DA: Laura Zumin
A: redazione@caffeeuropa.it
Data: lunedì 10 gennaio 2005
12.30
Oggetto: Le
capitali dell'immaginario
Il tema è molto, molto interessante,
ma il trattamento troppo superficiale. Valga per tutti
il caso di Londra. Suggerirei di approfondire l'argomento.
Grazie e buon anno
Laura Zumin
DA: stefano libianchi
A: redazione@caffeeuropa.it
Data: mercoledì 5 gennaio
2005 16.40
Oggetto: Le
capitali dell'immaginario
L'articolo mi ha colpito ed interessato. A Londra
non ci sono ancora stato,
ma, quando ci andrò, mi lascerò guidare
dal percorso particolarissimo della
vostra giornalista.
Stefano Libianchi
DA: giulio manghina
A: redazione@caffeeuropa.it
Data: giovedì 30 dicembre
2004 21.36
Oggetto: Le
capitali dell'immaginario
Non so se il vostro articolo su Londra sia rivolto
alle persone comuni. Persone che, pur non essendo
suggestionabili, non sono affascinate dai complotti
massonici, né dalle teorie sull’occulto
o sulle cospirazioni. Persone che hanno letto George
Orwell, E.M. Forster, T.S. Eliot oltre aVirginia Woolf.
Sono autori troppo classici? Pensate che Londra
occuperebbe il posto che occupa nell’immaginario
collettivo senza il “lezzo di cavolo bollito
e di vecchi e logori stuoini” di cui scrive
Orwell in 1984? Forse alle persone comuni,
che hanno amato Casa Howard di E.M.
Forster, piace camminare fino alle architetture
delle grandi stazioni di Londra, King’s Cross,
Paddington, Charing Cross per godere del “senso
dell’infinito” . E se qualcuno passerà
per Russell Square, disgustato dalle "italian
tagliatelle" del menu della Virginia Woolf’s
Brasserie del Russell Hotel, preferirà
rivolgere un pensiero nostalgico alla piccola
stanza zeppa di libri della Faber & Faber dove
T.S. Eliot, scrivendo l'obituary di Marie LLoyd, la
cantante di Music – Hall amata dalla classe
operaia, profetizzava la "noia del mondo civilizzato".
La casa editrice londinese Snowbook ha dato alle
stampe quest'anno The London Scene, una raccolta
di articoli su Londra scritti da Virginia Woolf negli
anni 30 per una rivista femminile. In uno di questi,
Portrait of a Londoner, la scrittrice sosteneva
che "chi non percorre quella parte di strada
che si allontana da negozi e teatri per bussare alla
porta di una casa privata in una via residenziale,
non può dire di conoscere Londra". Ma
come trovare l'anima di Londra se non si ha questa opportunità?
Si può forse avere la fortuna, trattenendosi
un’oretta in una libreria come Daunts a Marylebone,
di trovare un libro come The soul of London di
Ford Madox Ford e rimanerne stregati. Oppure
si può – in un tiepido pomeriggio di
giugno – entrare nella libreria della “London
Review of Books” dall'ingresso al n. 14
di Bury Place e improvvisamente accorgersi che
si può uscire da un’altra porta,
in una yard tranquilla, equilibrata e festosa. Lì,
seduti a un tavolino a bere un bicchiere di porto
bianco ghiacciato tra londinesi tranquilli equilibrati
e festosi si può percepire il senso
di queste parole della scrittrice sudafricana Doris
Lessing: “era una città da incubo la
Londra nella quale vissi per un anno. Poi una
sera, mentre attraversavo il parco, la luce fuse le
case, gli alberi e gli autobus rossi in qualcosa
di familiare e di bello, e seppi di essere a casa”.
Giulio Manghina
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