Arte/La folle tavolozza spray di Basquiat
Sabina
Minardi
Arriva in Italia J. M. Basquiat. Fino al 3 Ottobre a Venezia
Celebrato come una rockstar; venerato come un leader; paragonato ad
Arthur Rimbaud, per lo stile di vita sregolato e trasgressivo, Jean-Michel Basquiat è un
simbolo degli anni Ottanta e della cultura urbana alternativa. Il pittore di origine
haitiana dalla parabola artistica rapidissima, che s'incrocia con quella di Haring e di
Warhol, è in mostra a Venezia, fino al 3 ottobre, alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Un
appuntamento, sotto l'egida della Biennale, che ha l'obiettivo di far conoscere meglio
l'artista ribelle, più noto, in Italia, per la sua biografia cinematografica, con David
Bowie e Jeffrey Wright per protagonisti, che per le sue opere.

Dei quattromila lavori che questo genio precoce riuscì a realizzare,
il critico Achille Bonito Oliva ne ha selezionati una quarantina, tra i più emblematici:
"The box", "Mater", "Low Pressure Zone", "Baby
Boom", "Brother's Sausage", "Mona Lisa", "El gran
Espectaculo", solo per citarne alcuni. Opere che dovranno parlare ai giovani, come
gli organizzatori si augurano, e raccontare le tappe fondamentali del percorso di
Basquiat. Per questo, la mostra è molto più che un'antologica dedicata all'artista, ma
comprende anche oggetti personali, come la cassetta dei colori, il punching ball dedicato
a Mary Boone, il casco dipinto di blu.

Cominciò come writer, con i graffiti: incisi sui muri, schizzati sui
vagoni della metropolitana. Con un'impronta di sole quattro lettere: "SAMO",
same old shit, la solita vecchia merda. Questo "tag" gli porta successo. Come
era stato per "TAKI 183", alla fine degli anni Sessanta: 300 mila firme in meno
di un anno per lo Stato di New York, e un titolo sul New York Times: "Chi è
Taki?". Così si era imposto il fenomeno del graffitismo, la creatività clandestina
dei neri del ghetto della Grande mela. Il nome di Basquiat comincia a circolare, e dai
muri spruzzati di spray colorato, il pittore passa alla tela. Mentre il graffitismo, da
fenomeno illegale, subisce una svolta. E sotto l'ala protettrice della hip-hop newyorchese
si trasforma in "Graffiti art". L'America di Keith Haring, insomma, fa più che
starsene a guardare: e valorizza questo universo visionario, a volte naif, a volte
violento, che aspira a una libertà assoluta. Haring diventa un amico di Basquiat. Che
pochi mesi prima di morire dipinge il quadro "Cavalcando la morte": il
"radiant baby" di Haring a cavallo di uno scheletro bianco che cammina a quattro
zampe.

Basquiat lavora anche con Andy Warhol, e con la sua Factory artistica.
Osannato dai critici, le sue quotazioni salgono velocemente. Nel giro di dieci anni,
l'artista ha conquistato New York. Sullo sfondo della cultura rap, della break dance, di
comunità che predicano la pace, la libertà, il malcontento di sempre. Con Kenny Sharf,
John Sex, e altri artisti americani Basquiat organizza mostre, rassegne, espone al Time
Square, al New York Museum, al Ps One Museum. E le firme dei writers rimbalzano dai muri
ai salotti.

Le capitali sono invase da questa ondata d'arte che il guru del pop
esalta e contribuisce a diffondere. Ma la parabola della sfida sta per concludersi. E la
liberazione - artistica, sessuale, musicale - appena raggiunta nella vitalissima New York,
va alla deriva. Basquiat, il nero di 27 anni, orgoglioso della sua pelle ma amante di
donne bianche; Basquiat, il ragazzo sbarcato a New York a 17 anni, che dalle periferie era
arrivato ad essere battuto, alle aste, per 500 mila dollari; Basquiat, coccolato dai
critici e dai media, ma schiavo dell'eroina, muore di overdose nel 1988. E con lui l'arte
di frontiera, che da allora torna ad essere rivolta, protesta, bande, e un linguaggio che
sempre fatica ad accorciare le distanze.

LINK
The Artchive
http://www.artchive.com/artchive/ftptoc/basquiat_ext.html
Un sito giapponese dedicato a Basquiat
http://www.handok.co.kr/news/basquiat144.html
Il film su Basquiat
http://www.cinema1.com/movies/basquiat/us.html
Artseensoho
http://www.artseensoho.com/Art/SHAFRAZI/
basquiat96/basquiat6.html
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