Tale scelta in favore di un riequilibrio tra pittura e
fotografia non è solo determinata dalla qualità innanzitutto poetica degli scatti di
Michetti, o dalla suggestione che deriva da tali disinibite inquadrature di fine Otto
primi Novecento, realizzate per giunta in una estrema provincia dellEuropa di inizio
secolo quale era lAbruzzo dei pastori e delle marine adriatiche. Il fatto è che la
scelta a favore della fotografia significò per Michetti una revisione piuttosto radicale
della sua pittura. Con laprirsi del Novecento, e con la delusione per il sostanziale
disinteresse riservato da pubblico e critica alle due mastodontiche e impegnative tele che
aveva presentato allEsposizione Universale di Parigi dellanno 1900, Michetti
diventa pittore intimo e lirico. Realizza per lo più quadri di piccolo formato, bozzetti
o pastelli su carta; e libera la sua esuberante pennellata sia, quasi, del referente
oggettivo, sia degli eccessi di virtuosismo dellipasto pittorico.
Anche nella pittura il Michetti isolato ma intenso del Novecento
"ultimo" solo per convezione, dal momento che fu attivo per ben 29 anni nel XX
secolo raggiunge quindi quella sorta di autonomia del linguaggio che parallelamente
portava avanti in qualche modo anche nella produzione fotografica. In questo secondo
ambito, infatti, lo scatto e la stampa diventano due fasi di unopera a sé e non
più soltanto come gli era accaduto nellOttocento lo strumento per
precisi appunti: prelievi dal vero funzionali alla realizzazione del suo realismo in
pittura.
La scelta, quasi assoluta, in favore della fotografia denota anche la
vivida attenzione di Michetti nei confronti delle nuove tecniche e delle moderne teorie
europee. Non dovette essere facile scegliere la sintesi cromatica e formale della
fotografia per unartista come Michetti che, imbevuto del virtuosismo di un Morelli o
di un Palizzi, contattati nel periodo della formazione allAccademia di belle arti
napoletano, già dagli esordi degli anni Settanta dellOttocento veniva segnalato e
celebrato per la facilità del tocco e per la brillantezza della sua pittura; e di tale
virtuosistica freschezza di mano il bel "Autoritratto" del 1877 che qui vi
proponiamo (figura 7) è un ottimo esempio.
Del resto nel solco del "moderno" Simbolismo europeo va anche
inserita nota Fabio Benzi nel catalogo della mostra di Palazzo Venezia anche
la pittura michettiana del secolo scorso, ossia le grandi composizioni dedicate ai riti e
ai miti della sua terra: come la "Processione del Corpus Domini" del 1877, che
lo fece imporre ventiseienne allEsposizione nazionale di Napoli e che vi proponiamo
in uno splendido pastello preparatorio per il quadro in costruzione (figura 10); o come
"Il voto" della Galleria nazionale darte moderna di Roma dipinto nel 1883,
che nella nostra selezione di immagini è rappresentato (figura 8) da un altro bel
pastello contenente tre studi per il devoto umilmente prostrato dinanzi alla santa icona;
oppure, ancora, come la teatrale scena raffigurante "La figlia di Jorio", grazie
alla quale Michetti fu premiato alle Biennale di Venezia del 1895, dieci anni primi che
lamico e sodale Gabriele DAnnunzio decidesse di mettere in tragedia il
medesimo tema. Questa dimensione simbolica di Michetti, che non si palesa nella scelta di
soggetti o di allegorie ma, scrive Fabio Benzi, che viene fuori originalmente dalla
costante "volontà [dellartista] di penetrare lessenza della realtà
naturale, popolare, lepos abruzzese", ritorna anche negli "ultimi"
quadri: le smisurate e impopolari tempere del 1900 con "Gli storpi" e con
"Le serpi", presentate allesposizione parigina di quellanno.
Le due tele (che misurano centimetri 380 x 970 ciascuna) non sono presenti
nella mostra aperta fino al 1° maggio a Palazzo Venezia. Ma sono esposte al MuMI di
Francavilla al Mare il nuovo Museo Michetti, recentemente costruito dagli
architetti Ricci e Spaini per ospitare i due quadri insieme con altre opere e mostre
darte contemporanea ed aspettano che gli altri pezzi dellantologica
romana le raggiungano (la seconda tappa della rassegna inaugurerà a Francavilla il 25
maggio per chiudere il 30 agosto).
A proposito di mostre cè da ricordare che la passione per il mezzo
fotografico, oltre che la sua ricorrente utilizzazione, Michetti la condivise con il
pittore e amico Giulio Aristide Sartorio (1860-1932), cui la Galleria Campo dei Fiori di
Roma dedica una interessante esposizione (dal 25 marzo al 22 maggio) incentrata sui finali
"Anni difficili: 1922-1932" dellartista romano, i cui lavori ultimi
possono essere utilmente messi a confronto con le vibranti prove pittoriche
dell"ultimo", intimo, e non più decadente, Michetti.