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Oggetti di piacere

 

Consolato Paolo Latella

 


Fin dalla culla siamo attorniati da oggetti, spesso utili, a volte atti ad appagare il nostro senso estetico, in qualche caso in grado di svolgere entrambe le funzioni. Proprio l'esigenza di costruire oggetti in serie ha spinto verso la standardizzazione delle forme e dal XIX secolo si è innescato il bisogno di rendere gli oggetti sempre più razionali, facendo nascere l'industrial design. La differenza tra il design e l'artigianato sta proprio nell'esigenza per il processo industriale di progettare a monte e non nella fase di esecuzione, dove è invece l'abilità manuale dell'artigiano a conferire la qualità estetica al prodotto. Ma già agli inizi dell'era industriale la necessità di coniugare la produzione in serie con la bellezza dell'oggetto conferita dall'intervento dell'uomo, aveva dato l'impulso alla nascita del movimento inglese di Arts & Craft, fondato da William Morris, che ha certamente segnato il futuro del design.

Dai primi decenni del nostro secolo il Movimento Moderno nell'architettura e nel design ha dominato la scena, ponendosi anche lo scopo di elevare l'oggetto a simbolo di progresso sociale. L'idea di razionale rigore attribuita solitamente a questo movimento ha frenato lo sviluppo di altri aspetti più creativi e trasgressivi che alcuni designer hanno comunque ricercato e sperimentato, soprattutto negli ultimi decenni. E' proprio su questi momenti che la mostra Designed for Delight vuole porre l'accento, quasi in antitesi con il Modernismo funzionale, quello per intenderci della Bauhaus e dei vari Gropius, Mies Van der Rhoe e Alvar Alto.

L'esposizione è divisa in quattro sezioni tematiche che sviluppano diversi approcci alla progettazione di oggetti. La prima, "Il "linguaggio del corpo", mostra come il corpo umano, soprattutto quello femminile, viene trasformato e spesso trasfigurato per adattarsi a divenire un oggetto d'uso quotidiano. Questa attività ha esempi molto antichi: vasi e brocche che si rifanno alle forme umane erano costruiti già da civiltà antiche di millenni. Alcuni tra gli esempi a noi contemporanei esposti sono le poltrone antropomorfe create nel 1981-82 da Niki de Saint- Phalle che si rifanno alla cultura messicana, l'anatomica teiera di Richard Notkin che riproduce perfettamente la forma di cuore (1989) e le discinte bottiglie di profumo del 1995 di Jean-Paul Gautier.

La seconda sezione, "Inversione e Trasformazione", mostra invece i rimaneggiamenti subiti dagli oggetti di uso quotidiano, come il prototipo di un servizio da tè (1938) di Andrea Branzi, le forme sinuose impostate sulle cassettiere Parte 1 e Parte 2 (1970) di Shiko Kuramata, e la poltrona Bolle (1979) fatta di cartone e legno da Frank Gehry, l'architetto del museo Guggenheim di Bilbao. Sono esposti anche una serie di tessuti dove, al posto dei materiali più tradizionali come il cotone, sono state utilizzate fibre di metalli come l'argento, il rame, l'acciaio e materie plastiche come il poliestere, trovando spesso l'assenso dei più blasonati stilisti di moda.

La terza sezione pone provocatoriamente la domanda: "L'Ornamento è un crimine?", alla quale rispondono nelle maniere più disparate molti designer, con oggetti che vanno dal vaso verde di Hoffman del 1956, al corsetto multicolore (1965) di Emilio Pucci, fino al mobile Calamobio di Alessandro Mendini, creato nel 1985.

Infine "Voli di Fantasia" racchiude, in un ampio ventaglio, dalle immortali lampade Tiffany alla infinita serie degli orologi Swacth, come pure il Vestito di edera di Adelle Lutz indossato da David Byrne, l'ex-cantante dei Talking Heads.

L'esposizione, composta da circa duecento oggetti anche di Picasso, Philippe Stark, Giacomo Balla, Ettore Sottsass, si può visitare presso le belle sale del Chiostro del Bramante a Roma fino al 21 novembre. Questa raccolta proviene dal Musée des Arts Décoratif di Montreal, il primo museo canadese dedicato esclusivamente al design, uno dei maggiori al mondo, mentre l'allestimento è opera di Gianni Mercurio. Nel catalogo, curato da Martin Eidelgerg, edito da Flammarion, le immagini degli oggetti in mostra invece di essere corredate da schede tecniche sono accompagnate da testi scritti anche degli stessi creatori.

Bisogna purtroppo notare qualche assenza non perdonabile, come quella di Bruno Munari: non c'era proprio spazio per lui? A parziale compensazione, su questo artista totale morto di recente dopo una lunga vita interamente dedicata a indagare le possibilità della creatività umana, da pochi giorni si è chiusa una mostra a Gorizia, mentre un'antologica si è aperta il 24 ottobre presso la fondazione Bandera dell'Arte a Busto Arsizio.

Se Designed for Delight vuole racchiudere buona parte della produzione del secolo che si sta concludendo, al Victoria and Albert Museum di Londra si guarda al futuro con una mostra che analizza il ruolo che il design avrà nell'era digitale.

 


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