve a fare democrazia. Facciamo un po' di poesia, per favore, se serve a fare democrazia.

 

 

 

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