I nuovi confini della pubblicità al Louvre
Consolato
Paolo Latella
Invadente la pubblicità dilaga per le strade con manifesti sempre più grandi ed
aggressivi, sui bus incartati come caramelle, sulla televisione con le interminabili
interruzioni dei programmi, per non parlare della radio ed ora anche durante le telefonate
con brevi "consigli per gli acquisti", definizione questa che fa il paio con i
"danni collaterali" che capitano durante le guerre. Ma non basta: la pubblicità
sta per conquistare le nuove frontiere dello spazio. E' notizia di pochi giorni fa che
l'agenzia di pubblicità Global Impact Comunication di New York si è aggiudicata lo
spazio pubblicitario sul dorso del missile che porterà in orbita il modulo base della
Stazione Spaziale Internazionale.

Sulla terra invece il 18 novembre a Parigi è stato inaugurato un museo dedicato
esclusivamente all'universo della comunicazione pubblicitaria. Si può immaginare lo
sdegno dei custodi della Cultura che, con relativo strappo di vesti, si spolmoneranno
contro questa profanazione dei templi dedicati alle più alte espressioni artistiche. Ma
perché non si dovrebbe considerare la pubblicità degna di essere musealizzata? Sono
stati creati luoghi che conservano gli umili strumenti dei contadini e degli artigiani per
ricordare gli usi e le tradizioni popolari, dunque perché mai un fenomeno sempre più
imponente e caratterizzante la nostra epoca non può essere oggetto di visita in un museo
dove sia possibile confrontare fra di loro le pubblicità di paesi diversi e così
scoprire i differenti interessi e, perché no, gli usi e i consumi di altre culture?

Un altro aspetto di non secondaria importanza è che la pubblicità occupa oramai una
vasta fetta della memoria collettiva e non solo: anche il linguaggio quotidiano è sempre
più infarcito di slogan pubblicitari come lo era un tempo di proverbi.
Da questo nasce le Musée de la Publicitè, per ora unico nel suo genere, che ha
trovato collocazione in uno dei templi mondiali dedicati all'arte con la A maiuscola, il
Louvre, al terzo piano dell'ala de Marsan lasciata libera alcuni anni fa dal Ministero
delle Finanze francesi, e che compone uno dei tre settori dell'Unione delle arti
decorative, assieme a quelli della moda e dei mobili e oggetti. Il museo raccoglie circa
centomila manifesti provenienti dal Musée de l'Affiches che vanno dalla metà del
'700 ad oggi attraverso i quali si scopre un universo inatteso, ricco di sorprese e di
emozioni, nato per colpire ed attrarre, e al quale si sono applicati moltissimi artisti di
fama come Klimt, Toulose-Lautrec, Bonnard e Utrillo, solo per citarne alcuni.
Oltre ai manifesti sono raccolti più di mille film dagli anni Trenta in poi, un mare
di videoclip, jingles, annunci pubblicitari, gadget e paccottiglia varia che verrà
costantemente arricchita grazie alle donazioni delle agenzie di pubblicità. Il patrimonio
del museo è composto da materiali di qualità, con riferimenti certamente alti, in cui
non si troverà facilmente quella pubblicità, particolarmente diffusa in Italia, ricca
solo di banali ammiccamenti sessuali senza un briciolo di genuina ironia.

Il progetto è opera dell'architetto Jean Nouvel, la mente dietro l'Istituto del Mondo
Arabo sempre a Parigi, la cui idea trainante è di riprodurre la vita quotidiana dentro al
museo ricostruendovi una città composta da strade dedicate alle esposizioni e da una
piazza dallo spiccato carattere multimediale, e che in un museo di così moderna
concezione non può che essere il centro vitale. Nouvel ha lasciato alcune delle
decorazioni originali, ha fatto emergere un po' di mattoni e pietre dagli antichi muri e
ha immesso negli ambienti strutture metalliche hi-tech per sostenere l'illuminazione e i
televisori, elementi predominanti del museo. Ancora più forte è la presenza tecnologica
nel bar, luogo di incontro per eccellenza, dove troviamo ventiquattro televisori a schermo
piatto e una sala con dodici postazioni attraverso le quali si può interrogare l'archivio
ed ottenere un ampio ventaglio di documenti su chi o cosa più ci interessa.
Non essendo concepito con una struttura espositiva fissa il materiale verrà fatto
ruotare e il museo sarà sede di mostre temporanee. La prima è dedicata a un italiano,
Renato Zavagli Riccardelli conte della Caminate, in arte René Gruau. Questo novantenne,
che continua a lavorare, è dal 1947 nel mondo della pubblicità e certamente tutti
abbiamo visto qualche suo manifesto, ad esempio per la Cinzano o per Christian Dior,
oppure per la Dolce vita di Fellini.
Conservare la memoria delle pubblicità, poterne osservare i mutamenti, le mode e i
costumi non solo come un'operazione nostalgica ma anche con uno sguardo critico, secondo i
curatori è la missione che si pone questo museo e che può essere un modo per superare
quel vecchio concetto, radicato in molte menti, del museo come luogo noioso e polveroso.
Con 35 franchi, pari a 5.33 euro, si può visitare le Musée de la Publicitè il
cui ingresso è al 107 di rue de Rivoli, un cybermusée come lo definisce l'autorevole
quotidiano parigino "Le Monde", aperto dalle 11 alle 18, il mercoledì fino alle
21, mentre resta chiuso il lunedì.
I molto efficienti cugini d'oltralpe inoltre hanno già organizzato un sito Internet
sul museo, www.museedelapub.org, che se avete il coraggio di visitare vi
sconvolgerà il computer (provare per credere).
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da
fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio Immagini
|