267 - 11.12.04


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Bosnia e Iran, Europa alla prova
Daniele Castellani Perelli

Costituzione, il britannico Mandelson sprona l’Europa

Non tutti i britannici sono brutti, cattivi e antieuropeisti. Peter Mandelson, commissario europeo al commercio e ex ministro di Tony Blair, in un’intervista a Le Monde ha spronato i suoi connazionali in vista del referendum sulla Costituzione: “La vittoria del no indebolirebbe l’Europa”. Mandelson avverte che nel dibattito intorno alla Costituzione potrebbero sorgere rischi di varia natura, primo tra tutti che s’inseriscano argomenti “che non hanno niente a che fare con la Costituzione, come la Turchia”. “Non si tratta di un programma liberale”, afferma il commissario, con chiaro riferimento alle paure che stanno spaccando i socialisti francesi, molti dei quali temono che l’approvazione del trattato tolga ogni spazio alla possibilità di un’Europa sociale. “Un no avrebbe, in ciascun paese, la stessa forza devastante per l’Europa. Per questo – ha spiegato Mandelson – è responsabile invitare al sì, perché il trattato costituzionale permetterà all’Europa a 25 di funzionare, e di dibattere politiche che si vogliono attuare a beneficio dei cittadini europei e del ruolo dell’Europa nel mondo”. Sul caso Buttiglione l’ex ministro britannico spiega che “la crisi è stata produttiva”: “Il Parlamento ha trovato il suo ruolo e la sua autorità, e ne ha fatto uso in maniera responsabile”.

Iran, il rilancio della troika

Ora che le elezioni americane sono finalmente alle spalle, il quadro geopolitico è più chiaro e l’Europa sa che dovrà fare i conti con una seconda amministrazione Bush. Intanto, su un tema chiave dell’agenda internazionale, gli europei sembrano voler mantenere un ruolo-chiave. Sui rapporti con l’Iran Gran Bretagna, Francia e Germania mantengono l’iniziativa, lasciano aperto il dialogo con Teheran, ma allo stesso tempo mostrano fermezza. Il Guardian riporta che la troika chiede accesso pieno ai siti nucleari iraniani per gli ispettori Onu: il giornale inglese è venuto infatti in possesso di un documento riservato, circolato tra i diplomatici europei a Vienna, sede dell’Iaea (Agenzia internazionale per l’Energia Atomica). Per il Guardian la richiesta “alza la posta nel gioco diplomatico del gatto e del topo che è stato avviato dall’Iran e dall’Occidente”. La mossa dell’Europa sembra così in grado di stoppare le critiche degli americani, che negli ultimi anni hanno sempre accusato il Vecchio continente di eccessiva morbidezza nei confronti di Teheran. La questione, si diceva in campagna elettorale, era destinata a creare tensioni tra le due sponde dell’Atlantico anche nel caso in cui avesse vinto John Kerry.

Bosnia, prove di una Difesa europea

“Quando l’Europa rimpiazza la Nato” è il titolo di un articolo di Jean-Dominique Merchet su Liberation, in cui si ricorda che in Bosnia, il 2 dicembre, l’Ue rimpiazzerà la Nato in quello che il segretario generale dell’Alleanza atlantica ha definito “un buon esempio di cooperazione”. “E’ anche un appuntamento importante per la Difesa europea – continua il quotidiano parigino – : si tratta infatti della più importante operazione militare mai condotta dall’Ue”. L’Europa manterrà 7.000 uomini in Bosnia, e le truppe americane verranno rimpiazzate da quelle nordeuropee. L’operazione “Althea” dell’Ue succederà alla Sfor (Forza di stabilizzazione) circa dieci anni dopo l’arrivo della Nato nei Balcani nel 1995. Althea rimarrà nelle strutture della Nato, come prevedono i cosiddetti accordi di “Berlin plus”. Sarà comandata da un generale britannico e la gran parte delle forze sarà fornita dai paesi europei. La caccia dei criminali di guerra come Karadzic e Mladic continuerà a essere affidata allo stesso gruppo speciale, formato da sette paesi membri della Nato, tra cui anche la Francia e gli Usa. L’Ue ha intanto deciso di dotarsi, da qui al 2007, di 13 raggruppamenti tattici di 1500 uomini, ciascuno in grado di essere dispiegato in pochi giorni in qualsiasi parte del mondo in caso di crisi.

Omicidio Van Gogh, le paure della Germania

L’assassinio del regista olandese Theo Van Gogh ha avuto una forte eco anche in Germania, dove, secondo Liberation, “ha provocato la rimessa in causa del multiculturalismo”: “Molto liberali in materia religiosa – scrive il giornale francese – i tedeschi cominciano, sull’esempio olandese, a domandarsi se non sono andati troppo lontano nel multi-kulti”. Da una parte ora i tedeschi sentono rinascere le paure che hanno accompagnato la scoperta che dietro gli attentati dell’11 settembre ci fossero terroristi che avevano vissuto a Amburgo; dall’altra i 3,5 milioni di musulmani temono di diventare l’obiettivo dell’estrema destra. Sintomatico è che la settimana scorsa la moschea di Sinheim, vicino Heidelberg, sia stata colpita da una Molotov. Il cancelliere Schroeder ha sì assicurato la comunità musulmana che la Germania continuerà la sua lotta contro l’estremismo, ma l’ha anche invitata a “impegnarsi chiaramente nei confronti delle nostre leggi e della nostra democrazia”, rifiutandosi di “tollerare società parallele”.

 

 

 

 

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