256 - 26.06.04


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Un ricordo di Berlinguer
Massimo Negri

Cari amici di Caffe' Europa,
per le tragiche coincidenze del calendario, l' 11 Settembre 2003 oltre ad essere stato il 2Á anniversario del terribile attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York ha segnato pure il 30Á anno dal colpo di stato con il quale il generale Augusto Pinochet ha abbattuto il governo costituzionale di Salvador Allende.

Mi sono ricordato di questa associazione di date nel ventennale della scomparsa di Enrico Berlinguer (segretario Pci dal 1972 al 1984) in quanto lo shock cileno ebbe una rilevante influenza nell' elaborazione della strategia del compromesso storico.
Caliamoci brevemente nello spirito dei tempi.

Pinochet che abbatte Allende ² assunto ad evento simbolo della fragilitö delle piccole e giovani democrazie. E' un freno alle cosiddette "fughe in avanti" delle alternative troppo radicali.
Inoltre, ad aumentare le difficoltö al cambiamento, la strategia della tensione informa che ogni spostamento a sinistra degli equilibri politici italiani costa sangue.
La scia di attentati condiziona ed indebolisce la normale evoluzione della dialettica politica e sindacale.
Non dimentichiamo, infine, che pur favorito dalla celebre affermazione del 1976 di Berlinguer sulla "sicurezza dell' ombrello Nato" solo nel 1978 Giorgio Napolitano - grazie alla svolta impressa dalla presidenza di Jimmy Carter - ottiene il visto per gli Stati Uniti e, al ritorno, avvia gli incontri con l'ambasciatore Richard Gardner che segnano una sorta di normalizzazione e di graduale sdoganamento del Pci agli occhi Usa e di riflesso nei comportamenti della Dc e dei suoi tradizionali alleati (caduta della conventio ad excludendum). Anche il Pci - dopo il Psi - pu÷ essere inglobato nell'area di governo secondo la lungimirante visione di Aldo Moro che - sia detto a onore suo - prevede pure una "terza fase" in cui la Dc potrö andare all'opposizione a "riossigenarsi". Sappiamo, purtroppo, la fine che le Br gli hanno fatto fare. Da vedere, en passant, il film di Marco Bellocchio Buongiorno, notte nel quale il senso claustrofobico della prigionia ² riscattato da una scena finale in cui Moro passeggia per Roma, libero. Sollievo e strazio per noi spettatori.

Perch² il Pci opta per il compromesso storico anzich² per l' alternativa? Da un lato, per i timori (confermati dal caso Cile) della reazione neo-fascista e conservatrice (con avallo Usa; l'Urss non vuole il Pci al potere come ci stanno i partiti socialisti negli altri paesi europei). Dall' altro lato, perch³ il Pci non ha ancora compiuto la traversata del deserto. Non ha ancora, nella sua maggioranza, appreso la lezione di Norberto Bobbio secondo cui i principi del "socialismo liberale" o, se si preferisce, del binomio "giustizia e libertö" vedono la loro realizzazione storica nelle limitate ma concrete esperienze delle socialdemocrazie europee.

Il Pci persegue, all' opposto, una astratta "terza via" che non intende ripetere n³ la strada del socialismo reale n³ quella socialdemocratica. Il Pci ² convinto che la difesa della democrazia e il progressivo innesto di elementi di socialismo siano obiettivi meglio raggiungibili con governi delle "larghe intese" rappresentativi dell' incontro nella societö delle masse cattoliche, socialiste e comuniste (allora erano questi i termini in uso).

A posteriori - e in chiave psicanalitica - possiamo dire che il Pci non ha sufficiente fiducia in se stesso. Ha bisogno di stare vicino a mamma-Dc oltre che a fratello-Psi. Ritiene che l' opposizione al compromesso storico di settori della Dc, del Pli e del Msi basti ed avanzi al funzionamento del gioco democratico.

Confesso che, per un paio d' anni, rimasi impigliato anch' io in questo incantesimo. Fu il mio ex-insegnante di Diritto alle scuole superiori a insinuarmi i primi dubbi e arrivarono, infine, le lezioni del Prof. Gianfranco Pasquino - docente di Scienza della Politica all' Universitö di Bologna - a spiegarmi che la sostanza della democrazia sta sÒ nella partecipazione dei cittadini (categoria appropriata al posto di masse) ma, soprattutto, nella competizione bipolare e regolata delle idee, delle risorse, dei progetti di societö.

Ai miei occhi, Berlinguer rimase un discreto politico, onesto e dotato di carisma, in grado di giustificare il verso di una canzone di Giorgio Gaber secondo cui "qualcuno era comunista perch³ Berlinguer era una brava persona".

Trovo assai pregnante al discorso la similitudine compiuta da Piero Fassino nel suo libro autobiografico Per passione (Rizzoli): "Mi ² capitato spesso di pensare a Berlinguer come a un campione di scacchi che sta giocando la partita pið importante della sua vita: la partita dura ormai da molte ore; sta giungendo alle battute finali e guardando la scacchiera il campione si accorge che, con la prossima mossa, l' avversario gli darö scacco matto. Ha un solo modo per evitarlo: morire un minuto prima che l'altro muova. In fondo, la tragica fine risparmia a Berlinguer l' impatto con la crisi della sua strategia politica".

Personalmente ritengo che Berlinguer capÒ, se pur con ritardo, i suoi errori e mise il suo partito sul sentiero dell' alternativa democratica ma non fece in tempo a vederne i frutti.
Vorrei concludere questa lettera con un pensiero di un suo alter ego, Benigno Zaccagnini che, penso, esprima bene, in chiave anche futura, il contributo che il ramo del cattolicesimo democratico pu÷ donare all'Ulivo : "Non abbiamo scelto noi di vivere in tempi cosÒ difficili, ma dipende da noi esserne all'altezza; non dipende da noi convincere gli altri partiti a imboccare una strada piuttosto che un'altra, ma dipende da noi calarci nella realtö delle cose da fare, dei problemi da risolvere, abbandonando miti e forme di orgoglio che non hanno ragione di esistere, offrirci, con proposte migliori degli altri, quale punto di riferimento insostituibile per il Paese".
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 





 

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