Il percorso di un artista
non segue sempre una linea regolare, anzi: ripensamenti e negazioni del proprio passato
sono frequenti così come spesso i risultati raggiunti non lo soddisfano. Pierre Auguste
Renoir è tra quelli che ad un certo punto decidono di cambiare radicalmente orientamento.
E' il più giovane, solo ventitré anni, alla prima mostra degli impressionisti il 15
aprile 1874 nello studio del fotografo Nadar a Parigi. Pochi anni dopo rifiuta
linvito a partecipare ad unaltra mostra degli impressionisti, alle cui scelte
inizia a non credere più anche per lo scarso interesse, se non lavversione, che
questi incontravano da parte della critica e del mercato. Comincia qui un percorso che lo
condurrà molto lontano dai presupposti seguiti fino ad allora: parte nel 1880 per
lAlgeria seguendo le tracce di un altro pittore francese, Eugène Delacroix, poi
lanno successivo intraprende il tanto desiderato viaggio in Italia, da sempre
considerato dagli artisti come massimo confronto con la classicità. In Italia scopre gli
affreschi di Raffaello alla Farnesina, la pittura muraria di Pompei, larte a Venezia
della quale dipinge due bellissime vedute di Piazza S. Marco, ed infine incontra la luce
del Mediterraneo in Sicilia. Abbandona quindi i suoi soggetti preferiti, le scene di vita
quotidiana di Parigi che lo hanno reso famoso, abbandona il presente per cercare ciò che
è senza tempo, servendosi di soggetti trattati con semplicità - ritratti, nudi, paesaggi
rurali e nature morte. La sua pennellata non cerca più la luce ma la materia, vuole
indagare la natura delle cose nella sua essenza primordiale, nella sua "mitica"
nudità; le forme si arrotondano e si riempiono, illuminandosi di un cromatismo opulento e
caldo.
In questa sua ricerca molto hanno influito i sempre più lunghi
soggiorni nel sud della Francia a causa della malattia - una grave forma artritica che
andò aggravandosi tanto che negli ultimi anni il pennello gli doveva essere legato alla
mano dove era a più stretto contatto con latmosfera del mediterraneo, fonte
di ogni classicità. Dalle tele di questo periodo, tenacemente dipinte fino agli ultimi
giorni, non sembra emergere il dolore per la malattia. Ben altre sensazioni di vita e luce
trasudano, soprattutto nei ritratti dei tre figli, veri suoi oggetti di adorazione e
serenità. Tutto si muove attorno al luogo, la villa Les Callettes a Canges-su-mer, dove
il vecchio pittore ha trascorso gli ultimi anni, in cui aveva raccolto la famiglia e
riceveva spesso i numerosi amici e allievi. Questo luogo giocò un ruolo fondamentale sul
suo spirito, come ricorda uno dei figli, il grande regista Jean Renoir: "Quella tra
Canges-su-mer e Renoir è unautentica storia damore e, come tutte le storie
damore, è una storia che non conosce abbandoni".
Proprio dal Musée Renoir di questa città provengono gran parte dei
quadri che compongono la mostra "Renoir, dallItalia alla Costa Azzurra
1881-1919" presso i rinnovati locali del Museo del Risorgimento a Roma, realizzata da
Comunicare Organizzando assieme ai Comuni di Canges-su-mer e Roma e dalla Regione Lazio.
L'esposizione non si può certo considerare adatta ad un vasto pubblico, ma è
maggiormente rivolta ad unélite che ama approfondire i temi e scoprire gli aspetti
meno conosciuti e anche meno rilevanti dei grandi artisti. Infatti non si trovano esposte
le tele del primo periodo, ma solo le opere degli ultimi anni, lontane dalla fase
impressionista che Renoir considerava oramai un errore di gioventù.
Oltre ai dipinti sono presenti alcune sculture in bronzo e in
terracotta, ultima passione di Renoir, eseguite però dai suoi allievi a causa della ormai
impossibilità ad usare le mani. Per l'occasione è stato anche ricostruito latelier
dove dipingeva su un cavalletto con una tela scorrevole che gli permetteva di lavorare
stando sulla sedia a rotelle.
Il catalogo edito da Skira dal quale sono tratte le immagini che
presentiamo - comprende gli interventi dei curatori della mostra, Frédérique Verlinden e
Marisa Vescovo. In particolare nel saggio di questultima si approfondiscono i
rapporti tra Renoir e larte italiana dei primi decenni del Novecento. Nella sezione
della mostra "Renoir e lItalia" dedicata a questa relazione, sono
certamente pertinenti le presenze di Zandomeneghi, che ha guardato alle opere del maestro
francese pur non rinunciando al senso plastico, e Spadini che in alcuni dipinti ha come
chiaro punto di riferimento la corposità delle figure femminili di Renoir. Anche nei De
Chirico, nelle opere dipinte prima degli anni Trenta, si possono ritrovare ancora punti di
contatto, perlomeno per il comune richiamo al mondo arcaico del Mediterraneo. Appaiono
invece più sfumati i motivi dellinserimento delle tele di Soffici, Carrà, Carena e
Tosi: questi pittori possono aver sfiorato temi e atmosfere simili, ma sono oramai lontani
dal sofferto e pur vitale ultimo Renoir.