1 – Il Partito Democratico-Ulivo
è nell’aria, gli interessati sono d’accordo
che si deve fare, ma non riescono a trovare la giusta
sintonia. Recentemente è stata messa sul tavolo
di discussione anche la scelta della Casa politica
europea dove il neonato Pd andrà ad abitare.
Ovviamente è difficile trovare l’accordo
su questo punto allo stadio prenatale in cui siamo.
Si tratta di una scelta che, come il battesimo, è
opportuno il Pd faccia da solo, quando sarà
cresciuto e consolidato.
Saranno le stesse Famiglie politiche europee ad invitarlo.
Non tanto per la forza numerica, non eccezionale nel
panorama europeo, ma per il contenuto politico rivitalizzante.
Dio solo sa quale bisogno abbia oggi l’Europa
disorientata di una idea nuova attorno alla quale
coagularsi.
E’ ragionevole attendersi una spinta in tal
senso da parte di Romano Prodi, grazie all’esperienza
e alle risorse personali da lui maturate al servizio
dell’Unione europea.
In ogni caso un programma rivitalizzante europeo non
nasce da un Congresso di partito.
Nasce durante l’azione, come è successo
nella guerra in Libano, quando il governo italiano
ha ridato slancio, impegnandosi per primo a mandare
un robusto contingente di pace, al ruolo delle Nazioni
Unite e ha ottenuto la cessazione delle ostilità
quando sembrava che la guerra in Medio oriente si
sarebbe pericolosamente allargata.
Si è aperta al contrario una nuova strada
per giungere alla pace stabile in Palestina realizzando
finalmente la Risoluzione 242 dell’ONU che prevede
due stati per due popoli. Un obbiettivo che da quarant’anni
tutti dicono di voler attuare, ma sul quale nessuna
grande potenza, presa dai suoi interessi particolari,
si è mai impegnata veramente.
L’unilateralismo della superpotenza americana
ha cominciato a perdere colpi. I tempi sono ormai
maturi per pensare a un ritorno delle Nazioni Unite
nell’alveo europeo, l’unica grande regione
sviluppata del globo che abbia una politica di penetrazione
economica non basata sulle armi. Sessant’anni
di permanenza sul suolo americano hanno dimostrato
che l’organizzazione dell’ONU non può
liberamente gestire le crisi che si producono nel
mondo stando dentro il guscio di una superpotenza.
2 - Non possiamo dimenticare queste
cose quando ci chiediamo quale “anima”
debba avere il PD.
Secondo alcuni la cosa più semplice sarebbe
che il Pd assomigliasse ai suoi genitori. Ma molto
forte è la spinta a migliorare il patrimonio
genico del nascituro. Anche da parte degli stessi
genitori, consci della necessità di evolversi
dopo aver adempiuto la funzione storica di transizione
dal bipolarismo della guerra fredda al bipolarismo
di stampo europeo, necessario per interpretare correttamente
la dialettica democratica e sociale in tempo di pace.
Va dato atto che finora Ds e Margherita hanno fatto
i passi necessari, dal punto di vista formale, verso
la storica trasformazione in un solo partito.
La lentezza nel procedere nasce probabilmente dal
fatto che l’opinione pubblica e gli stessi iscritti
non si accontentano di una sommatoria di persone e
di programmi partorita dai congressi dei rispettivi
partiti, ma vogliono che nel PD sia trasfusa l’idea
di un nuovo soggetto politico così come l’ha
percepita l’elettorato di centrosinistra, divenuto
autocosciente dopo le primarie di Ottobre. L’idea
- cioè - di una nuova struttura politica che
esprima la potenzialità numerica dell’Ulivo
e incameri la visione politica di Prodi, l’unico
leader che - per riconoscimento unanime - è
stato ed è in grado di sfidare e battere Berlusconi.
Il centrosinistra italiano ha diversi leaders di rango,
formatisi nella lunga transizione post Dc-Pci. Ma
nessuno di essi è stato in grado di sfidare
veramente Berlusconi alle politiche del 2001. Il quale
ha vinto grazie all’assenza di Prodi, impegnato
nella guida della Commissione Ue.
Il complesso di inferiorità dei leaders del
centrosinistra al cospetto della facies intimidatoria
di Berlusconi è stato una sgradita sorpresa
per il nostro elettorato. Sorpresa che ha trovato
sfogo anche nell’invettiva morettiana che, al
prezzo di una frustata, ha tuttavia prodotto buoni
risultati.
Tanto che oggi lo scollamento dei vertici dalla base
sembra quasi dissolto.
3 - In ogni caso, Prodi è
un riferimento sicuro per l’Italia e la sua
leadership è stata lealmente confermata dagli
altri leaders del centrosinistra, da lui intelligentemente
chiamati a dare forza e sostanza alle Istituzioni
e al governo di coalizione.
La prova è riuscita. La nuova squadra di governo
ha mostrato di reggere al mare grosso delle controversie
internazionali, mantenendo alta la bandiera della
legalità delle Nazioni Unite spalleggiate dall’Europa.
Legalità che appena tre anni fa un gruppetto
di traditori dei Trattati europei (tra cui Aznar e
Berlusconi, oggi disarcionati dall’elettorato,
mentre Blair lascerà presto) aveva abbandonato,
aderendo con la famosa lettera dei cinque alla gestione
unilaterale dell’avventura irakena.
Durante il lungo scontro politico e parlamentare con
la sovversione portata da Berlusconi in campo giudiziario
e istituzionale, ha messo radici l’idea della
fusione Ds-Margherita, dalla quale può uscire
il soggetto politico europeo capace di mettere definitivamente
in soffitta il provincialismo dell’Italietta
di Berlusconi.
Perché di questo si tratta. Se anche il nuovo
Pd avesse tutte le caratteristiche di partito europeo,
ma non avesse nel suo dna l’impegno necessario
a chiudere definitivamente l’anomalia berlusconiana,
ridando al centrodestra la fisionomia del moderatismo
europeo, allora è meglio lasciar perdere. Converrebbe
tenerci i due partiti attuali, i quali per non perdere
consenso saranno prima o poi costretti dalla base
a dar vita a una legislazione contro le metastasi
antidemocratiche del berlusconismo: dalla modifica
dell’ordinamento giudiziario alla legge elettorale
(studiata appositamente per consentire brogli alla
coalizione data perdente nei sondaggi), dal conflitto
d’interessi alle leggi ad personam.
Naturalmente é meglio che questi impegni siano
presi da un unico soggetto politico, evitando i tentennamenti
sempre possibili quando le decisioni debbono essere
prese congiuntamente.
4 – L’avvenimento più
saliente nella storia politica d’Italia, quello
che sceglie il terreno di gioco e le sue regole (che
stanno fuori dello stato di diritto), è il
berlusconismo. Nessuna nuova formazione politica che
conti può nascere in Italia se non si confronta
con il berlusconismo. Non credo che l’obbiettivo
di rigenerare politicamente l’Italia, di ridare
vitalità alle sue Istituzioni e rimettere in
sesto l’economia si possa raggiungere con il
bilancino da farmacista delle alchimie partitiche.
Quanto alla formazione del nuovo PD, durante l’estate
abbiamo toccato con mano l’affiorare di forti
complicazioni quando i partiti mettono mano concretamente
alla procedura per arrivarci.
In questa delicata operazione è necessario
rifuggire da ogni semplificazione.
Evidentemente la strada tradizionale della consultazione
degli iscritti e dei congressi di partito non va bene.
La somma degli iscritti a Ds e Margherita sono meno
della metà degli elettori che hanno partecipato
alle primarie di Ottobre. E il Pd deve nascere con
il consenso e l’entusiasmo di quei 4 milioni
di elettori.
Tuttavia neanche un uso indiscriminato delle primarie
va bene. Ad esempio l’idea di fare una tornata
per eleggere il segretario del Pd (verosimilmente
Prodi) con il potere di cooptare attorno a sé
una struttura di fedelissimi, non andrebbe bene. E’
chiaro che così si sommerebbe il potere del
capo di governo con il potere derivante dalla mediazione
politica e parlamentare.
Una tale soluzione è fortunatamente poco realistica
per due ragioni.
La prima perché l’elettorato di centrosinistra
non rinuncerebbe tanto facilmente ai suoi leaders
più rappresentativi. La seconda perché
tale soluzione è lontana dal carattere e dall’intuizione
politica di Romano Prodi, il quale non si troverebbe
a suo agio nella inedita veste di leader di lotta
e di governo. La riprova sta nel fatto che l’idea
della fusione delle due cariche è invece perfettamente
compatibile con l’ideologia berlusconiana, come
abbiamo saputo dalle labbra stesse dell’Uomo-della-provvidenza,
che ha confessato di volersi proporre alla guida del
partito-unico del centrodestra (ovviamente senza bisogno
di ricorrere alle primarie!)
Dovendo Prodi reggere la già difficile barra
del timone governativo, bisogna dunque cominciare
a pensare a una qualche inedita forma di direzione
collegiale del nuovo partito. In questo delicato compito
potrebbe essere sicuramente utile sottoporre al popolo
delle primarie un congruo numero di candidati. Tra
questi sarà eletto un centinaio di membri del
Comitato promotore del congresso fondativo, dal cui
seno saranno scelti gli esponenti politici che svolgeranno
ruoli di primo piano nel partito.
5 - Dopo la sconfitta elettorale
la coalizione di centrodestra, non più ringalluzzita
dalla foga oratoria di Silvio Berlusconi, è
caduta in preda a perdita di identità. Ma non
illudiamoci, il fenomeno è transitorio. Sappiamo
tutti che il berlusconismo, come pratica politica
e metodo di governo, non è scomparso una volta
per tutte.
Il centrosinistra ha davanti a sé una difficile
legislatura impegnata a rilanciare l’economia
e a far quadrare i conti pubblici. All’approssimarsi
delle nuove elezioni, sarebbe abbastanza facile per
la vena demagogica di Berlusconi ricominciare da capo
con le sue litanie, sollecitando la pancia degli interessi
costituiti e la scontentezza dei delusi.
Se lo lasciamo fare si rischia di vederlo salire ancora
in sella. E questo non lo tollererebbe più
nessun elettore del centrosinistra.
Ecco perché è così importante
calibrare bene il passo verso il Partito Democratico,
senza lasciarsi prendere dall’ansia delle forme
da cambiare, ma badando invece alle cose essenziali.
Se alle prossime elezioni politiche il neonato PD
risultasse torpido e indeciso, riconsegnando l’Italia
al berlusconismo, allora coloro che lo hanno fatto
nascere handicappato dovranno rendere conto degli
errori commessi.
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