Nella prima metà del '400
l'arte veneta ondeggiava tra il gotico e gli ultimi influssi bizantini ancora alimentati
dai rapporti mantenuti con il Medio Oriente, mentre le novità rinascimentali che Firenze
andava proponendo stentavano a prendere piede. L'ambiente artistico era dominato da due
famiglie, i Vivarini e i Bellini, che per buona parte del secolo monopolizzarono il
mercato artistico con una produzione che si può definire "industriale".
Ma nella seconda metà del secolo l'umanesimo archeologico del Mantegna
da Padova (che sposò la figlia di Jacopo Bellini), gli interventi di artisti toscani
quali Paolo Uccello, Agostino di Duccio, Andrea del Castagno, Leonardo da Vinci, di
architetti come il Ghiberti, l'Alberti e Michelozzo, la grande sensibilità del più
giovane della famiglia Bellini - Giovanni detto Giabellino - e la presenza di pittori
nordici, crearono i presupposti per la nascita della grande pittura veneta, anche se
l'innesto e la progressiva traduzione dei nuovi valori architettonici e scientifici nel
tessuto culturale della città furono comunque lenti.
Certamente importante fu la presenza di un artista proveniente
dall'Italia meridionale, Antonello da Messina, di formazione artistica fiamminga -
all'epoca dominante in gran parte dell'Europa e nel nostro meridione - il quale risalendo
la penisola aveva conosciuto ed era stato sicuramente influenzato da Piero della
Francesca. Con tale bagaglio, dopo un soggiorno in laguna attorno al 1474 durato meno di
due anni, sicuramente apportò ulteriori stimoli all'evoluzione della pittura veneziana,
confrontandosi con due eccezionali colleghi quali Giovanni Bellini ed Alvise Vivarini.
Questo crogiolo di scambi, contatti e sviluppi è il tema
dell'esposizione "Il rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di
Bellini, Durer e Tiziano" aperta fino al 9 gennaio del 2000 presso Palazzo Grassi a
Venezia (catalogo Bompiani). L'argomento, ricco e complesso, è presentato attraverso
circa duecento opere, tra cui i capolavori non si contano, divise in sette sezioni che
identificano alcuni temi centrali con uno spettro temporale che va dal 1446 al 1599.
Possiamo qui solamente dare alcuni spunti, rimandando chi intenda avere un approfondimento
maggiore ad una paziente ma sicuramente inebriante visita della mostra e alla lettura del
poderoso catalogo.
Uno dei primati sicuri della pittura fiamminga è il perfezionamento
della tecnica della pittura ad olio, che permette una gamma di sfumature di colore molto
vasta. Già descritta in un testo di Teofilo del XII secolo e proposta anche nel
"Libro dell'arte" del toscano Cenninno Cennini verso la fine del XIV secolo, con
i pittori provenienti dalle Fiandre, ed in particolare grazie a Jan van Eyck (1390 ca.
1441), raggiunse livelli di perfezione altissimi ai quali gli artisti veneti furono
sensibili: Cima da Conegliano e Giovanni Bellini ampliarono la gamma cromatica creando
eccezionali effetti di profondità.
Altro aspetto "importato" è l'attenzione al paesaggio ed al
naturalismo in genere, tanto che ancora in pieno '500 i pittori nordici venivano chiamati
a completare i quadri nelle parti del paesaggio. Ma come erano possibili questi scambi in
un'epoca che non conosceva ancora Internet?
Se marginale era la presenza in luoghi pubblici di opere provenienti
dal nord, si hanno invece notizie certe sull'esistenza di opere fiamminghe in collezioni
private. Anche il soggiorno di artisti stranieri ha sicuramente aiutato il contatto tra le
due culture, ma probabilmente il mezzo principale sono state le incisioni: grande è la
tradizione in questo campo da parte dei tedeschi, e i pittori veneti già all'inizio del
'400 trassero spunti e indicazioni da questa vastissima produzione. Proprio alle opere
grafiche la mostra di Venezia offre giustamente un grande rilievo nel "Gabinetto
delle stampe" che occupa ben sette sale, con opere prevalentemente nordiche.
Molti furono i grandi incisori d'oltralpe presenti a Venezia che oltre
a proporre le proprie opere si ingegnarono a copiare quelle altrui, sia per fini di studio
che di commercio ñ all'epoca non esisteva ancora il copywrite - e non per niente Tiziano
scelse l'olandese Cornelis Cort per pubblicizzare i suoi dipinti.
Ma se si parla di artisti tedeschi che furono anche incisori e per
giunta abbiano soggiornato a Venezia, si deve per forza menzionare Albrecht Durer. Due
sono stati i suoi viaggi in Italia, nel 1494-5 e 1505-7. Purtroppo non ebbe vita facile a
Venezia: "molti di loro sono miei nemici", rilevava in una sua lettera parlando
dei pittori veneziani, e doveva inoltre difendersi dalle imitazioni delle sue incisioni
che andavano di gran moda in tutta Italia. Ritornando dai suoi viaggi divenne il
principale divulgatore dei principi del rinascimento nei paesi nordici, mentre in Italia
aveva certamente influenzato la ritrattistica che, in particolare nell'area di Bergamo e
Brescia, vantava una notevole serie di artefici - Lotto, Moretto, Savoldo, Romanino,
Moroni - ed era già stata arricchita precedentemente da Antonello da Messina. Su questo
tema la mostra di Palazzo Grassi permette un confronto diretto grazie allíesposizione di
numerosi ritratti di entrambe le scuole.
Si deve lamentare l'assenza di Giorgione (a cui però verrà dedicata
una mostra monografica più in là), autore insieme al giovane Tiziano delle decorazioni
del Fondaco dei Tedeschi nel 1508-9, delle quali ogni tedesco che passava per Venezia
doveva per forza vedere e ammirare gli audaci nudi e le elaborate finte architetture
classicheggianti.
Vittore Carpaccio, più aggiornato ed attento di quello che spesso si
é fatto intendere, riceve il giusto rilievo grazie anche alla riunificazione dopo cinque
secoli di un opera divisa tra il Museo Correr a Venezia, "Due dame veneziane" e
il Getty Museum di Malibu, "Caccia in laguna", anche se questo
"avvenimento" non chiarisce però ancora l'oscuro soggetto dell'opera.
Tiziano fu indubbiamente l'artefice del successo internazionale della
pittura veneta, divenendo il ritrattista e pittore prediletto di imperatori e signori
vari, dominando per tutto il '500 la scena da vero mattatore, sia per la sua indiscussa
eccellenza artistica sia per la costanza nel perseguire committenti potenti. Nel secolo di
Tiziano l'arte veneta dilagÚ divenendo un modello a cui ispirarsi per tutti gli artisti
fiamminghi e tedeschi che potevano ammirare anche le opere di Jacopo Bassano, Paolo
Veronese e del Tintoretto, mentre l'architettura del Palladio farà da riferimento per
secoli negli edifici del nord Europa. Così i dipinti di grandi artisti come Lambert
Sustris, Bartholomeus Spranger e Adam Elsheimer mostrano con chiarezza la loro ascendenza
veneta i cui riflessi non si spensero neanche nel '600 barocco.
A chi va il primato dunque? Usando una metafora calcistica, al girone
d'andata ci fu un pareggio con i pittori nordici, mentre a quello di ritorno i veneti la
fecero da padroni imponendo un netto predominio del campo.