243 - 27.12.03


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I buoni, Rumsfeld e i cattivi

a cura di Daniele Castellani Perelli

Mediterraneo mare d’Europa (o di Francia?)

Il 5 e 6 dicembre si è tenuto a Tunisi un vertice tra i cinque paesi del Maghreb (Libia, Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia) e i cinque dell’Unione che si affacciano sulla parte occidentale del Mediterraneo (Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Malta). Al summit, che è nato da un’idea del presidente tunisino Ben Ali e al quale ha preso parte anche Romano Prodi, i paesi maghrebini hanno espresso il timore che l’allargamento ad est li allontani dall’Unione. Per questo hanno chiesto aiuti e investimenti ai cinque dell’Ue, che però in cambio hanno sollecitato un controllo maggiore sui flussi migratori.

Le Monde si è fatto anche stavolta portavoce degli interessi geopolitici della Francia, e in un editoriale intitolato Costa sud ha sollecitato una partnership molto più stretta tra Unione e paesi del Maghreb, motivandola con la necessità di meglio governare l’immigrazione e con quella di incoraggiare in quegli Stati l’islam più moderato. “L’attrazione per l’Europa deve valere come uno stabilizzatore”, conclude Le Monde, secondo il quale è però necessario che la regione nordafricana si organizzi in un mercato unico: “A Tunisi, ad Algeri come a Rabat, si attendono sempre i padri fondatori di un vero Maghreb unito”. Non sfugge certo che dietro questo interesse culturale del mondo francese per il Nord Africa c’è anche un interesse geopolitico rilevante. Un’Unione che si allargasse a sud sarebbe certamente molto più francese di quanto lo sia oggi. Ecco allora che, come ha raccontato anche il Corriere della Sera , il governo di Parigi e le due principali emittenti televisive d’oltralpe finanzieranno una Cnn per il mondo arabo, una tv satellitare con programmi in lingua araba, francese e inglese che diffonda la dottrina di Chirac e Villepin nel Maghreb, in Medio Oriente e in Europa. Una risposta a quanti pensano che il seggio Onu della Francia sia anacronistico.

Cattivi d’Europa I: i ragazzacci polacchi (ma non solo)

Il conclave dei ministri degli Esteri dell’Ue, tenutosi a Napoli il 28 e il 29 novembre nell’ambito dei lavori della Conferenza Intergovernativa (Cig), ha registrato timidi passi avanti verso un accordo sulla Costituzione europea. A pochi giorni dalle tensioni registrate nella riunione dell’Ecofin, che ha congelato le sanzioni nei confronti di Francia e Germania per il mancato rispetto del Patto di stabilità, a Napoli è stato trovato un diffuso consenso su punti molto importanti. Sul sistema di voto, a causa dell’opposizione di Spagna e Polonia, si è ancora in alto mare, e non trova sostenitori la proposta inglese di ritardare ogni decisione al 2009. Francia, Germania e Gran Bretagna hanno raggiunto l’accordo sulla difesa europea a due velocità e, mentre le radici cristiane difficilmente troveranno spazio nel testo, sembra ora più probabile che si giunga ad una Commissione composta da 25 membri, uno per Stato membro e tutti con diritto di voto (ipotesi che, dopo le tensioni dell’Ecofin, andrebbe a “ricompensare” i paesi piccoli e lo stesso esecutivo di Prodi). Soddisfatto il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, mentre il suo omologo tedesco Joschka Fischer, si è detto “più preoccupato di prima”.

I giornali europei hanno rispecchiato la cautela ed il mix di scetticismo e ottimismo espresso dai politici presenti al conclave. E’ stato abbondantemente sottolineato da tutti come la frattura tra chi accetta il testo di Giscard così com’è (Francia, Germania e Italia) e chi invece vorrebbe consistenti modifiche (Spagna e Polonia) sia stata questa settimana pericolosamente approfondita e complicata dalla decisione dell’Ecofin. The Economist, campione dell’euroscetticismo, ne trova ovviamente motivo di soddisfazione. In Quei ragazzacci polacchi Charlemagne difende la baldanza della Polonia, e questa volta l’asse franco-tedesco gli offre su un piatto d’argento un argomento perfetto: “Egoisti, avidi, nazionalisti, non europei. Non Francia e Germania, capirete, che hanno fatto arrabbiare la Commissione Europea e molti paesi piccoli calpestando come tiranni il patto di stabilità dell’euro. No, questi insulti sono stati affibbiati ai poveri Polacchi, mentre le tortuose negoziazioni per una nuova costituzione per l’Unione Europea barcollano verso una conclusione”. “Ora che le negoziazioni costituzionali scricchiolano – conclude il settimanale – , i Polacchi vengono di nuovo invitati a ‘stare zitti’. Finora hanno declinato l’invito. How very shocking”.

Cattivi d’Europa II: Ana Palacio

Più preoccupato dai risultati di Napoli è El Pais, quotidiano spagnolo vicino al centrosinistra di Zapatero. In un editoriale si legge che “la costruzione europea è ora messa tra parentesi, se non è proprio entrata in crisi”. Sebbene il quotidiano spagnolo sottolinei che la decisione dell’Ecofin “ha fatto venire alla luce le molte frustrazioni accumulate”, e che dietro la questione istituzionale si nasconde il dibattito “sul peso dell’asse franco-tedesco nella nuova Europa”, dall’altra parte ammette, in polemica con Aznar, che “il Trattato di Nizza non può funzionare in un’Unione in espansione”. The Independent racconta del sorprendente annuncio fatto in settimana dal ministro degli esteri di Blair, Jack Straw, che ha promesso appoggio alle rivendicazioni della Polonia, con l’obiettivo di controbilanciare l’influenza franco-tedesca.

Ben diverso l’atteggiamento dei quotidiani francesi, anch’essi scettici sì sui risultati di Napoli, ma in prima linea nel difendere il testo di Giscard. “Il sogno di Giscard affonda a Napoli”, titola Liberation, mentre Le Monde presenta un’intervista al ministro degli Esteri spagnolo Ana Palacio, la principale avversaria del progetto di Giscard (e quindi, per proprietà transitiva, anche di Le Monde). La Palacio ha negato che la discussione sul patto di stabilità possa avere un’influenza sul dibattito costituzionale, anche se ha ammesso un possibile condizionamento psicologico. Quanto al testo della Convenzione, la rappresentante di Aznar ha ribaltato l’accusa che ora anche la diplomazia italiana le sta avanzando, quella di essersi colpevolmente isolata insieme alla Polonia, e ha dichiarato: “E’ chiaro che solamente una minoranza di Stati sostiene il progetto di Valery Giscard d’Estaing”. Un po’ malizioso Le Monde, che alla fine chiede alla Palacio se non teme che la Spagna pagherà questo suo atteggiamento al momento della negoziazione del budget dell’Unione del dopo-2006. Gli europeisti del continente (voto 10 per la pazienza) sono vendicati.

Cattivi d’Europa III: Donald Rumsfeld

E’ stata anche la settimana di un vecchio nemico dell’Unione, Mr Donald Rumsfeld, che domenica 30 novembre ha accettato di mettere piede a Bruxelles, nel cuore della “Old Europe”, per partecipare alla riunione ministeriale della Nato.

Fresco vincitore del premio Foot in Mouth 2003 per la dichiarazione in inglese più incomprensibile dell’anno (ovvero: “Trovo sempre interessanti le notizie di cose che non sono avvenute perché, come sappiamo, vi sono fatti noti conosciuti. Ci sono cose che sappiamo di sapere. Ma sappiamo anche che ci sono fatti noti sconosciuti. Inoltre sappiamo che ci sono cose che non sappiamo. Ma ci sono anche fatti ignoti sconosciuti - che sono le cose che non sappiamo di non sapere”), il ministro della Difesa americano, riporta la Sueddeutsche Zeitung , ha messo in guardia l’Ue da un’indipendenza militare dalla Nato. Rumsfeld ha ricordato che la Nato ha dato in passato “un eccellente contributo alla pace nel mondo”, e dunque oggi “non c’è ragione per qualcosa d’altro che le faccia concorrenza”.

Sebbene i toni scelti stavolta, come ha notato il New York Times, siano stati più soft di quando giudicò il progetto europeo come “la più grande minaccia alla Nato”, Rumsfeld è comunque così intervenuto nel dibattito sul sistema di difesa europeo, che proprio a Napoli sembra esser arrivato ad una svolta positiva, grazie all’accordo tra Francia, Germania e Gran Bretagna, la grande alleata di Bush, accordo che per La Vanguardia, il quotidiano di Barcellona, “convince allo stesso modo europeisti e atlantisti”. A Peter Struck, omologo tedesco di Rumsfeld, l’ingerenza non è piaciuta, anche se ha assicurato a Der Spiegel che il piano studiato “non vuole creare un organismo che sia concorrente alla Nato”. Sarà un caso, ma pochi giorni dopo l’accordo di Napoli sulla difesa europea è stata autorevolmente rilanciata la proposta di affidare alla Nato “un ruolo più diretto” in Iraq: iniziativa lodevole, ma che, come nota The Indipendent, è sponsorizzata da Italia, Spagna e Polonia, forse rimaste spiazzate dal progetto di Francia, Germania e Gran Bretagna. Intanto Michele Alliot-Marie, ministro della Difesa francese, ha respinto la richiesta di Lord Robertson, segretario generale della Nato, di nuovi aiuti militari in l’Afghanistan. Che ingenuo Sir Robertson. Chiedere a Parigi, in piena crisi economica, di sganciare soldi per la Nato e per Washington. Che avrebbe detto De Gaulle, buonanima?

Buoni d’Europa: Franco Frattini

Il 9 dicembre il ministro degli Esteri Franco Fattini ha presentato ufficialmente la bozza di Costituzione. Il testo, che rispetta il documento originale della Convenzione e tiene conto delle proposte di modifica emerse al conclave di Napoli, non viene incontro alle richieste di Spagna e Polonia sulla conservazione del sistema di voto deciso a Nizza. E’ l’ufficializzazione di una linea politica che il governo italiano è andato maturando negli ultimi mesi. La volontà di raggiungere un risultato soddisfacente e prestigioso sotto la propria Presidenza ha spinto Frattini e Berlusconi sulla stessa posizione di Francia e Germania, da sempre in cattivi rapporti con l’attuale governo italiano. Così Il Foglio ha sintetizzato: “Per Berlusconi non è stato un passaggio facile. Aznar e Miller sono amici, e il rapporto con i loro paesi è vitale nella visione italiana di creare un contrappeso all’asse franco-tedesco, specie nelle relazioni transatlantiche. Ma un fallimento del semestre con l’onore delle armi di 22 paesi su 25 è più sopportabile – anche sul fronte interno – che non l’immolarsi per Spagna e Polonia”. Questi ultimi vengono apertamente indicati dalla diplomazia italiana come i paesi che, senza giusta causa, potrebbero impedire il varo della Costituzione. Jose Maria Aznar non se l’aspettava. Ora è chiuso in un angolo, e assieme al polacco Miller si prenderebbe la responsabilità di un insuccesso storico. Il 12 e il 13 dicembre, a Bruxelles, la resa dei conti finale.

I giornali spagnoli non nascondono un certo imbarazzo per la posizione del proprio governo. El Pais descrive l’atteggiamento di Aznar come “un’ossessione”, tale che non a caso “la Presidenza italiana a Napoli ha praticamente ignorato le sue preoccupazioni”. El Mundo riporta quotidianamente le lamentele europee nei confronti della Spagna, da quelle di Chirac e Schroeder a quelle dello stesso Frattini, secondo il quale cedere alle richieste spagnole avrebbe significato “accettare un compromesso al ribasso”: “Non vogliamo una Costituzione che non funzioni – ha dichiarato Frattini – . E’ meglio non avere una Costituzione che averne una cattiva, perché daremmo l’impressione ai cittadini che stiamo progredendo, ma invece non progrediamo”. La Convenzione, la Commissione ed il Parlamento europeo, i paesi grandi e quelli piccoli: nelle ultime ore che precedono la due giorni finale di Bruxelles, tutti si mostrano compatti nel difendere il testo della Convenzione con le modifiche apportate dalla Presidenza italiana. Tutti tranne Josè Maria Aznar e Leszek Miller.

Tutti si schierano dietro la Presidenza italiana. Silvio Berlusconi fa buon viso a cattivo gioco, (dove il cattivo gioco è far l’amico di chi non ha mai amato, come Schroder e soprattutto Chirac), perché questa, come ha scritto The Independent, “è la più grande sfida della sua carriera politica”. Franco Frattini è invece un uomo che sa che molto probabilmente a gennaio dovrà far spazio a Gianfranco Fini. La coerenza con cui non guarda in faccia all’alleato spagnolo rivela, al di là della necessità politica di trovare un accordo, il desiderio autentico di dotare la futura Europa di una Costituzione all’altezza delle sfide che attendono l’Unione. A quasi due anni dalle dimissioni di Renato Ruggero dalla Farnesina, l’Italia ritrova improvvisamente con Frattini quel tradizionale europeismo che l’esecutivo Berlusconi aveva deciso da subito di aggredire, e che oggi appare come l’unica via storicamente giustificabile e, come da sempre, anche l’unica adeguata all’interesse dell’Italia e dell’Europa.


 


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