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Immagini/David LaChapelle, ovvero "come ti stravolgo il divo"

 

Dino Latella

 

 

Sciami di addetti alle pubbliche relazioni si affannano quotidianamente per costruire e consolidare l’immagine "positiva" dei propri protetti, ma tutto questo è stravolto quando i divi si mettono in posa davanti alla macchina fotografica di David LaChapelle, nato trentacinque anni fa nel Connecticut.

Da sempre affascinato dall’abbigliamento - la sua prima fotografia l'ha scattata all’età di sei anni alla mamma che indossava un dorato reggiseno Frederick’s Hollywood - costruisce le immagini con indubbia bravura tecnica e soprattutto con oltraggiosa originalità.

Figlio di un pastore protestante (che chissà cosa pensa del lavoro del figlio), parte dalla provincia americana per studiare a New York nella prestigiosa School of Visual Arts, e pochi anni dopo entra in contatto e inizia a lavorare con Andy Warhol, grande allenatore di giovani talenti dal quale ha certamente appreso l’importanza della comunicazione.

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Ha curato molte campagne fotografiche per abbigliamento di tendenza, per Armani Jeans, Levis e quella, particolarmente riuscita, per Diesel Jeans, ma anche pubblicità per altri prodotti, come la Pepsi o le sigarette Camel. I suoi servizi di moda si possono trovare sulle riviste più diverse, da Rolling Stone a Vanity Fair. Il suo genio emerge anche nel ritratto di personaggi famosi il cui elenco è lunghissimo: Madonna, Elton John, Uma Thurma, Cameron Diaz, Matt Dillon, Kim Basinger e tanti altri. Certo sarebbe interessante vedere l’espressione di Leonardo Di Caprio quando, dopo l'immagine quasi angelica nel film Titanic, ha visto quella creata per lui da LaChapelle, come pornodivo vestito di pelle.

La sua attività non si ferma solo alla fotografia ma spazia anche nel cinema, con videoclip, film sperimentali, una campagna televisiva per MTV, e attualmente lo vede impegnato alla lavorazione del suo primo lungometraggio: insomma un artista al passo con i tempi.

I suoi riferimenti sono al cinema di Federico Fellini, Tim Burton, Ridley Scott e forse anche all’ultimo allucinante film di Terry Gilliam "Paura e delirio a Las Vegas", e nelle sue fotografie sono certo presenti influenze del movimento surrealista per quell’aspetto onirico, vero motore delle sue immagini.

Qualcuno ha tentato di definirlo artista trash e forse per certi aspetti risponde a verità, nel senso che La Chapelle si "sporca le mani" non negando a priori l'uso di ogni possibile situazione, anche la più estrema, che la realtà gli presenta. Questo lo porta a sconvolgere il vellutato mondo della moda, con le sue immagini improntate ad un lindo esotismo che David LaChappelle definisce, senza mezzi termini, noiose.

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Ciò che il fotografo dichiara di volere esprimere principalmente nei suoi lavori è il divertimento - e gli riesce benissimo – creando per ogni immagine situazioni a dir poco bizzarre non solo con l'uso dei pesanti maquillage a cui sottopone i divi, ma inserendo casalinghe manipolate, bambole gonfiabili, ambienti improponibili e accostando ogni immaginabile oggetto con una capacità seconda solo a quella di Hieronymus Bosch.

Questo ed altro si può vedere nella mostra "Hotel LaChapelle", aperta dal 20 marzo 1999 presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma.

 

 

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