309 - 10.11.06


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Partito Democratico: badiamo alle cose essenziali
Maurizio Michelini

1 – Il Partito Democratico-Ulivo è nell’aria, gli interessati sono d’accordo che si deve fare, ma non riescono a trovare la giusta sintonia. Recentemente è stata messa sul tavolo di discussione anche la scelta della Casa politica europea dove il neonato Pd andrà ad abitare. Ovviamente è difficile trovare l’accordo su questo punto allo stadio prenatale in cui siamo. Si tratta di una scelta che, come il battesimo, è opportuno il Pd faccia da solo, quando sarà cresciuto e consolidato.

Saranno le stesse Famiglie politiche europee ad invitarlo. Non tanto per la forza numerica, non eccezionale nel panorama europeo, ma per il contenuto politico rivitalizzante. Dio solo sa quale bisogno abbia oggi l’Europa disorientata di una idea nuova attorno alla quale coagularsi.
E’ ragionevole attendersi una spinta in tal senso da parte di Romano Prodi, grazie all’esperienza e alle risorse personali da lui maturate al servizio dell’Unione europea.
In ogni caso un programma rivitalizzante europeo non nasce da un Congresso di partito.

Nasce durante l’azione, come è successo nella guerra in Libano, quando il governo italiano ha ridato slancio, impegnandosi per primo a mandare un robusto contingente di pace, al ruolo delle Nazioni Unite e ha ottenuto la cessazione delle ostilità quando sembrava che la guerra in Medio oriente si sarebbe pericolosamente allargata.

Si è aperta al contrario una nuova strada per giungere alla pace stabile in Palestina realizzando finalmente la Risoluzione 242 dell’ONU che prevede due stati per due popoli. Un obbiettivo che da quarant’anni tutti dicono di voler attuare, ma sul quale nessuna grande potenza, presa dai suoi interessi particolari, si è mai impegnata veramente.
L’unilateralismo della superpotenza americana ha cominciato a perdere colpi. I tempi sono ormai maturi per pensare a un ritorno delle Nazioni Unite nell’alveo europeo, l’unica grande regione sviluppata del globo che abbia una politica di penetrazione economica non basata sulle armi. Sessant’anni di permanenza sul suolo americano hanno dimostrato che l’organizzazione dell’ONU non può liberamente gestire le crisi che si producono nel mondo stando dentro il guscio di una superpotenza.

2 - Non possiamo dimenticare queste cose quando ci chiediamo quale “anima” debba avere il PD.
Secondo alcuni la cosa più semplice sarebbe che il Pd assomigliasse ai suoi genitori. Ma molto forte è la spinta a migliorare il patrimonio genico del nascituro. Anche da parte degli stessi genitori, consci della necessità di evolversi dopo aver adempiuto la funzione storica di transizione dal bipolarismo della guerra fredda al bipolarismo di stampo europeo, necessario per interpretare correttamente la dialettica democratica e sociale in tempo di pace.
Va dato atto che finora Ds e Margherita hanno fatto i passi necessari, dal punto di vista formale, verso la storica trasformazione in un solo partito.
La lentezza nel procedere nasce probabilmente dal fatto che l’opinione pubblica e gli stessi iscritti non si accontentano di una sommatoria di persone e di programmi partorita dai congressi dei rispettivi partiti, ma vogliono che nel PD sia trasfusa l’idea di un nuovo soggetto politico così come l’ha percepita l’elettorato di centrosinistra, divenuto autocosciente dopo le primarie di Ottobre. L’idea - cioè - di una nuova struttura politica che esprima la potenzialità numerica dell’Ulivo e incameri la visione politica di Prodi, l’unico leader che - per riconoscimento unanime - è stato ed è in grado di sfidare e battere Berlusconi.
Il centrosinistra italiano ha diversi leaders di rango, formatisi nella lunga transizione post Dc-Pci. Ma nessuno di essi è stato in grado di sfidare veramente Berlusconi alle politiche del 2001. Il quale ha vinto grazie all’assenza di Prodi, impegnato nella guida della Commissione Ue.
Il complesso di inferiorità dei leaders del centrosinistra al cospetto della facies intimidatoria di Berlusconi è stato una sgradita sorpresa per il nostro elettorato. Sorpresa che ha trovato sfogo anche nell’invettiva morettiana che, al prezzo di una frustata, ha tuttavia prodotto buoni risultati.
Tanto che oggi lo scollamento dei vertici dalla base sembra quasi dissolto.

3 - In ogni caso, Prodi è un riferimento sicuro per l’Italia e la sua leadership è stata lealmente confermata dagli altri leaders del centrosinistra, da lui intelligentemente chiamati a dare forza e sostanza alle Istituzioni e al governo di coalizione.
La prova è riuscita. La nuova squadra di governo ha mostrato di reggere al mare grosso delle controversie internazionali, mantenendo alta la bandiera della legalità delle Nazioni Unite spalleggiate dall’Europa. Legalità che appena tre anni fa un gruppetto di traditori dei Trattati europei (tra cui Aznar e Berlusconi, oggi disarcionati dall’elettorato, mentre Blair lascerà presto) aveva abbandonato, aderendo con la famosa lettera dei cinque alla gestione unilaterale dell’avventura irakena.
Durante il lungo scontro politico e parlamentare con la sovversione portata da Berlusconi in campo giudiziario e istituzionale, ha messo radici l’idea della fusione Ds-Margherita, dalla quale può uscire il soggetto politico europeo capace di mettere definitivamente in soffitta il provincialismo dell’Italietta di Berlusconi.

Perché di questo si tratta. Se anche il nuovo Pd avesse tutte le caratteristiche di partito europeo, ma non avesse nel suo dna l’impegno necessario a chiudere definitivamente l’anomalia berlusconiana, ridando al centrodestra la fisionomia del moderatismo europeo, allora è meglio lasciar perdere. Converrebbe tenerci i due partiti attuali, i quali per non perdere consenso saranno prima o poi costretti dalla base a dar vita a una legislazione contro le metastasi antidemocratiche del berlusconismo: dalla modifica dell’ordinamento giudiziario alla legge elettorale (studiata appositamente per consentire brogli alla coalizione data perdente nei sondaggi), dal conflitto d’interessi alle leggi ad personam. Naturalmente é meglio che questi impegni siano presi da un unico soggetto politico, evitando i tentennamenti sempre possibili quando le decisioni debbono essere prese congiuntamente.

4 – L’avvenimento più saliente nella storia politica d’Italia, quello che sceglie il terreno di gioco e le sue regole (che stanno fuori dello stato di diritto), è il berlusconismo. Nessuna nuova formazione politica che conti può nascere in Italia se non si confronta con il berlusconismo. Non credo che l’obbiettivo di rigenerare politicamente l’Italia, di ridare vitalità alle sue Istituzioni e rimettere in sesto l’economia si possa raggiungere con il bilancino da farmacista delle alchimie partitiche. Quanto alla formazione del nuovo PD, durante l’estate abbiamo toccato con mano l’affiorare di forti complicazioni quando i partiti mettono mano concretamente alla procedura per arrivarci.
In questa delicata operazione è necessario rifuggire da ogni semplificazione.
Evidentemente la strada tradizionale della consultazione degli iscritti e dei congressi di partito non va bene. La somma degli iscritti a Ds e Margherita sono meno della metà degli elettori che hanno partecipato alle primarie di Ottobre. E il Pd deve nascere con il consenso e l’entusiasmo di quei 4 milioni di elettori.
Tuttavia neanche un uso indiscriminato delle primarie va bene. Ad esempio l’idea di fare una tornata per eleggere il segretario del Pd (verosimilmente Prodi) con il potere di cooptare attorno a sé una struttura di fedelissimi, non andrebbe bene. E’ chiaro che così si sommerebbe il potere del capo di governo con il potere derivante dalla mediazione politica e parlamentare.
Una tale soluzione è fortunatamente poco realistica per due ragioni.
La prima perché l’elettorato di centrosinistra non rinuncerebbe tanto facilmente ai suoi leaders più rappresentativi. La seconda perché tale soluzione è lontana dal carattere e dall’intuizione politica di Romano Prodi, il quale non si troverebbe a suo agio nella inedita veste di leader di lotta e di governo. La riprova sta nel fatto che l’idea della fusione delle due cariche è invece perfettamente compatibile con l’ideologia berlusconiana, come abbiamo saputo dalle labbra stesse dell’Uomo-della-provvidenza, che ha confessato di volersi proporre alla guida del partito-unico del centrodestra (ovviamente senza bisogno di ricorrere alle primarie!)
Dovendo Prodi reggere la già difficile barra del timone governativo, bisogna dunque cominciare a pensare a una qualche inedita forma di direzione collegiale del nuovo partito. In questo delicato compito potrebbe essere sicuramente utile sottoporre al popolo delle primarie un congruo numero di candidati. Tra questi sarà eletto un centinaio di membri del Comitato promotore del congresso fondativo, dal cui seno saranno scelti gli esponenti politici che svolgeranno ruoli di primo piano nel partito.

5 - Dopo la sconfitta elettorale la coalizione di centrodestra, non più ringalluzzita dalla foga oratoria di Silvio Berlusconi, è caduta in preda a perdita di identità. Ma non illudiamoci, il fenomeno è transitorio. Sappiamo tutti che il berlusconismo, come pratica politica e metodo di governo, non è scomparso una volta per tutte.
Il centrosinistra ha davanti a sé una difficile legislatura impegnata a rilanciare l’economia e a far quadrare i conti pubblici. All’approssimarsi delle nuove elezioni, sarebbe abbastanza facile per la vena demagogica di Berlusconi ricominciare da capo con le sue litanie, sollecitando la pancia degli interessi costituiti e la scontentezza dei delusi.
Se lo lasciamo fare si rischia di vederlo salire ancora in sella. E questo non lo tollererebbe più nessun elettore del centrosinistra.
Ecco perché è così importante calibrare bene il passo verso il Partito Democratico, senza lasciarsi prendere dall’ansia delle forme da cambiare, ma badando invece alle cose essenziali.
Se alle prossime elezioni politiche il neonato PD risultasse torpido e indeciso, riconsegnando l’Italia al berlusconismo, allora coloro che lo hanno fatto nascere handicappato dovranno rendere conto degli errori commessi.

 




 

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